Il Rosso & il Nero di Milan-Inter (gara 3, su probabili 7)

1) il ROSSO. Ammettiamolo, il derby di questo mese sulla carta non aveva storia. Sì, ce lo siamo già detto per i due precedenti, vinti senza discussioni (a parte i loro fantasiosi piagnistei, specialità dal 1908). Ma stavolta c’era da grattare la fede dal fondo del barile.

Da un lato i Dominatori della Galassia, che secondo gli opinionisti (e secondo loro) hanno già vinto per manifesta superiorità ogni competizione del pianeta. Dall’altro una squadra allo sbando da tutti i punti di vista. Spossati fisicamente, in involuzione netta, sotto schiaffo per la sconcertante esibizione con la DinamoZagabria, privi di elementi importanti (Fofana) o utili per fare numero (EmersonRoyal, LoftusCheek) o allontanati (dire “venduti” non sarebbe realistico).

Con una formazione semi-improvvisata, con Walker al debutto e Tomori e Pavlovic che ancora hanno la pagina di RyanAir aperta, non si sa mai, il Milan ha giocato un primo tempo senza subire realmente Gli Strepitosi, a parte due gol in netto fuorigioco su cui i loro strombazzoni stanno costruendo romanzi. E sul finire, col caro vecchio binario di sinistra Theo-Leao a propiziare la staffila sottoporta del nostro bomber Reijnders, ci siamo trovati sopra. Da notare che l’unica parata vera fino a quel punto l’aveva fatta Sommer proprio sul 14 olandese (chissà se l’hanno messa negli HighLights). Per questo, nell’intervallo, tutti noi che avremmo firmato per un pari o una sconfitta onorevole, iniziavamo a fare la bocca al filotto di 3 vittorie nel DerbydiMilano.

Invece, piano piano, iniziava a calare…

2) il Nero. Perché la situazione spingeva lentamente il Milan a concedere campo e palla a un’Inter più rabbiosa che lucida – e peccato per l’uscita di Calhanoglu, tornato quella capretta improduttiva che bruca a centrocampo che noi vedevamo così spesso. Il match si metteva su un piano inclinato non per paura (il carattere decisamente non è mancato) ma soprattutto grazie alla loro panchina lunga, dovuta a risorse economiche infinite, mentre noi dovevamo affidarci via via al 19enne Jimenez, al 21enne Terracciano, al 16enne Camarda.

Nonostante una fase difensiva spesso eroica (con protagonisti inaspettati Tomori e TheoHernandez) e malgrado qualche ulteriore occasione in ripartenza (Reijnders, Camarda) l’impatto dei loro energumeni era facilmente testimoniato dai tre pali colpiti, tutti con lo stesso schema: palla alta a uccellare i nostri saltatori, purtroppo non efficacissimi nemmeno sui corner a favore. E appunto con questo schema arrivava al 92° il pareggio di “Ufficio Inchieste” DeVrij, costruito da due dei loro subentrati, Bisseck e Zalewski.

Al fischio finale, molti milanisti hanno imprecato contro Jimenez (impeccabile fino al momento di spazzare quell’ultimo pallone), le goffaggini di Terracciano, la mancata chiusura di Chukwueze in area. Alcuni hanno deprecato i cambi troppo difensivi di Conceicao, che ha chiuso con 6 difensori e 1 Terracciano, Reijnders a centrocampo, e i soli Chukwu e Camardinho come opzioni offensive. Perdonateci ma non ci sentiamo di dire che magari Okafor e Jovic avrebbero messo in soggezione i nostri avversari – il che ci porta alle ultime imprecazioni, quelle di rito, nei confronti della dirigenza e dell’organico che ha costruito.

Ma senza ambire a quell’onestà che è prerogativa luminosa dei nostri avversari, dobbiamo onestamente dire che il Nero è nei 2 punti persi (e nell’aver sciupato un’occasione per far totalmente esplodere il sistema nervoso dei Simpaticissimi); tuttavia rispetto ai precedenti MilanInter i nostri sono stati a tanto così dall’ottenere più di quanto è nelle loro possibilità attuali. E rileggendo quelle che erano le premesse della partita, l’amarezza che abbiamo sfoggiato in altre occasioni possiamo rimetterla nell’armadio. Sperando anche di lasciarla lì per un po’ a intrattenere le tarme, perché questi alti e bassi ogni 3 giorni ci stanno devastando. Fra due giorni, una Roma caricata dal proprio pareggio nel recupero contro la capoclassifica sarà un test decisivo per capire se il terremoto di questa settimana è stato uno scossone decisivo, oppure l’ennesimo sobbalzo di una stagione accidentata e incomprensibile.

 

 

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