1) il ROSSO. Rimasto in 10, e definitivamente senza centravanti (vero o presunto), il Milan ha iniziato a giocare a pallone più o meno alla pari contro una squadra scarsa e allenata alla meno peggio da Fabio Cannavaro, che deve aver detto ai suoi: “Guagliù: curricchiàte ‘nu poco, jettàteve in terra assaje, e aspettate che facciano le loro fesserie”.
È stata – e che non si dica che siamo ingenerosi – una consolazione, rispetto all’immondizia del primo tempo, non lontana da quella vista in altri primi tempi di questo 2025.
Nei primi 45’, quasi tutti giocati in parità numerica, il Milan non era stato all’altezza di una DinamoZagabria che ci ha colpiti al primo tiro in porta, dopo una ventina di minuti passati a guardare divertiti il nostro calcio tapasciato, oculatamente lontano dall’area avversaria.
Potremmo fermarci qui ma faremmo un torto a Pulisic – pur fuori forma. Il nostro americano preferito cerca sempre di dare qualcosa in più, e dopo il pareggio (al nostro primo tiro in porta, dopo 50 minuti, col portiere croato evidentemente sorpreso dall’evento) aveva trovato la bella imbeccata per Leao, in occasione del rigore revocato dal VAR.
Altre sfumature di Rosso è arduo vederne, e certo sono già più di quelle che vi aspettavate di leggere. Al contrario, c’è l’imbarazzo della scelta per…
2) il NERO. Può darsi che sia la stanchezza, che in molti elementi è comprensibile. Ma quello che continuiamo a vedere (e non solo con questo allenatore) (e non solo in questo campionato) (e non solo con questi giocatori) è una squadra che né in una partita facile in casa contro una neopromossa, né in una partita MOLTO importante in UCL, scende in campo con la chiara intenzione di vincere.
No: come succedeva spesso gli anni scorsi, in partite in cui bisognava dimostrare di essere degni di trovarsi lì (gli esempi più facili da ricordare sono i derby di Champions, o la Roma in Europa League, o le tante eliminazioni in Coppa Italia) la priorità non sembra mai vincere bensì non sciuparsi, gestire le energie per gli impegni successivi e trottare per il campo aspettando la propria chance evitando con cocciutaggine di giocare a pallone, fino a quando non piove qualcosa dal cielo: un rigore di Locatelli, un colpo di coscia di Chukwueze, una prodezza di Pulisic o un’invenzione di Leao che ribalti la partita.
Per la sesta volta in 8 partite, il Milan di Conceicao ha concesso il vantaggio agli avversari.
E per la seconda volta su 6, non è riuscito a riprendere la partita per i capelli.
In fin dei conti, è già tanto che sia andata bene le altre 4 volte. Nelle quali, in fondo, un po’ di carattere era subentrato, come ieri sera, molto dopo l’inizio.
Conceicao continua, come noi, a sbigottire davanti alla mancanza di detto carattere nell’approccio iniziale, che era la stessa che, lo ricorderete, vedevamo con altri allenatori in panchina, e altri giocatori in campo. Poi, qualcuno potrebbe dire che noi non siamo in panchina, lui sì.
Ma cerchiamo di delimitare il giocherello delle responsabilità. La società ha tante colpe, che non possiamo continuare a ripetere ogni 3 giorni. Ma ieri sera forse persino Furlani avrebbe approcciato la partita con più vigore. La società ieri non era in campo, come l’allenatore (e okay, nemmeno alcuni giocatori, specie nel primo tempo).
Però, lo dicevamo già ai tempi di Pioli, se una squadra inizia così spesso le partite con piglio da gattino, l’allenatore magari non andrà in campo, ma qualcosa c’entra. Però, fermi: da Pioli a Conceicao passando per Fonsie, come mai cambiano gli imputati ma il capo di imputazione è sempre lo stesso? Oggi sotto processo abbiamo qualche volto abituale (Musah, Morata, TheoHernandez), qualche occasionale (Gabbia, Tomori) e qualcuno dal quale non ci sentiamo nemmeno più di pretendere niente (Okafor, Abraham). Fra tre giorni quasi certamente saranno altri. È l’unico vero turn-over che abbiamo. Insieme a quello degli allenatori, ovviamente.
Invece, come dicevamo parlando degli anni scorsi, c’è una sorta di costante che torna ad affacciarsi. La cosa allarmante è che viene dal decennio scorso, e non rende del tutto ingiustificate le battutine – non divertenti – che evocano la banter era, come se qualcuno all’idea di ritornarci provasse un sottile piacere (o magari un piacere enorme, eh. In fondo ognuno persegue i piaceri che più lo appagano). È una specie di blues che a quanto pare nemmeno con Conceicao e la sua rabbia agonistica si riesce a sradicare, un autoannullamento che spegne la vitalità di ogni singolo elemento.
Per esempio: non ci interessa come la pensiate sul rigoreperilMilan tolto dal VAR: lo tiriamo in ballo come sintomo di situazione in cui una squadra che vuole vincere dà l’assalto all’arbitro mettendogli anche le dita nelle orecchie (e domenica ci attendono i reucci di queste vispe manifestazioni di personalità). Viceversa, i nostri accettano remissivi il loro sprofondo, forse perché intimamente convinti che non meritavano quel rigore. Così come forse erano convinti di non meritare di stare tra le prime 8, di valere meno di un Lille o un Aston Villa, e di meritare invece altre due partite di angoscia da regalare a sé stessi e a noi.
Ecco, è come se dagli ultimi anni di Berlusconi questa squadra si portasse dietro un grosso problema di autostima, risolto per un paio di anni con il mix tra vecchi lupi di mare e giovani spericolati, tornato a manifestarsi con il lungo addio dei veterani (Ibrahimovic, Kjaer, Giroud) e accompagnato dall’illusione che i 25enni Leao e Theo o il 26enne Pulisic avessero già l’esperienza necessaria per rivestire i spesso invocati panni dei “leader”.
Alla fine, invece, non ne abbiamo né in formazione né in società. Accomunate dalla mancanza di un progetto, che sia per costruire una rosa o per costruire un gioco.
Ora, dopo averci provato con Morata, proviamo a importare un altro “leader” (Walker). Con i giocatori inglesi, un po’ come tutta la Serie A, non siamo mai stati realmente fortunati, malgrado l’affetto per alcuni di loro (Wilkins, Hateley, Beckham). Però ci pare che i pochi giorni di mercato rimanenti dovranno ovviare non solo a carenze tattiche. Ma anche di intelligenza e carattere. E visto che noi di ComunqueMilan abbiamo questa sensazione, e siamo giusto degli stupidoni che seguono il Milan spendendoci soldi, ci illudiamo che chi si occupa del Milan per mestiere dovrebbe essere giunto alle stesse conclusioni. Esimi dirigenti, l’improvvisazione e il procedere per tentativi, lasciateli a noi. Voi fate quello che va fatto, e alla svelta, a meno che non siate anche voi di quelli a cui sotto sotto, sprofondare piace.
Grande commento Paolo, come sempre, ma tu sai meglio di me che il mercato si fermerà a Walker, che rispetto a Terraciano è un Upgrade.
Alle 21 del giorno dopo, il mercato si muove… O quanto meno, si agita.