Sei punti in sei partite, la media non è difficile (l’anno scorso il Genoa si salvò proprio a 38, grazie agli scontri diretti a favore con l’Empoli). Nell’era dei tre punti, il Capello-bis (1997-98) era iniziato anche peggio, con 5 punti; ma per quattro sconfitte nelle prime sei dobbiamo tornare al 1938, e ne avremmo fatto volentieri a meno. Ok, basta numeri: riavvolgiamo il nastro.
1) Marco Giampaolo arriva al Milan fortemente sponsorizzato da Paolo Maldini, che dopo l’uscita di scena di Leonardo ha visto aumentare i suoi poteri decisionali. A margine, molta gente all’interno del Milan si è chiesta a lungo, per tutta la stagione 2018-2019, che ruolo avesse esattamente Maldini – ma non è di lui che vogliamo parlare.
2) Il curriculum di Giampaolo subito prima del Milan consiste in due decimi e un nono posto alla Sampdoria, con tanti gol fatti e subiti e la pressoché universale patente di “maestro” che fa giocare bene le sue squadre. Prima ancora aveva fatto benissimo a Empoli, dove aveva raccolto l’eredità di Sarri convertendosi al 4-3-1-2, sistema di gioco assai complicato e dispendioso ma di buona resa in una realtà di metà classifica, se applicato dagli interpreti giusti.
3) È questo che chiede Giampaolo alla sua nuova dirigenza: ho bisogno degli interpreti adatti per il mio 4-3-1-2. Va bene una mezzala alla Krunic, va bene un terzino di spinta alla Hernandez, va bene un regista alla Bennacer (che ha giocato una splendida Coppa d’Africa da mezzala, ma non sottilizziamo). NON va bene Suso, che non può certo fare il trequartista, NON va bene Piatek che non è una punta “associativa” (qualunque cosa voglia dire il termine “associativo”). NON vanno bene energumeni alla Kessié, non so che farmene. Paquetà? Mah, fatemi provare e vi dico. Su Calhanoglu posso lavorarci.
4) Il mercato passa, trequartisti non arrivano e neanche prime o seconde punte propriamente dette, a parte Leao, di collocazione tattica misteriosa, che compriamo da una squadra in orbita Elliott. Si perde invano un mese dietro a Correa, il 1° settembre arriva Rebic che ha tutta l’aria di un esterno da 4-3-3. In mancanza d’altro Giampaolo loda e imbroda Suso, inizia a farlo giocare trequartista ma lui – non esattamente un cuor di leone – si aggrappa alla fascia destra come un magnete al frigorifero. La difesa tiene, complice un calendario non impossibile (eufemismo); in attacco è un pianto. Fino alla settimana fatale: derby, Torino, Fiorentina.
5) Avete mai visto il film “Caterina va in città”, e avete presente il personaggio di Castellitto? Ecco, forse, come tanti professori di provincia, Giampaolo ha una certa considerazione di sé. Azzardiamo una valutazione: ormai Giampaolo detesta cordialmente gran parte dei centrocampisti e attaccanti che si ritrova in rosa, anche se – uomo introverso – non lo ammetterebbe neanche sotto tortura. Avete sentito Quagliarella qualche giorno fa? “In tre anni alla Samp avrò parlato con Giampaolo 5-6 volte” – ed era il capitano! In poco tempo anche i Piatek, i Paquetà, i Suso hanno sviluppato lo stesso sentimento verso di lui. Se i migliori stanno risultando quasi solo i nuovi acquisti, la domanda inquietante è: non sarà che i vecchi (per così dire) lo soffrono ai limiti dell’ostilità? Paquetà si è preso del “brasiliano” come se fosse un insulto, e dopo la sostituzione di Verona lo ha preso in giro su Instagram. Piatek, solo come un cane, sbuffa, sbraccia, protesta, prende botte (vere) a centrocampo e cerca falli (dubbi) in area, segna rigori ma sbaglia gol da giocatore normale. E per assurdo è insostituibile perché in estate la società lo ha considerato alla stregua di un Drogba o un Ibrahimovic. Squalifiche, infortuni? Non sono previsti. Ma intanto, ieri sera, mentre il Titanic affondava, sono stati richiamati in panchina tre intoccabili: Kessié, Suso, Piatek (Musacchio si è chiamato fuori da solo). E va detto, non è che con loro fuori, il Milan sia peggiorato.
