Il ROSSO & il NERO di Napoli-Milan

1) il ROSSO. Grazie alla sconfitta dell’Udinese, Il Milan consolida il nono posto: ci sono ancora 8 partite alla fine del campionato (“tutte finali”, giusto?) ma l’obiettivo minimo di non finire la stagione nella parte destra della classifica pare alla nostra portata.

2) il NERO. Il 17 agosto abbiamo iniziato questo campionato con una formazione che prevedeva Calabria, Thiaw, Tomori, Saelemaekers in difesa. Bennacer, Loftus-Cheek, Chukwueze a centrocampo. Pulisic, Leao e Jovic in attacco. Quel Milan, che aveva un altro allenatore, andò sotto guardacaso di due gol, col Torino, che subito qualcuno giudicò una bella compagine quadrata, invece che la solita squadra del Cairo.

Nel secondo tempo entrarono TheoHernandez, Reijnders, Morata e Okafor – e furono questi ultimi, a pareggiare la partita in extremis.

Entrambi, come tanti (…ma tanti) giocatori in campo quella sera lontana non ci sono più. O sono in qualche modo spariti, come Tomori e Loftus-Cheek. Eppure è come se fossimo sempre lì, chiunque arrivi in campo o in panchina. Sempre pronti ad andare sotto al primo affondo di squadre non irresistibili – e constatare che il Napoli è tutt’altro che scintillante non ci fa piacere (non chiedeteci perché). Anche se lo è sembrato per tutto il primo tempo come lo sono sembrati, contro di noi, anche il Parma e il Cagliari (o di recente il Lecce), la Lazietta e il Torinetto, e i loro equivalenti europei: Dinamo Zagabria e Feyenoord.

Siamo sempre quelli, qualunque cosa cambi, proprio perché la squadra ha pochissime certezze, in campo e fuori. Di quelle fuori dal campo abbiamo parlato molte volte, e in una rubrica che nasce per commentare le singole partite, non può prendere troppo spazio – anche se alla fine è evidente (crediamo) che tutto questo discorso chiama in causa la società.

Dalla quale, non sappiamo bene cosa aspettarci.

Perché dite, secondo voi sarebbe veramente così strano se oggi stesso venisse annunciato un nuovo allenatore? Anzi, quanti tra noi commenterebbero che in fin dei conti, Conceicao se l’è anche cercata, con tutto un campionario di scelte originali ma spesso disperatamente rimangiate nell’intervallo?

Il suo Milan, da subito, dalle due partite di Supercoppa, è una squadra che è riuscita (a volte) a fare piccole imprese quando ha avuto l’acqua alla gola, nel momento in cui la disperazione e l’orgoglio portavano i nostri giocatori ad andare per tentativi, aggrappandosi a quel poco che sanno di sè stessi. E anche ieri sera sarebbe potuta andare così, quando per due volte la ditta Theo-Leao, con la sua antica intesa, ha spaventato il Napoli.

Sarebbe stato un premio eccessivo dopo una partita che ha ribadito che il Milan non ha realmente un’idea di gioco. Che pochi dei nostri hanno una vaga idea di come giocare nel proprio reparto. Che i nostri uomini più importanti, Reijnders, Pulisic e Leao (lo stabiliscono le banali cifre di gol e assist, non le simpatie di chi commenta o il #linguaggiodelcorpo) NON sono, per natura e per ruolo, possibili perni del gioco ma complementi di lusso, sia per la manovra offensiva che difensiva. Conceicao ha provato a sistemare la nostra navata centrale con il mercato. Con Bondo, Joao Felix e Gimenez – e nessun difensore centrale. Alla luce della partita di ieri sera (e non solo) non è stata granché come ristrutturazione. Speriamo che soprattutto il messicano venga aiutato a ritrovarsi – ma non è un caso che Abraham sia salito nelle preferenze di Consy: passa più tempo a infoltire il centrocampo che l’area – come faceva Morata con Fonseca, del resto, a conferma che non siamo i soli a notare che il problema è la strada tra le due porte, non le corsie.

Il Milan è come un aereo che ha delle ali preziose, ma non ha un motore, una cabina di pilotaggio, e una coda. Non c’è da meravigliarsi se non è mai decollato.

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