C’è da dire che me l’hanno sempre detto. Eccedo sempre in teatralità. Però non so voi, ma io, nella sventura, preferisco l’apocalisse. Insomma, cadere ma cadere male, senza se e senza ma, un disastro che ti permetta di elaborare il lutto a casa in silenzio, oppure smadonnando con i tuoi compagni di fede. Invece i complimenti, le pacche sulle spalle, i “eh, ma meritavate” a me fanno rodere il culo.
Perché c’è una spiegazione per il fatto che in tre partite fatte bene, due le hai perse e un l’hai vinta. E non è la sfiga, ma la qualità. Hai perso con quelle forti, hai vinto con quelli più scarsi di te. Perché puoi avere un giocatore universale che si inserisce, fa movimento, a centrocampo raddoppia, ma se poi non la butta dentro manco con la fionda, non ti serve a niente.
…Andreino.
Passi che non la metti al derby da sei metri. Passi che la incocci contro l’Atletico e quello là fa il miracolo. Ma anche ieri sera: non è possibile che non segni. Mai.
E poi. Puoi avere una difesa di gente attenta, concentrata e umile, ma se si perde nei momenti essenziali finisce che regali due gol decisivi, come quello di Diego Costa contro l’Atletico e quello di Llorente ieri sera. Gol letteralmente inventati, nati da errori, cazzate nostre, situazioni che fino a un secondo prima non esistevano e che abbiamo gentilmente servito noi su un piatto d’argento.
Ora non so voi, ma io voglio gente capace, gente che fa la differenza, gente che magari fa una cosa sola, ma che ti cambia la partita. E per averla, ci vogliono i soldi. Non insisterò mai abbastanza su questo tasto. Tanto, per quel che serve. Amici, noi rischiamo di finire come squadre – non me ne vogliano i rispettivi tifosi che per altro mi stanno tanto ma tanto simpatici – che definirei ‘aspirazionali’ come la Roma, la Viola e il Napule (che peraltro in questo momento, sono comunque nettamente più forti di noi). ‘Aspirazionali’ perché sono club che vincono scudetti con la frequenza delle Guerre Puniche. Mi ricordo che in “Ultra” (non ditemi che non l’avete visto) c’era uno che faceva vedere ad Amendola il tatuaggio con i due scudi conquistati nel 1943 e nel 1983 della Rometta e Claudietto nostro gli rispondeva: “seh, tanto quanno arriva er terzo”. Ecco, noi rischiamo di finire così, in po’ come l’Inter degli anni 90, in cui si piazzavano settimi, prendevano Manicone e Desideri e si sentivano pronti per l’anno dopo mentre noi c’avevamo Savicevic e Papin.
Tra l’altro l’anno prossimo, vi ricordo, dovremmo già cacciare così sull’unghia sette milioni per Rami e sette per Taarabt, più sei per Poli. Insieme fanno 20 milioni tondi tondi, cioè più di quello che abbiamo speso l’anno scorso. E questo per confermare questa squadra, non per migliorarla. Per ripartire così come siamo adesso. Rendetevene conto.
Anche se ci manca un centrale, un terzino sinistro, un uomo a centrocampo, uno davanti. Un portiere.
Su questa squadra bisogna investire, e tanto pure. E oltretutto senza avere l’introito della qualificazione Champions League (e del resto quello dell’ultima stagione dove l’hanno messo? Non certo nel mercato, visto che i soldi per Matri sono arrivati dalla cessione -benedetta – di Boateng). Chi ce li metterà? Ho qualche legittimo dubbio sull’attuale presidenza. Però gestire un club ad alti livelli in Italia e, teoricamente, in Europa significa questo. Investire, programmare, pianificare. Un’altra stagione come questa, con questa mancanza totale di prospettiva e ambizione, non è più accettabile.
E poi Clarence. Ti si deve dare atto che qualcosa di buono stai facendo. Niente da dire. Però si è visto cosa significa avere il Pazzo in campo. Per favore, per l’ammordiddio, non metterlo PIU’ in panca. Da’ profondità, non lascia riferimenti ai centrali, porta via l’uomo, fa a sportellate. Insomma, se non lui, chi? Balo da solo?
E poi. A tutti è sfuggita la logica dei cambi: passi l’uscita di Poli traumatizzato. Ma levare Montolivo e Taarabt, forse i due migliori ieri sera, per due incomprensibili come Honda e Robinho non è stata una mossa che avrebbe reso onore a Von Clausewitz.
Tutto questo lo pensavo mentre mi stavo rotolando sui gradini del secondo verde dopo che Poli aveva sparato alle stelle l’ennesima occasione dopo una mega parata di Buffon su girata di Kakà. Attorno a me, sopra, di lato e anche sotto, flottiglie di gobbi.
Ecco, ad esempio, io non sono mai riuscito a capire perché protestanti e cattolici si siano sempre scannati in Irlanda del Nord. Voglio dire, mi sono sempre detto: a vederli da qua sono praticamente uguali. La prossima volta devo pensare a come mi rapporto ai gobbi. Davvero, neanche scavando nella mia atavica acrimonia per i nostri nemici storici riesco a trovare uno disprezzo simile. Non avete una città. Siete il frutto di un’immensa provincia senza radici e identità. Con le vostre maglie taroccate e i vostri accenti incomprensibili. Vi vedo lì che saltate tutti contenti cantando “La giuve, la giuve”. E poi ripenso a come vi vedevo piangere nella metro di Manchester.
Non mi basta, nemmeno per questa sera, ma male non fa mai ricordarselo.
Anzi, ricordarglielo. Quante stelle avete? Ah, sì, tre. E quanto fa tre per due? Sei. Non ci sei ancora vicino. Ne manca ancora una. Mi spiace.
lo schifo immenso che provo per i gobbi ( l’odio lo tengo tutto per i cugini piagnoni e sfigati, rosiconi e bauscia ) sta tutto nel coro che ho sentito anche domenica, una tifoseria di Torino che si vanta di essere di milano non può essere degna di rispetto, mi fate schifo. potrete vincere tutti gli scudetti del mondo e attaccarvi le vostre stelle dove cazzo volete, ma Manchester è ancora li impressa nella mente insieme alle vostre lacrime. gne gne gne.
Si, schifo. Anch’io. Non odio. Nonostante il mio angolino di cuore granata e il mio già citato matrimonio a Superga, non riesco ad odiare la Giuve più delle merde . Provo, anzi una piccola forma di rispetto per la squadra, per la sua storia (seppur costellata di ruberie scandalose…io gli anni ’70 me li ricordo! ) e perché la ritengo la sola ed unica vera rivale del Milan, nella storia del calcio italiano. Ma i suoi tifosi no. Un’accozzaglia del peggio che il Paese può proporre. La Provincia italiana, tutta, dalle Alpi a Pantelleria, senza una propria storia, una propria dignità , una propria tradizione . Salvo pochissimi casi di snobbismo, la Torino d.o.c., la sua anima popolare, quella davvero autoctona li vomita: squadra e tifosi mandari ….sono davvero tra i più brutti e più tamarri ….ma quelli che sopporto ancora meno sono quelli emigrati all’estero, che riempiono il settore ospiti negli stadi europei . La squadra più titolata ( in Italia…) e piu tifata, ma paradossalmente una squadra apolide, senza patria, senza radici….una tifoseria insulsa. Che anch’io ho visto piangere a Manchester con particolare felicità’ . Perché in Europa , e nel mondo, nella storia del calcio esiste solo il Milan. La squadra di Milano.