Il Rosso & il Nero di Milan-Como 2-1

1) il ROSSO. Nessuno ha mai usato l’espressione “intelligenti come degli innamorati”. E non possiamo parlare per voi, gente – ma di sicuro noi di ComunqueMilan eravamo già messi mediamente male anche a mente fredda.

L’amore ci fa vedere tutto con gli occhi dell’amore – beh, è il suo lavoro. Così, a fine partita, guardavamo i nostri pulcini fradici sopravvissuti a un altro Gatto Silvestro che pensava di esserseli già pappati come avevano fatto altri predatori del tutto improvvisati prima di lui (Dinamo Zagabria, Feyenoord, Torino, Lazio). E quelle cose orribili che avevano fatto nel primo tempo venivano ridimensionate a marachelle fastidiose, irritanti, ma in fin dei conti perdonabili.

Negli occhi dell’amore sono rimasti impressi i gol del solito duo poco glamour, Pulisic e Reijnders. Le giocate lontano dalla rete di uno dei nostri attaccanti che ha soggezione della rete, Tammy Abraham. L’irruenza forse scoordinata ma utile di altri due subentrati, Fofana e Jimenez, e persino un po’ di voglia da parte di JoaoFelix, che per una volta ha fatto vedere più grinta che mèches. E nonostante un’uscita raggelante su rimessa laterale, nel recupero sul recupero, anche due buone letture di Maignan su giocatori del Como liberi di vederlo da vicino nel primo tempo

Ah, e poi ovviamente, negli occhi dell’amore rimangono impressi i 3 punti – qualcosa di concreto, in mezzo ai su e giù delle nostre illusioni e delusioni. E poi la capacità di uscire un’altra volta dalla fossa che ci eravamo scavati, con pazienza e determinazione, incoraggiando il Como ad alzare sempre più la cresta e a concretizzare il suo gioco piacione ma forse più chiacchierone e milanese che non pragmatico e lombardo.

È bello guardare le cose con gli occhi dell’amore. Ci si fanno poche domande.

Per esempio, su quella smania di scavarsi la fossa. Da cosa nasce? E quando comincia? A volte subito, dal primo minuto. Ieri no, è stato un processo lento ma volitivo.

2) il NERO. Nel primo tempo, dopo un inizio vagamente incoraggiante, la squadra ha messo in scena uno dei suoi scenari preferiti: l’elettroencefalogramma piatto. Incapacità di pensare, di capire la situazione, o eventualmente di ricordare cosa gli era stato detto di fare dall’allenatore – qualunque cosa fosse. La sola cosa che sembravano decisi a fare era dare il più presto possibile il pallone agli avversari. Che la facessero loro la partita, quei signorini tanto vezzeggiati dai telecronisti tutti strilletti.

Avete mai sentito l’espressione “spietati come innamorati”? Ovviamente no. Però se esistesse, dovremmo essere spietati e ammettere che tra quelli che si aggiravano goffamente per il campo c’erano proprio Pulisic e Reijnders, non diversi dagli altri nel loro farfugliare calcio. Inconsistenti almeno quanto Gimenez, ennesimo centravanti d’area del quale apparentemente non sappiamo che fare – e quelle poche volte in cui sarebbe servito, in quei pochi ma stranamente sensati attacchi che Leao o TheoHernandez si sono degnati di portare, non lo ricordiamo al posto giusto nel momento giusto.

Il grande zimbello di giornata naturalmente è Musah, immancabilmente giubilato dall’allenatore che immancabilmente lo mette nell’undici titolare – però a condannare lo sprovveduto giovane è stato soprattutto trovarsi al posto giusto (e non una volta sola) coi piedi sbagliati, al posto di chi avrebbe dovuto esserci per contratto.

Quanto alla difesa, una volta potevamo contare su Theo per essere la voragine designata, ma nel primo tempo di ieri anche Gabbia e Thiaw e persino Walker (pure lui contagiato) sembravano in balia della neopromossa capitanata da Cutrone.

Il secondo tempo sembrava andare dritto verso il raddoppio del Como, e infatti così è stato – ma impietosito dalla nostra pochezza, o forse da una nuova interessante applicazione del regolamento nei nostri confronti (il contropiede era venuto dopo che Jimenez era stato platealmente divelto dal limite dell’area con intensità, con geografia, nell’immediatezza, nella dinamica, nell’onestà, nella nonpossiamoattaccarciallarbitrità), si è aperta una pietosa sliding door di un fuorigioco di clavicola.

Alla ripresa del gioco, Reijnders pescava in area Pulisic, il cui sinistro era di una precisione luminosa. Il Como accusava il colpo, e abbassava la cresta. Da quel momento, sia a segnare che ad andare vicino al gol (sempre con Reijnders, peraltro: traversa, oppure palla fuori di poco su altro invito di Abraham) era il Milan.

Con gli occhi dell’amore, abbiamo atteso con pazienza e assoluta serenità mentre i nostri sciupavano le opportunità in contropiede o fronteggiavano in affanno un avversario privo di un uomo, privo di baldanza e lucidità, e pure privo dell’allenatore espulso – sentite questa! – per “essere uscito dall’area tecnica” (…proprio a San Siro. Voi capite che a fronte di questo, a meno di essere giornalisti comprati con quattro fagioli, solo gli occhi dell’amore possono far pensare che il calcio italiano non sia una povera, umiliante farsa).

E oggi, con gli occhi dell’amore, eccoci qui a guardare (dal basso) la classifica. E a pensare che mmh, se quelli dovessero pareggiare, se quelli dovessero perdere.

No, nessuno ha mai detto “intelligenti come innamorati”. Ma l’amore è questa cosa qui, prendere o lasciare. E il fatto che sia così, è Rosso e Nero insieme.

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