Big Takeover, cap. VII. Milan-Gobbi 0-2

L’illuminazione mi è venuta sabato sera mentre stavo guidando in smoking (giuro) e lo stereo della macchina pompava Don’t Stop Believin’ dei Journey. In pratica, come Gesù a San Paolo sulla via di Damasco, mi è apparso in cielo forte e chiaro il concetto di inadeguatezza.

Ripetete con me: Ina-de-gua-tez-za.

Essì, perché lo smoking era davvero tale (per quanto affittato), ma al posto di una Corvette stavo guidando la mia 500. Invece delle palme hollywoodiane mi flagellavano i lampioni di Via Palmanova. Accanto, sul sedile che avrebbe dovuto occupare una bionda mozzafiato, solo una bottiglia d’acqua per farmi scendere l’hangover da post Stadio.

Insomma, ho capito come ci si sente quando tu hai Di Vaio o Delvecchio e gli altri hanno Weah, quando ti presenti al derby con la coppia Ventola-Kallon e quegli stronzi dall’altra parte hanno Sheva e Inzaghi. Poi sputare sangue, puoi metterci tutto te stesso, ma alla fine la paghi. Ecco, il problema è che per una vita gli stronzi siamo stati noi. Eravamo quelli cui il Cigno danzava sopra (a volte letteralmente) i difensori, che il Genio li ischerzava e Kakà gli faceva fare la figura delle macchinine agli autoscontri alle Varesine prima di buttarla dentro. ERAVAMO quelli. Ora invece siamo gli altri. Quelli che manca tanto così, quelli che”‘Eh però la sfiga”. Quelli che la buttano sulla traversa da cinque metri. Poi invece arriva uno stronzo, gli lasci qualche centimetro e si inventa due gol. Perché quello stronzo è un fuoriclasse. E tu non ce l’hai. Ciao, tutti a casa. Sigla.

Ora, sono anni che le cose stanno così. Chi dice di no. La differenza è che a furia di schiaffi eravamo ormai consci della nostra scarsezza. Anzi, ne eravamo quasi gagliardamente affascinati. Ci siamo innamorati di fabbri come Paletta, di onesti mestieranti come Kucka (quanto ci manchi, Kuco) e di ragazzoni come Lapadula. Affrontavamo squadre molto più attrezzate di noi con un centrocampo ye-yè Sosa-Kucka-Loca, spavaldi e incoscienti (e spesso inguardabili). Eravamo tignosi e fastidiosi. Magari perdevamo pure, ma ti facevamo impazzire prima.

Poi questa estate la Grande Speranza. Ora, va bene tutto, ma com’è possibile che Biglia sia diventato quella cosa che sabato vagava errabonda per il campo a due all’ora? Cos’è successo a Kessiè, che in confronto Muntari passa per Rijkaard? Cioè passi la difficoltà di ambientamento, passi che non puoi imbroccarli tutti, ma non è possibile che il miglior acquisto, e di gran lunga, sia Borini, che l’altra sera ha anche piazzato due palle facili facili che bastava solo soffiarci sopra.

Ma soprattutto: e adesso?

Opzione bicchiere mezzo pieno. Ad una certa la ruota gira, iniziano a vincerne due-tre di fila (lasciate stare che fra poco andiamo a casa dei Pulcinellas), prendiamo entusiasmo. Bonucci torna ad essere Beckenbauer, Kalinic il nuovo Cobra Tovalieri e Biglia a dipingere calcio surrealista come Magritte. Dopo la Primavera araba arriva quella rossonera, crollano due-tre a scelta fra Lazio Roma e Merde, e noi arriviamo quarti fra il tripudio del pueblo rossonero. Nel mercato estivo siamo di nuovo pieni di soldi.

Difficile, eh?

Opzione bicchiere mezzo vuoto. La ruota non gira. Vivacchiamo. Perdiamo con le grosse, facciamo punticini con le mediocri. Montella salta, al suo posto viene uno con l’aria da “Ehi, non pigliatevela con me”. Spuntano fuori dossier che certificano che Mr. Li ha debiti pure con il Vaticano, la Yakuza e della gente che fa brutto in Barona. Arriviamo fra il sesto (se va bene) e il decimo posto. A quel punto che succede? L’opzione ButtiamoUnaVagonataDiSoldi ce la siamo già giocata. Quindi? Ci vendono? Se ne vanno via i big (che poi quali sarebbero? Gigio? Suso? Bonniebonerabonucci?)? Colpo di scena? Insomma, un mistero. E il bello, vale la pena dirselo, è che è pure lo scenario più probabile.

Io nel frattempo opto per la pinta. Vuota. Nel senso che, mentre me ne scolavo la terza prima di salire perché gli altri mi cagavano il cazzo, preoccupati di possibile file agli ingressi (5 minuti contati), guardavo la gente intorno allo stadio. Non quei subumani deformi dei gobbi, gente che veramente ha il decimo della dignità di qualsiasi tifoseria avversaria passata per San Siro. Ma questi ragazzi di diciotto, venti anni, figli delle periferie, dei palazzi, che fondamentalmente hanno visto solo brutto calcio e un Milan disastroso. Guardavo la gente come me che ha i ricordi negli occhi, ma ha ancora quella cosa che gli brucia dentro quando, appena salite le scale, si apre il campo verde.

Lo stadio pieno, la fame, l’orgoglio. Che cazzo, mica chiedevamo lo scudo, solo un quarto posto, un po’ di emozioni, qualche vittoria per crogiolarsi di autocompiacimento. E invece nulla. Che poi basterebbe davvero niente per riempire ancora il Tempio, per portare migliaia di persone in giro a seguito del Diavolo.

Solo che quel niente sembra inaccessibile, lontano anni luce.

Perso nello spazio temporale che unisce Milanello e San Siro.

Una risposta a “Big Takeover, cap. VII. Milan-Gobbi 0-2”

  1. Sempre bello leggerti e condividere la stessa passione, le stesse emozioni, le stesse (purtroppo) delusioni.
    Grazie, forza Milan sempre e comunque.

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