1) il ROSSO. È facile farsi incantare dalle giocate, specie quelle incantevoli, che finiscono in gol come quelle di Okafor, Chukwueze, o dai colpi di piatto chirurgici di Reijnders, e persino dalle giocate di Leao nel primo tempo, e poi certamente da quelle di Pulisic – per il quale stiamo finendo gli aggettivi, presto passeremo entusiasticamente, fanaticamente, sconclusionatamente agli avverbi. E pure dalla giocata dell’homeboy Francesco Camarda: era in fuorigioco, ma era a mezzo passo dalla leggenda, manca solo quel mezzo passo, magari anche indietro!, e la pazienza di farlo. E forse il brusco ritorno sulla Terra, dopo essere stato in orbita con tutti noi per mezzo minuto, gli farà meglio che troppa euforia: ha visto SanSiro esplodere d’amore, ora sa che quel mezzo passo può portarlo lì.
Ma il Rosso di questa partita può partire solo da Mike Maignan, unico argine tra il Bruges e una goleada nella metà iniziale del primo tempo. L’inizio-partita dei ragazzi in maglia nonrossonera è stato drammatico, e sarà il caso di parlarne nella sezione successiva (aka: “il NERO”). Ma il portiere della nazionale francese, un altro che i Milanisti Perennemente Schifati avevano già ricoperto alacremente con diversi strati di palta (“Sempre infortunato” “Un annetto buono, poi?” “Ci sarà un motivo se non è in Premier League”) ha iniziato quest’anno in Modalità Eroe.
Grazie a lui (e alla traversa) il Milan è sopravvissuto ai primi venti minuti. E questo gli ha dato un pochino di coraggio. A prenderlo sono stati gli uomini più attesi: Leao, Pulisic e Morata, anche se più impegnato a fare a sportellate a centrocampo per soccorrere un reparto di cui sarà il caso di parlare nella sezione successiva (sempre “il NERO”). In detto reparto si accendeva a intermittenza il solo Reijnders, protagonista di qualche buona apertura in velocità, e poi di una specie di risarcimento paradossale dell’espulsione di tre giorni fa: giudicato ancora una volta colpevole dell’arbitro, ma stavolta scagionato e pienamente indennizzato dal VAR. E anche grazie a quell’avversario in meno a centrocampo, si è trovato per due volte al posto giusto nel momento giusto.
A proposito: avendo citato in apertura i due assistmen Okafor e Chukwueze, che in questi giorni sono irriconoscibili rispetto a quanto abbiamo visto fino a non troppo tempo fa, è il caso di dare a Fonseca la sua fetta di Rosso. Li ha messi in campo in un momento difficile, ed è stato premiato con rapidità fulminea. Una cosa bisogna ammetterla: quando è con un piede nella fossa (e decisamente ritrovarsi a 1 punto dopo tre partite di Champions alla vigilia dello scontro col Real Madrid avrebbe richiamato l’attenzione delle pompe funebri) l’allenatore portoghese riesce ad aggrapparsi a un soffio di vento a favore. Il fuorigioco all’ultimo minuto con l’Udinese, la superiorità numerica subito dopo l’insperato vantaggio e se vogliamo anche la mancata chiusura dei due difensori fiamminghi sul pallone messo dentro da Okafor testimoniano che lassù qualcuno ha iniziato a prenderlo in simpatia, e invece che punirne le incertezze, si limita a dargli delle scosse speriamo salutari. Poi, se vogliamo, questo è un Rosso che ci mette un attimo a vestirsi da
2). il Nero. Perché la verità è che forse tanti tifosi del Brugge, nella cosiddetta Venezia del Nord, stanno litigando lungo i canali per una partita gettata via, tra gol sbagliati e la dabbenaggine di Onyedika e Mignolet (…ah lui sì che c’è stato, in Premier League). E questo perché al netto della stanchezza per la battaglia di poche ore prima con l’Udinese (perché Leao risultava più fresco degli altri, ma allora avrebbe dovuto esserlo pure LoftusCheek), il centrocampo del Milan era in piena modalità Milan-Liverpool, con un Fofana quasi drammatico, e Morata costretto a giocare alla Flamini per cercare di evitare la completa imbarcata. E su una difesa in affanno sia in parità che in superiorità numerica, abbiamo finito sia gli aggettivi, che gli avverbi, ci restano solo fonemi non intelligibili.
Però un consunto luogo comune dice che Napoleone prediligesse i generali bravi, sì, ma anche fortunati – forse perché la fortuna aiuta gli audaci. In questo periodo l’Empereur potrebbe essere incuriosito dal nostro generale lusitano, perché sta iniziando a mostrare entrambe queste qualità. Corre rischi inspiegabili, ma non viene più punito come nelle primissime partite, anzi, lo soccorre pure la tonteria di Leao, che non ha imparato dal suo connazionale CR7 a correre per primo verso il compagno che ha segnato un gol, per essere sempre nella foto, e suggerire subliminalmente che quel gol in qualche modo era passato da lui. Dopo averlo inquadrato a lungo in panchina con malcelata libidine, e sperando di trovare un suo labiale, i polemisti, e – inutile negarlo – anche molti milanisti hanno goduto incontrollabilmente nel vedere che dopo il triplice fischio scendeva negli spogliatoi invece che andare a tributare tributo ai tifosi della parte meridionale dell’impianto. Nei prossimi giorni invece che di ciò che abbiamo citato nel Rosso e nel Nero si parlerà ancora di lui, ovviamente troppo. “Why Always Me?”, si chiedeva anni fa un altro giocatore passato dal Milan. A costui la risposta l’hanno data il tempo e la realtà. Speriamo che Leao sappia confrontarsi un po’ meglio con la realtà: di tempo ne ha ancora.