1. Il ROSSO. È solo l’inizio del Calendario dell’Avvento, ma pare già Natale. E il nostro regalo è una partita normale. Ora: quando si è bambini viziati, non si accetta un regalo normale, è deludente. Ma strani tempi e traversie ci hanno magicamente messo nella condizione dei nostri bisnonni, per i quali 3 mandarini erano un regalo straordinario.
Questo ha i suoi pregi. A qualcuno la partita di ieri sembrerà banale, ordinaria amministrazione: non sentono la magia della festa, e forse al fischio finale hanno sentenziato: “E anche ‘sta partita, ce la semo levata da…” (eccetera). Noi no!!! Siamo sinceramente incantati dal mistero di una prestazione così d’altri tempi, che a San Siro si è rivista persino la nebbia. Siamo a bocca aperta come bimbi, nel vedere il giocattolo che in base a chissà quale arcano meccanismo, fa quanto ci si aspetta da lui. Ci brillano gli occhi, nel vedere il Milan che batte un avversario più debole nel suo stadio, San Siro, senza discussioni e senza complicarsi la vita. Facendo la partita. Attaccando per 90 minuti con solo una breve pausa a inizio ripresa. Correndo un solo vero pericolo, una traversa di Maleh (sul 2-0). Lasciando inoperoso Maignan, impegnato più nel ruolo di regista arretratissimo che a far parate. Mandando in gol il giocatore sottoaccusa di giornata: Morata, reo di aver segnato al Bernabeu al RealMadrid (e che sarà mai) ma NON nelle cinque partite di serie A disputate dopo il gol al Lecce. Che sì, il piatto piange un po’, ma – strano a dirsi – magari non proprio come lo dipingono i media (“Eh, eh, eh, non segna da due mesi”).
E qualcuno dirà: beh, ma con l’Empoli, dai. E qualcuno (noi) risponderà: sì, tutto questo contro l’Empoli. E ne siamo sbigottiti lo stesso.
Per cui ci scusiamo con i bambini intelligenti, quelli meno infantili. Che sanno che sarebbe puerile, anche in condizioni di miseria, esaltarsi per dettagli come il funzionamento della coppia Gabbia-Thiaw, soprattutto grazie al primo. O il modo in cui #Fofana ha unito, e non è la prima volta, l’utile al dilettevole. O come Pulisic e Morata, pur cercando spesso la soluzione personale con l’egoismo di chi vuole segnare, abbiano giocato per i compagni. E su come Tijjani Reijnders, del quale fino a pochi mesi fa molti di noi vedevano soprattutto il potenziale inespresso, abbia sfoderato una nuova doppietta: un gol da lupo d’area e un altro da cervo del centrocampo.
Giusto non esaltarsi, ma è pur vero che ci vorrebbe dell’impegno per trovare qualcosa di negativo nella partita, qualche #linguaggiodelcorpo, qualche superficialità, qualche prova di incompatibilità col gioco del calcio: persino EmersonRoyal ha dato più volte la sensazione di sapere il fatto suo.
In questo scenario, dopo aver scartato il ritornello “Sì ma era l’Empoli, a SanSiro” – possiamo proprio cercare qualcosa che non va? Dobbiamo proprio cercarlo? Beh, lo sapete già: la risposta è: sì, dobbiamo.
2. il NERO. La squadra di Fonsie Fonseca ha sorpreso noi e l’Empoli iniziando con un ritmo cui non siamo abituati da parecchio tempo – e non siamo così Piolers o Maldiners da dimenticare che ciò capitava di rado anche col Governo precedente. E con avversari anche inferiori all’Empoli di D’Aversa. Questo ritmo, finalmente più da hard rock che da fado, ha messo una certa soggezione agli avversari, costretti a una maggiore applicazione difensiva, sacrificando le velleità offensive che in passato hanno premiato diverse squadre e squadrette cui bastava attaccarci un paio di volte per seminare il panico. Però non è cambiata la mancanza di lucidità negli attacchi. I movimenti sembrano ancora estemporanei. Morata ha bucato il muro grazie a un rimpallo fortunato su tiro di Leao, poi i gol del 14 olandese sono venuti finalmente con giocate autorevoli, intelligenti e collaborative. Ma a costo di sembrare gli zii cattivi che svelano che Babbo Natale non esiste, ci permettiamo di non accettare del tutto il miracolo della nascita e della rinascita del Milan di Fonsie. Al posto della lentezza e dell’indecisione abbiamo visto foga e impeto, ma spesso ci è parso di vedere in alcuni nostri giocatori degli errori dettati dalla fretta e furia, oppure dalla voglia di strafare per mostrare ai bambini fastidiosi del circondario che il nostro giocattolo è bellissimo. Giusto concedere al teenager Camarda la smania di sfruttare al massimo la manciata di minuti donata da Fonsie, ma dai nostri giocatori già affermati preferiremmo vedere giocate meno dimostrative (e non stiamo parlando sempre e solo di Leao). Perché quest’anno siamo stati MOLTO buoni, e ci meritiamo questi e altri regali. Ieri sera contro l’Empoli niente è andato storto, decisamente. Ma visto che questo mese vanno di moda gli anni ’90 (…come ogni mese dal 2001) ricordiamo, con due ex giovani e con tutto il loro cattocomunismo anni ’90, che “O è Natale tutti i giorni, o non è Natale mai”.