Il Rosso & il Nero di Como-Milan 1-2

1) il ROSSO. Oye, Como va? Potrebbe andar meglio, ma come ammoniva il bucaniere Giussy Farina dopo un Milan-Como del 1985, “Bisognerebbe giocare bene e vincere. Se non si riesce a fare, bisognerebbe vincere”. Così, con buona pace degli amici che ci suonano da tempo la loro vibrante canzoncina sull’accontentarsi della mediocrità, noi di questi 3 punti ci accontentiamo, perché non sono così mediocri come vorrebbero i virtuosi delle marce funebri.

La verità è che una ciurma visibilmente stanca per partite a raffica e viaggi (chiedere a Reijnders e Fofana) o in cerca di una brillantezza perduta (domandare a Bennacer e Morata) ha fatto rotta verso il Lago vagheggiando una gita di piacere, ma via via ha notato che la barca faceva acqua. Ma proprio mentre pareva che stesse per affondare, e dopo aver perso un albero maestro come Pulisic, ha scoperto che il suo ciondolante nocchiero e il suo distratto nostromo erano comunque in grado di tenerla a galla e raddrizzarla.

Le ultime partite del Como suggerivano una certa cautela contro una squadra ben riposata, in cerca di visibilità, e soprattutto di una vittima illustre con cui accreditarsi tra le celebrities. Purtroppo per le nostre coronarie il Milan non ha cercato la via della concretezza quando avrebbe potuto, nelle prime fasi, durante le quali già Leao appariva in buona vena – e col permesso del tri-cervelluto Cassano, passava buoni palloni a EmersonRoyal, poi Fofana, poi Reijnders, ottenendone tiri carciofati, caratterizzati da quella superficialità con cui gli haters bollano il nostro n.10.

Dopo aver perso gradualmente consistenza nella seconda parte del primo tempo, con un Como che prendeva fiducia al contrario dei nostri, anche a causa dei cartellini gialli (non tutti spiegabili dalla scienza) e dell’infortunio a Pulisic, iniziava un visibile processo di liquefazione a centrocampo, al quale le sostituzioni di Conceicao non ponevano rimedio. Così, dopo il gol di Diao, pochi ottimisti avrebbero scommesso sulla resurrezione rossonera.

Invece, proprio a metà del secondo tempo il duo del coolingbreak ribaltava la partita: TheoHernandez con un sinistro tra lo svagato e lo swag, che uccellava il malcapitato Butez, destinato a capitolare ancora 5 minuti dopo per un elegantissimo “colpo sotto” di Leao, lanciato verso la porta (tu guarda) da Tammy Abraham.

A quel punto il Milan aveva 20 minuti per andare di nuovo in confusione, ma – sia lode agli déi – finalmente consapevole di essersi miracolosamente aggrappato all’ultimo treno in corsa per il mitologico quarto posto, non sbrodolava in nefandezze difensive come in altre occasioni. E di questo bisogna ringraziare un Como che aveva già prenotato per la cena a Villa d’Este, ma anche un altro degli imputati di Milan-Cagliari, Mike Maignan, che con un riflesso gattesco ci evitava le fanfare sul RimpiantoMilan Cutrone. E così la barca torna a casa con il bottino dei 3 punti, la terza vittoria su quattro per il nuovo ammiraglio portoghese, e un inaspettato souvenir: il premio come migliore in campo a EmersonRoyal.

Cosa possiamo dire? Finché la barca va, lasciala andare?

Beh…

2) il NERO. Questa terza rimonta di Conceicao ci ha riportato un po’ alla prima, quella contro la Juventus: il Milan ha ribaltato il match quando sembrava morto. È una nostra nuova qualità di filibustieri, fingerci morti? Ehi, ci riesce benissimo. Tanto che non tutti sono convinti che sia un male, aver subito qualche perdita: la squalifica di Morata, e – speriamo di no – la probabile indisponibilità di Pulisic per il nuovo immediato confronto con i ThiagoMotters. Perché se questa squadra dà il meglio quando sta per affondare, di sicuro per la prossima partita si è portata avanti. È una considerazione ovviamente sbruffona, per coprire le falle nello scafo rossonero, e la condizione fisica e psichica sempre sottostandard dei nostri giocatori, sia quelli dotati di bussola per orientarsi in campo che quelli che remano in tondo.

Ma le falle restano.

Però il modo in cui la banda di sbandati non ha sbandato nel finale è un piccolo incoraggiante motivo per sperare che con addirittura quattro giorni per preparare uno scontro con una rivale diretta, i marinai capiscano che stare semplicemente a galla, non basta. E tanto per condurre in porto questa metafora, che le nostre pastiglie per il mal di mare non sono infinite.

Non sarà facile, perché gli uomini sono contati. Anche perché mentre anche un Como prende giocatori a spron battuto, noi sembriamo sempre incagliati. E ci saremmo un pochino rotti gli scoglioni.

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