Il Rosso & il Nero di Verona-Milan 0-1

1) il ROSSO. La Piccola Fiammiferaia di Hans Christian Andersen è una delle favole più strazianti di sempre: neppure la Disney ha provato a far finire la sua versione con scoiattoli che cantano e pupazzi di neve che ballano. Strano ma vero, il Milan le ha dato un lieto fine.

È stato quando dopo circa un’ora di partita (non diremo “un’ora di gioco”, perché con una bugia di troppo Gesù Bambino potrebbe segarci dalla sua lista), in una serata che esprimeva miseria e pena quanto l’ultima serata della povera bimba e anche quanto la misera e penosa serata di Milan-Genoa, Youssouf Fofana, nel buio e nel freddo di una città ostile, ha acceso uno zolfanello (“fiammifero di legno impregnato di zolfo per un tratto della parte superiore, per dare facile presa alla fiamma provocata dallo sfregamento della capocchia a base di sesquisolfuro di fosforo”, insegna la Treccani). Ma non gli è apparsa la cara nonnina tolta di mezzo da un ennesimo fatale affaticamento muscolare: gli è apparso Tijjani Reijnders. Vedendolo, il fiammiferaio Youssouf gli ha servito un pallone in un corridoio angusto, sul quale il 14 olandese si è avventato, e senza nemmeno guardare la porta – perché ormai sa dove si trova, a differenza dell’anno scorso, quando il tiro a rete sembrava il suo tallone d’Achille – l’ha buttata oltre Montipò.

Agli occhi dei milanisti atterriti dalle tenebre incombenti è parso un lampo degno del filtrante di VanBasten per Rijkaard col Benfica. Una fiammata che ha donato toni rossi accesi a tutto quanto fino a quel momento aveva emanato una luce apprezzabile ma un po’ pallidina: stiamo parlando per esempio della prestazione dei difensori (contro un Verona modestissimo, inutile fingere il contrario), e in particolare di un veemente Jimenez.

Dopo il gol, la squadra è sembrata in controllo della partita – ed è una strabiliante novità – e ha rischiato pochissimo. Ed è così riuscita a portare a casa una vittoria di misura che in questo momento non è un brodino, bensì un cenone natalizio, per una squadra per la quale molti (inclusi diversi milanisti) pregustavano il completo psicodramma.

Ci prendiamo questi 3 punti, che sono meglio di 1 e meglio di 0, e torniamo a sperare che siano un mattoncino di Lego per la ricostruzione di un progetto. Qualunque cavolo di progetto esso sia: non pretendiamo più di capirlo, in fondo basta il pensiero. E ci basta che il pensiero non sia…

2) il NERO. Dopo Milan-Genoa, il primo tempo di Verona-Milan ricordava la determinazione dei produttori e autori della NON prestigiosa pellicola Un Weekend Da Bamboccioni 2 (2013) nel fare un sequel altrettanto cretino e imbarazzante: dopotutto l’avevano fatta franca col primo episodio. Con la sola eccezione di una legna improvvisa di Terracciano, che ha passato il resto del match a simulare e menarsi con alcuni ferramenta della sua ex squadra, il Milan non aveva mai realmente cercato di attaccare l’area dell’Hellas. Era stato anzi Suslov, lanciato dalla migliore giocata di Chukwueze in tutta la partita, a chiamare in causa Maignan (per l’unica volta in tutta la sera, invero).

Dopo il lampo di Reijnders, la squadra di Fonsie ha rischiato pochissimo, e avuto un paio di occasioncine. Non con l’evanescente Abraham ma col già citato Jimenez: un bel tiro da fuori messo in angolo, e un’imbeccata per Chukwueze anticipato in area piccola. Ora: visto che l’altra era stata di Terracciano, si può ribadire che per il Milan risulti arduo un qualche gioco d’attacco che non viva di spunti individuali, quelli in cui è specialista Pulisic, e che sembrava intenzionato a tentare Leao prima di infortunarsi dopo nemmeno mezz’ora.

È giusto precisare che a quel punto, il Milan era privo di Leao, Pulisic, Morata, e altri sui quali onestamente non contiamo più o quasi. Però è altrettanto giusto far presente che i nostri fastidiosi avversari si sono presentati senza gli unici due giocatori capaci di fare più 2 gol nel girone di andata (Tengstedt, Mosquera): aver espugnato Parma in modo insperatissimo non ha illuso Zanetti sulle qualità dei suoi, incapaci di sorprenderci come hanno fatto altre squadre più deboli di noi sulla carta ma capaci di farci fessi.

Così, in questo cenone vogliamo abbondare col Rosso, o perlomeno col Rosé. Ma non stapperemo lo champagne, e non solo per la pochezza delle nostre manovre. Ma perché già altre volte abbiamo pensato che un brodino ci avrebbe rimessi in piedi, salvo poi ritrovarci di nuovo a pelle di leone. Sì, viva i 3 punti, viva il clean sheet, viva Jimenez e la coppia Fofana-Reijnders. Però contro la Roma chiediamo qualcosa di più, e non ci pare di essere troppo avidi: Gesù Bambino lo sa, che ce lo meritiamo

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