28 Ottobre 2015
Occhei, facciamola breve. Farò come un cartone, sarò sintetico, come diceva Jack la Furia (sentite, citare Eluard e Rimbaud non ha di certo migliorato la mia vita affettiva e sessuale. E poi Jack è un vecchio cuore rossonero, con tanto di tatuaggio di MVB sul polpaccio tornito). Il problema vero è che il mio razzismo non mi fa leggere libri che parlano di calcio, perché altrimenti avrei valide alternative al solito Nick Horby quando scrive di provare un debole per i turni infrasettimanali del suo Arsenal in notturna sotto la pioggia.
Bello lui. Ma forse contro il mio West Ham, Nick, o nel derby contro il Tottenham perché trovarsi un mercoledì di fine Ottobre a San Siro sotto una specie di diluvio amazzonico, col cazzo che è esaltante. E’ deprimente, soprattutto se davanti hai quella specie di errore genetico che si chiama Chievo, una squadra talmente inutile da aver commutato colori, stemma e pure mezzo nome dall’Hellas, privandoti pure della soddisfazione atavica di sfogare il nostro legittimo odio verso Verona e i veronesi (che Iddio incenerisca loro e Giulietta – esclusi Jerry Calà e Umbertone Smaila, ovvio, che sono one of us).
Tu dici. Beh ci penseranno i ragazzi a rendere questa serata indimenticabile. Come no. Nel primo tempo sono successe meno cose interessanti delle volte che mi sono alzato per andare pisciare (cioè due. Che per le birre che ci siamo bevuti al Baretto mi sembra anche una media assolutamente dignitosa). L’unica cosa che ricordo è una fucilata di testa di uno con la maglia giallo canarino-esame delle urine, che per fortuna arriva in bocca a Donnarumma, che proprio non può esimersi dal prenderla. Per il resto, il vuoto assoluto. Bacca che vaga là davanti come un pastore errante dell’Asia, Bertolacci e Cerci che dopo i passi avanti contro il Sassuolo sembra che ne abbiano fatti mille indietro, Kucka che ti spieghi perché finora era sempre rimasto al Genoa e non se lo sia preso nessuno. Il concetto è: Sinisa, ma ancora con una punta sola dobbiamo giocare? Sarai anche più equilibrato e coperto così, ma chi ti deve attaccare? Sti qua che pressano come dei dannati e non ripartono manco? E metti un cazzo di attaccante, che io mi annoio. Anzi, sono dilaniato dalla noia come un surfer da uno squalo a Bondi Beach a Sydney a e atterrito dalla prospettiva di altri 45 minuti così.
E invece. Nella ripresa scende in campo il miglior Milan dell’anno. Lo so, suona ridicolo dirlo, ma così è. Assaltiamo l’inutilechievodimerda all’arma bianca trovando energie mentali e fisiche che evidentemente nel Primo Tempo avevano lasciato chiuse in qualche armadietto dello spogliatoio.
C’è da dire che a buttarla dentro facciamo una fatica immane.
Alla fine, vai che ti rivai, Bacca sfodera un assist al bacio e Antonelli si trasforma in Paul Newman ne ‘Lo Spaccone’ e di giustezza si inventa un triplo filotto imperiale con sponda che mi piace immaginare voluto, anche se il sospetto che abbia provato la trivela alla Quaresma è forte. Anyway. Gol.
Ovviamente ci aspettiamo subito l’arrocco medioevale, e il panico diffuso che serpeggia ogni qualvolta passiamo (inaspettatamente) in vantaggio.
Macché! Questa squadra capace quasi di farsi recuperare tre-gol-tre dall’Udinese spinge a tavoletta come Renè Arnoux ai tempi belli (non è morto vero? Io di F1 non ne so un cazzo, se non che ci lasciano le penne più piloti che non gli allenatori con Zamparini) e per un buon 20 minuti ci lanciamo in futebol bailado che nemmeno il Flamengo di Zico. Peccato che uno straripante Kucka, di cui tutti ci siamo chiesti com’è possibile sia rimasto tutto questo tempo al Genoa, riesca a mandarle fuori praticamente da ogni dove, compresa una di testa che era molto, ma molto, più difficile sbagliare che buttare dentro.
Ovviamente arriva lo sliding door della serata quando il neo-entrato Luigi Adriano conclude un’azione sparando da posizione impossibile, invece di andare a rifugiarsi verso la bandierina per rubare tempo prezioso, come il manuale del calcio insegna e io e tutti i miei amici bestemmianti chiedevamo a gran voce.
Rovesciamento di fronte, cross della disperazione, casino, delirio, palpitazioni, vediamo una palla entrare. Fortuna vuole che qualcuno abbia tirato un buffetto a Donny e l’arbitro in versione Telefono Azzurro abbia fischiato. Meno male, Gessùmaria.
Finisce. Pazzesco, ne abbiamo vinte due di fila. Doppiamente pazzesco, giocando persino bene (nella ripresa). Triplamente pazzesco, non abbiamo preso gol.
Roba da aspettarsi che nel cuore di San Siro, anche se sono le 23 di sera, spunti un bell’arcobaleno che mi indichi la via di casa.
Invece nulla.
Freddo, pioggia e buio. Ma sei punti in saccoccia. Oh buttali via. Di ‘sti tempi.