28 Ottobre 2012 Milan- Genoa 1-0
C’è un momento preciso che racconta meglio di ogni discorso il mood con cui il milanista medio sta vivendo questa scoppiettante stagione. E’ arrivato verso il 40’ del primo tempo, quando il nostro valente & sfrecciante terzino Luca Antonini è crollato a terra, implorando il cambio. Ora, seguite questo flashback: tutti abbiamo in mente il NOOOOO! collettivo che ha accompagnato la smorfia di dolore di Thiagone contro la Roma l’anno scorso. Vi ricordate? il nostro ex “futurocapitanoincedibilefaremounsacrificiopertrattenerlo” si agguanta la coscia, e noi all’unisono ci chiediamo perché quell’idiota in panchina l’ha fatto giocare per 120’ nell’utile partita di ritorno di Coppa Italia contro la gobba (perché?, ci chiediamo) (perché è un idiota!, ci rispondiamo).
Ecco, nessuno ieri ha fatto “no” *. Macché. Per la precisione lo stadio ha esultato, sfogando la propria frustrazione su uno che in fin dei conti di nulla si può accusare, non per l’impegno, non per la volontà, ma solo per l’indicibile scarsezza connaturata con cui veste la nostra gloriosa casacca. Che poi gli applausi sono durati un secondo, anche perché lesto a prendere il posto di Nini, mica c’era Maldera III, mica c’era Cafu, mica c’era che so, quel Luigi Sala che ha pure vinto lo scudo dello Zac e di Guly nel 1999. No, c’era Constant. No, dico Constant.
Che poi a suo modo Constant è stato anche lui simbolo della Zeitgeist milanista di quest’anno, quando saettante sulla fascia, ad un certo punto si è platealmente rivolto a Pato, che non tagliava, non si inseriva, non chiamava il passaggio, ma se ne stava fermo in mezzo a tre avversari come un cantoniere di un paese neutrale e gli ha fatto segno “fai qualcosa, cazzo”, prima di mandarlo a fanculo, puntare da solo verso il fondo per crossare.
Che poi, vogliamo parlare di Pato? Sembra Jack Nicholson in “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, ma dopo la lobotomia. Lo sguardo spento di un commesso dell’Oviesse sotto Natale, la forma fisica di chi è da un po’ che salta le partite di calcetto del mercoledì sera con i compagni del Politecnico. Fortuna che la gente gli vuole bene, come no, credici. Del resto lo tollera come si fa con un nipote degenere che si è mangiato la pensione della nonna alla macchinette del videopoker ma purtroppo non si può cacciare di casa. E tutto questo è successo solo nel primo tempo.
Chiaro che sembravano tutti foschi presagi dell’ennesimo sabato sera votato al martirio e in cui l’unico vero motivo d’interesse, per molti, fra cui il sottoscritto, era vedere come avrebbe reagito la curva di casa alla moderata presa di posizione della Nord interista contro il Partizan, che in reazione ad una serie di baruffe chiozzotte incomprensibili a quei più che poco sono avvezzi al mondo ultras, hanno esibito uno striscione di dimensione modeste (circa 30 metri) con scritto a caratteri rossoneri “Conigli di merda”.
Ora, non ci vuole un sociologo della scuola di Francoforte per capire che non si tratta esattamente di una mano tesa verso una pacifica coabitazione cittadina, ma anzi, lascia intuire interessantissimi sviluppi in vista del prossimo derby di ritorno. Che faranno i Sudisti? Faranno brutto? Minacceranno fuochi e fiamme? Niente di tutto ciò, se non incasellare un’altra perla ortografica: dopo aver infarcito striscioni di “bracci tesi” e “disorno” al posto di “disonorano” nel derby, ieri si sono superati scrivendo che Desirée è un piccolo “anglo” al posto di “angelo”. Delle due l’una: o Desirée faceva parte di una tribù germanica poi migrata in Britannia, oppure è l’ennesima impresa della curva.
Più o meno come l’impresa riuscita al nostro Davy Crockett, uno che è passato nel giro di due mesi da “interessante promessa” a “colonna insostituibile”: yes, ladies & gentleman, sto parlando del Faraone, che oltre a mettere dentro uno dei gol più facili della terra (ma ricordatevi che da lì Robihno almeno tre volte l’ha mandata alta), recupera, ritorna a coprire in difesa, fa ripartire l’azione, insomma, dimostra di aver voglia, CristodiunDio: di giocare a calcio, di combattere, di rompere la noia dilagante del tikitaka a due all’ora con cui giochiamo.
Per il resto non c’è molto altro da dire. Il Milan in questo momento e’ El Sharaawy. E tutto il popolo del Milan si stringe attorno a lui, come se non fosse nato a Savona ma in una grotta fra un bue e un asinello. Dipendiamo da un ragazzo che domenica ha compiuto vent’anni. E tutto questo è meraviglioso e, soprattutto, struggente.
Perché se ci pensate, niente è bello come la gioventù. Ma niente è più vicino alla vera essenza del dolore.
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* (…che poi Thiago non l’avremmo più rivisto. Ma non potevamo sapere che quella sarebbe stata la sua ultima partita con la maglia del Milan. Un po’ come quando ti lasci con una donna. Ci avete mai fatto caso? Quasi mai vi ricordate quand’è stata l’ultima volta in cui ci avete fatto l’amore. Beh, sempre se non sia successo nei 5 minuti immediatamente precedenti)