6) “Speravamo di fare di più”, si è lasciato sfuggire Boban a fine mercato (perché Boban, stipendiato dall’AC Milan da giugno, continua a fare dichiarazioni pubbliche parlando a ruota libera come se fosse ancora un opinionista Sky? Misteri). Il Milan ha provato a vendere, ma le offerte ricevute sono state ritenute insufficienti dalla società o dai giocatori: Kessié ha rifiutato il Wolverhampton, Silva è andato via solo l’ultimo giorno, di Donnarumma-Areola sapete già tutto. Su tutti gli altri, calma piatta: Suso come Calhanoglu, Biglia come Castillejo, Rodriguez come Laxalt, giusto per non fare figli e figliastri tra “gestione cinese” e “mercato di Leonardo”. Ammettiamolo: non siamo uno scrigno pieno di gioielli.
7) Si arriva a Milan-Fiorentina quando Giampaolo parte per la prima volta con un 4-3-3 manifesto e improbabile, in cui Suso non fa più neanche finta di partire trequartista. È la sconfitta dell’allenatore e si spalanca l’abisso, perché evidentemente la squadra non sa che fare, perde i punti di riferimento, butta palloni a casaccio in mezzo dove Piatek è circondato da quattro difensori e non c’è lo straccio di un inserimento delle mezzali. Torniamo alla vecchia domanda scritta già dopo Udine: ma cosa fa questa squadra in allenamento? In che modo Giampaolo detta una linea tattica, in che modo li motiva, in che modo fa capire loro che “questo è il Milan”, come ama ripetere in conferenza stampa con l’aria vagamente inebetita di un personaggio di Guzzanti? Inoltre c’è il terrore di San Siro, un terrore antico che si manifestò già l’anno scorso, da quella sciagurata partita del “sorpasso” sull’Inter in cui ci facemmo assediare dal Sassuolo in dieci per mezz’ora. Non era riuscito Gattuso a dare personalità e carattere a questi compassati giovanetti, figuriamoci quindi se può riuscirci Giampaolo.
8) Per tutti questi motivi Giampaolo ci sembra a fine corsa. Non è un trascinatore, non lo è mai stato; fatica a leggere la partita e ad apportare modifiche in corsa; non conosce uno spartito tattico alternativo al 4-3-1-2, e perché dovrebbe averlo, se si ritrova al Milan proprio grazie al 4-3-1-2? Forse Zeman ha mai derogato dal 4-3-3, per caso? L’appello a un Milan “di maggiore quantità” risulta patetico, perché Giampaolo NON È questo tipo di allenatore e lo sa benissimo. Normalmente per lui sarebbe finita, e se ora come ora è ancora l’allenatore è perché la società non riesce a individuare quel pazzo che in questo momento accetterebbe di salire a bordo di questa zattera di gran gusto, di legno pregiato, che ne ha viste tante, ma pur sempre una zattera, che risponde al nome di A.C. Milan.
Quindi, stiamo a vedere. Mettiamoci comodi, perché saremmo (piacevolmente) sorpresi se ci apparisse davanti in breve tempo la fine del tunnel.
Come è scritto qua se un allenatore ha un suo credo calcistico, che lo porta ad avere un’occasione del genere, che per lui rappresenta l’occasione della vita, credo sia giusto che se la giochi a modo suo, con le sue idee. Purtroppo quando si prendono certi allenatori, bisogna capire che tipo di allenatori si prendono e il paragone che mi viene più immediato è con Gasperini quando andò all’Inter, anche se quell’Inter, nonostante fosse bollita, aveva ancora in squadra i vari Snejider, Eto’o, Milito, eccetera eccetera. Non dico tanto, ma almeno un paio di giocatori di una certa caratura, di un certo spessore, andavano presi. Basta vedere chi ha la Fiorentina davanti: noi due così non li abbiamo; un giocatore di fare quello che Ribery nell’azione del rigore noi non ce l’abbiamo. Abbiamo preso tanti giocatori, ma nessuno capace veramente di fare la differenza; e pur non vendendo nessuno o quasi, abbiamo perso un centrocampista come Bakayoko, che almeno dava sostanza e poteva vantare di aver giocato una semifinale di Champions Leuge (a parte Reina che fa il secondo portiere, quante presenze ha questa squadra in Champions Leuge totalizzando tutti i giocatori?). Poi Giampaolo avrà le sue colpe, magari è poco adatto, magari è giusto pure venga esonerato, ma fatto sta che così buttiamo via un’altra stagione ed è dal 2013 che la situazione è questa.