Il Rosso & il Nero di Milan-Stella Rossa 2-1

1) Il ROSSO. Stiamo diventando come i cercatori d’oro che accanto a un giovane Scrooge McDuck nel gelido Klondike setacciavano, inginocchiati nel fango cui è ispirata la nostra terza maglia, per trovare barlumi di oro, anche se poi si ritrovavano in mano il cosiddetto Oro dei Fessi, la graziosa ma inutile pirite.

Però, intanto, 3 punti non si buttano mai via, giusto? Quelli dovevano arrivare, per guardare con meno angoscia (non diremo “con serenità”) la classifica di questa nuova ChampionsLeague dalla formula azzeccatissima :-/

In secondo luogo, non buttiamo via il primo gol, pietra preziosa generata sull’asse Fofana-Leao.

Né buttiamo via l’ingresso di Camarda, ancora sfortunato eppure decisivo, nel cogliere la traversa ma anche nel rivitalizzare Abraham, che ogni volta che lo vede nei dintorni trova quel lampo che spesso gli resta nella scarpa.

E non buttiamo via quei 10 minuti del primo tempo in cui il romanista ha seminato il panico nella difesa della StellaRossa, che aveva preso benissimo le misure al Milan, salvo rimanere sorpresa dai cambi forzati dovuti agli infortuni di Morata e LoftusCheek.

Arrivati qui, ci pare che nient’altro che scintilli. E dire che lo si vedrebbe bene, nel…

 

2) Il NERO. Da Allegri in poi (e includiamo anche il suo ultimo periodo) molti milanisti sono diventati dei sommelier del brutto. Quelli che si dichiarano schifati e nauseati scelgono la soluzione più facile: “Puah! Mi fa schifo tutto, mi fa schifo la società, i giocatori, e pure voi milanisti mediocri”. Noi ComunqueMilanisti (e sappiamo che la maggior parte dei nostri follower è in sintonia) siamo oltre queste reazioni viscerali e superficiali, e ci ritroviamo a chiederci se era peggio Brocchi o se ci avesse depresso di più Pippo Inzaghi; se Ringhio Gattuso farebbe meglio dell’attuale allenatore o se il prof. Seedorf ci abbia offerto partite più sconcertanti di alcune di quelle viste quest’anno. E quanto a Pioli, i periodi di totale tenebra sono al di là di ogni giudizio ragionevole.

 

Fonsie Fonseca sa benissimo di aver rischiato parecchio ieri sera, perché i nostri tentativi di fare il 2-1 ai serbi erano credibili quanto quelli di segnare alla Juventus o al Napoli o, nel secondo tempo, all’Atalanta.

Il nostro allenatore si è presentato agli intervistatori con un nuovo bersaglio da additare, dopo l’arbitro di Bergamo, LaPenna. Stavolta, ad avergli impedito di sfoderare il calcio in cui crede, sono stati i suoi giocatori.

Ora…

Guardiamoci in faccia.

Accantonando, se possibile, le faide che ci dividono in Maldiners e Furlaners, Piolers e Fonsechers.

Fonsie vede cose che più o meno vediamo anche noi: “C’è chi non fa di tutto per vincere”, ha detto, garantendo di avere “la coscienza pulita”. E come se volesse mettersi a capo del partito degli insoddisfatti, con volto plumbeo si è detto scontento della prestazione – e ci è mancato poco che dicesse “Ci stiamo accontentando della mediocrità” per essere acclamato da chi sogna un leader dell’opposizione che in nome del Milanismo si batta contro…

Ecco, sì. Contro CHI?

Fonseca viene dalla terra dei NonPirla, per la quale noi di ComunqueMilan non avremmo il visto di ingresso. Però il miglior quarto d’ora del Milan di ieri si è visto quando i piani di Fonsie sono saltati per aria, con gli infortuni simultanei di Morata e LoftusCheek, e sono entrati galoppando Chukwueze e soprattutto Abraham. Poi, come se fosse stato catechizzato nell’intervallo, il Milan nella ripresa è sceso in campo per passeggiare calcio, tenendo palla nella sua metà campo spronando la Crvena Zvevda ad attaccarci, perdendo più palloni possibili, fino al letale cincischiamento di Musah (non l’unico, comunque).

Tutti noi ieri abbiamo sacramentato contro quasi tutti i giocatori, per il loro dispiego di incertezze e presunzioni, in difesa e in attacco. Quindi saremmo anche inclini a pensarla come Fonsie, dopo una vittoria presa così per le treccine da Abraham, facendo a spintoni sotto rete come Gabbia, lanciandosi con generosità giovanile (e tifosa) come Franceschino Camarda.

Ma ci viene il dubbio che la fortuna di Fonseca siano i parafulmini che ha in squadra. I TheoHernandez e Leao, i LoftusCheek e gli EmersonRoyal, i Musah e i Chukwueze che per motivi diversi indignano varie correnti della tifoseria e gli opinionisti più chic. I giocatori su cui sta scaricando il barile sono anche il suo scudo, in questo momento in cui pochi giocatori godono di un consenso generale.

 

Il problema è che ci troviamo nello “Stallo alla messicana” de Il buono, il brutto e il cattivo.

Con buona pace di chi ci considera in maggioranza lealisti, noi siamo dispostissimi ad ammettere che il Cattivo sia la proprietà. Ma su chi sia il Buono tra l’allenatore e i giocatori, abbiamo dei dubbi – e Fonsie non dovrebbe ignorare che è grazie alla politica societaria, che lui si trova lì. Il sospetto inquietante è che il Buono alla fine siamo noi stupidi, e il Brutto è che siamo gli unici che rischiano realmente di ritrovarsi bucherellati.

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