1) il ROSSO. Oggi tanti di noi tornano a scuola o al lavoro. L’Epifania, si usava dire, “tutte le Feste si porta via”.
Non è il nostro caso. La Festa per noi è arrivata in extremis proprio come il tap-in di Tammy Abraham.
Noi milanisti questa festa, anche se per un trofeo un po’ scemotto, ce la meritiamo, proprio come il Milan ha meritato di ribaltare la partita, i pronostici, i nostri boriosetti avversari, e pure di ribaltare gli opinionisti che si erano scordati che la nostra banda di scappatidicasa quest’anno aveva già battuto la squadra che ogni giorno è descritta dai media italiani come campione d’Europa e del Mondo annunciata e inevitabile, in gloria e santità.
Ma il Milan non si è arreso a settembre, quando lo spirito di Mark Hateley si è impossessato di Matteo Gabbia. E non si è arreso ieri sera, quando dopo 45 minuti ordinati e incoraggianti, era incappato in due desolanti corbellerie che avevano regalato ai babbani un doppio vantaggio insperato e immeritato (al netto delle impeccabili esecuzioni di Lautaro e Taremi).
La riscossa è partita dall’ingresso del ciondolante, lezioso, sopravvalutato Leao. Devastante in ogni iniziativa, tanto da spingere più volte a scene isteriche un campione simpatico, leale e signore come Barella. Putacaso, proprio il duo del famoso coolingbreak, Rafa e TheoHernandez, ha riaperto il derby su punizione. Questo, oltre a piazzare un primo spillo in certi palloni gonfiati, ha dato alla squadra una convinzione nei suoi mezzi che il non lontano 29 dicembre (MilanRoma) era inesistente. “Conceicao ci ha dato energia”, ha detto Leao. Forse ha dato anche altro: in sette giorni sono comparse distanze più sensate tra i giocatori e movimenti più coordinati in tutti i reparti.
Però sì, la prima chiave di questo clamoroso debutto del nuovo portoghese pare una ritrovata voglia di giocare a pallone, che col precedente portoghese pareva del tutto persa. Pur molto diverse, le vittorie contro Juventus e Inter sono venute in rimonta: la modalità più elettrizzante e memorabile di vincere. E forse annusando questo pericolo che a esaltarsi fosse una squadra che non è lei, l’Inter ha dato il meglio negli ultimi 20 minuti, quando ha capito che dopo una serie di occasioni culminate in un incredibile salvataggio (di faccia) di Bastoni su Reijnders, il Milan davvero poteva rimontare. A quel punto, invece di subire un altro gol da somari (palo interno di CarlosAugusto) è ripartito il vecchio caro binario di sinistra, stavolta con Theo a imbeccare un estenuato ma eroico Pulisic. Per quanto si ballasse in difesa, con Maignan chiamato a replicare alla serata di splendore di Sommer, il Destino dava l’aria di essere in moto, tanto che sembrava chiaramente l’Inde (che pure è abituata a batterli) a temere i rigori.
Grazie ad Abraham e soprattutto a Leao, non ce n’è stato bisogno.
E ora? Questa notte araba da Mille e Una Notte salva la nostra stagione? È un po’ ovvio che no: è una soddisfazione enorme, ma resta nell’ambito di un torneino che è stato addirittura snobbato dall’Atalanta, che d’altra parte quest’anno può permettersi ambizioni che noi avevamo archiviato.
Ma a questo punto, avendo visto che “A chi ci crede, succede” (cfr. Olly Giroud), ancora più importante che vincere di nuovo (ripetiamolo: di nuovo) un derby è la scoperta che sotto le ceneri, il fuoco del Diavolo non era del tutto spento, e potrebbe scaldarci ancora in questo 2025 iniziato così festosamente. Il primo a crederci sembra Conceicao, e lo sta comunicando ai giocatori.
La società? Ah, vai a capire. Vedremo nei prossimi giorni mercantili. Intanto, però, permetteteci di vedere anche un pochino…
2) il NERO. Ha qualcosa da recriminare, l’Inter. Non gli alibi di assenze e infortuni, nei quali noi modestamente siamo laureati – e poi leggiamo di continuo, nero su rosa, che loro sono un’Invincibile Armata costruita anche a colpi di RimpiantiMilan. No, il fatto è che se anche in difesa hanno sofferto più del solito, noi abbiamo sofferto… il solito. Nella parte finale della finale abbiamo concesso possibilità a Taremi, Dumfries, CarlosAugusto. E raga: a buon intenditor, poche parole. Perché rimontare è bello, ma ancora più bello sarebbe evitare di andare sotto. Sarebbe bellissimo non concedere gol idioti, o rischiare un infarto quando qualcuno fa turismo nella nostra area.
Si può fare? Noi crediamo di sì. E abbiamo sentito dire che succede, a chi ci crede.