il NERO. Partiamo da qui che è più difficile. Perché abbiamo un lanternino studiato proprio per queste occasioni – anche se ovviamente, risulteremo antipatici, ma il titolo della rubrica ci impone il massimo della severità. Il Nero sta nel fatto che abbiamo rischiato di NON vincere, e solo a due minuti dalla fine (nove secondo l’arbitro) Gabbia, già migliore in campo fino a quel momento – ha messo un sacrosanto pallone alle spalle di quel sacramento di Sommer, migliore dei loro per distacco. È ovvio che anche solo l’idea di pareggiarla – o di perderla con il minimo scarto – era un’idea che alla vigilia la maggior parte dei milanisti avrebbe firmato con gratitudine. E invece riconsiderando tutta la partita, abbiamo seriamente corso il pericolo di non vincere un derby giocato senza timore reverenziale – e non succedeva da troppo tempo – per la squadra più riverita della nazione. Ma nella sera in cui abbiamo ridotto al minimo le nostre tipiche amnesie difensive (che ci sono costate sia il gol di DiMarco che la sanguinosa occasione concessa a un liberissimo Darmian nel lunghissimo, servilissimo recupero), abbiamo moltiplicato le occasioni sciupate in modo increscioso, e pur con il sorriso del giorno dopo, sarà bene che Leao e Abraham (e pure Okafor all’ultimo minuto) ci pensino un po’ su, perché non capita tutte le domeniche di incontrare una difesa un filino presuntuosa e sopravvalutata (forse perché mai realmente sfidata?) come quella che ci ha affrontato ieri sera. Però sarà bene tener conto anche di quello che forse è il primo motivo di cui gioire ne…
il ROSSO. Fonsie Fonseca ieri sera si è presentato a SanSiro con le valigie. E forse proprio per questo, una cosa non l’aveva riposta nel bagaglio, dove stavano invece da tempo la maschera di Zorro e la schiuma da barba. Perché malgrado in campo ci fossero contemporaneamente Leao, Pulisic, Abraham e Morata (e aggiungiamo il trequartista occulto, il leggiadro Reijnders), il #Milan ha giocato con umiltà, che non vuol dire predisposizione all’umiliazione come quella vista pochi giorni fa contro il Liverpool (e pure quando eravamo in vantaggio noi!). Il Milan è tornato a vincere il #derbydiMilano grazie in primo luogo alla voglia, allo spirito di sacrificio, alla grinta. Che sì, sono esattamente quello che sembrano: i concetti più retorici del mondo. Finché non capisci che ne hai veramente bisogno. E da questo punto di vista, è significativo che sotto la vittoria ci siano le firme di Gabbia e Pulisic, ovvero il ragazzo cresciuto in casa e perennemente sminuito (…anche dalla società) e il grande giocatore mai diventato superstar perché privo di quel pizzico di superbia che se non è stupida tracotanza, può diventare il giusto boost di orgoglio che spinge la propria asticella più in alto.
il NERO. Ora, è giusto finalmente – finalmente!!! – essere orgogliosi di questo Milan che era partito per essere annichilito e invece esce da SanSiro con un risultato che gli sta persino stretto; è anche giusto pensare un po’ in prospettiva. Questi giocatori, questo allenatore, questa società sapranno mettere a frutto la loro piccola impresa? Fonseca ieri sera è diventato l’allenatore del Milan, oppure come per Fatih Terim il derby sarà un fiore all’occhiello con cui farsi ricordare con affetto anche dopo l’esonero? I giocatori avranno capito quanto è bello giocare assieme e mettersi reciprocamente davanti alla porta? Salvo poi concludere sciaguratamente, ma va bene, teniamoci un po’ di Rosso anche per il futuro, permettendoci di ringraziare anche Maignan, TheoHernandez e Tomori per aver vanificato o ridotto al minimo le opportunità dell’Inter. La società acMilan vedendo Gabbia (e magari anche Kalulu) avrà capito che il moneyball e l’algoritmo e le plusvalenze non sono la soluzione di quel mistero infinito che rimane alla fine il calcio? Non lo sappiamo, e non lo sanno neanche i professionisti dell’ “io lo avevo detto”. Noi diciamo solo una cosa: ieri sera, dopo un bel po’ di tempo, abbiamo rivisto in campo il #Milan. Non è perfetto, eppure è fantastico. E parafrasando un vecchissimo coro, lo vogliamo così.