1 Dicembre 2015
Permettetemi il verboso excursus personale. C’è stato un periodo radioso in cui lavoravo per All Music, in pratica l’edizione sfigata di MTV. Loro ci schifavano come dei pezzenti- cosa che effettivamente eravamo – noi li consideravamo come dei mezzi froci e li incontravamo regolarmente alle presentazioni dei dischi, dove li brutalizzavamo e gli rubavamo le birrette e il catering. Beh insomma, una volta la mia lungimirante dirigenza di rete riuscì a strappare alla concorrenza glitterata il live in studio di uno dei cantanti più amati della musica italiana, di cui adesso non farò il nome per non coprirmi di vergogna, ma effettivamente risulta fra quelli grossi che riempie gli stadi di gente che fa ale-ò-ò con gli accendini. Grande soddisfazione in tutti, grande tensione e aspettativa da parte dei nostri capoccia (dei poveracci pure loro, alla fine). Passano le settimane finché arriva la sera, sono tutti entusiasti, carichi di adrenalina e voglia di fare bene.
Io, distrutto.
Faccio il mio, sono freddamente professionale, briffo e controllo scalette, ma segretamente nel cuore ho la morte dentro. Lavoro, ma come condizione sine qua non pretendo di avere un monitor a lato dello studio.
C’era qualcosa che avevo segnato sul calendario, una serata che avevo aspettato trepidante per mesi e questi fottuti nerd l’avevano fatta saltare per uno stupido concerto di un bolso cantautore nazionale. Mi ero giocato Milan-Ancona, ottavi di Coppa Italia.
Perché a vedere le Scempions o i derby sono bravi tutti. Ad essere abbonati anche. Il vero salto di qualità lo si faceva con la Coppa Italia, soprattutto nei primi turni, in inverno, in notturna, un freddo glaciale, poca gente, livello di anarchia totale. La Coppa Italia voleva dire consumi alcoolici proibitivi, torce accese e lanciate a caso durante i 90 minuti, tifo senza tregua per partite che manco vedevamo. Tanto che alla fine non mi ricordo quasi nulla, tolto il 3 a 2 in rimonta contro la Doria con goal di Kluivert all’ultimo minuto e sempre lo stesso anno il 5 a 0 nel derby, con gol di Ganz appena arrivato e rete di Nielsen, un norvegese che il giorno dopo deve essere caduto in un buco spazio temporale perché è scomparso dalla grazia di Dio.
Cioè no. Mi ricordo anche i blu che ci entrano in curva a lato Fossa in un derby di ritorno, con conseguente guerra civile per cacciarli, e qualche anno prima la finale di andata con la Lazie, con i loro che escono dal settore e noi dietro alla Nord che li facciamo tornare dentro, con un grandissimo Ciko a spingere i nostri e io che pensavo ‘wow che rockstar, cazzo’.
Insomma, è sempre quella roba lì, anche se adesso mi ritrovo eccezionalmente fra i pensionati nel Primo Arancio con attorno 5000 mila crotonesi ululanti, che di venire a S.Siro lo sognavano da una vita. Tenerezza.
Ovviamente la Coppa Italia significa anche figure di merda. Infatti, regolare, Sinisa mette in campo 11 cristiani che probabilmente si sono incontrati al massimo sotto le docce a Milanello e che forse manco si conoscono per nome. Ma bravo, del resto con un calendario europeo così fitto facciamo bene a schifare l’unica competizione che potremmo anche vincere.
Quindi senza consumi alcoolici proibitivi senza anarchia, senza torce, rimane solo lo schifo di 90 minuti imbarazzanti con la gradita aggiunta di altri 30 nel gelo siberiano del Dicembre milanese.
Ma cosa conta questa partita alla fine? Pochino. Conta molto di più quella coi ciclisti.
Che poi occhei, detesto dirlo, ma capita di aver ragione. Ora, non mi ricordo esattamente le parole ( e del resto non posso nemmeno passarne due a scandagliare qualche giga di foto) ma ricordo che una volta abbiamo messo fuori uno striscione che diceva più o meno ‘Sarebbe meglio assumersi le proprie responsabilità invece di nascondersi dietro ad un mare di ‘l’avevo detto’.
All’epoca mi sa che ce la pigliavamo con il Berlusca, ma c’è da dire che è quanto mai attuale, anche se il ‘l’avevo detto’ in questo caso arriva da me e – presumo – dall’intero popolo rossonero.
Perché Sinisa, da quanto lo dicevamo che magari era il caso giocare con due punte? Quanto ti ci è voluto per capire che mettere qualcuno a fianco di quel’anima in pena di Bacca aveva un senso? Forse era necessaria l’immonda figura a Torino, dove ci siamo schierati tipo linea Maginot contro i gobbi più scarsi degli ultimi cinque anni, che andando per giunta a due all’ora sono pure riusciti a trovare il gollettino d’inerzia. Non so voi, ma perdere in quel modo inevitabile, noioso e scontato mi ha ridotto a passare il resto del mio sconfortante sabato sera seduto al bancone di un pub in totale silenzio, fissando sconsolato un monitor dove due energumene si prendevano a manate in un torneo Oktagon da qualche parte in Russia. In pratica, una sorta di versione 2.0 di Nighthakws di Edward Hopper.
Ora: è vero, i Doria erano veramente al minimo storico. Però domenica sera andiamo a Carpi, anzi andiamo a Modena a casa del mio amico ed eterno leone Luca, per affrontare un ex insidioso come Zaccardo. Non fateci ricredere subito.
Che di dire ‘L’avevo detto’ ci saremmo anche stancati.