A Love Supreme – Episodio XVI: Milan-Bologna 2-1

Uh ragazzi che fatica. Nella categoria dei lavori usuranti dovrebbero mettere pure
l’essere milanista. Non che mi aspettassi una passeggiata di salute, certo, ma così si
esagera. Del resto lunedì è stato uno dei rari casi in cui hai la percezione che tutto sta
irrimediabilmente per andare a puttane, cosa per altro avvenuta con una regolarità
angosciante in questi ultimi schifosissimi mesi, e invece tutto si ferma un secondo
prima di finire nel burrone con gli squali che ti aspettano di sotto con coltello e
forchetta.
Prima Rodriguez cicca totalmente un intervento lasciando libero uno dei loro davanti a Gigio. Miracolo, palla in angolo. Poi ce la mettono davvero. Invece no, fuorigioco manco rivisto dalla Var. Salvi ancora. Insomma il Bologna gioca con la leggerezza di chi era quasi retrocesso poche giornate fa e adesso è praticamente salvo. In mezzo giganteggia (…) Poli in versione lungocrinita, testimonianza vivente- povero Andreino, mi perdonerà- di un periodo della nostra gloriosa storia pure più imbarazzante di questo. E ce ne vuole eh.

Stiamo sbandando come su un traghetto della Tirrenia al largo di Porto Torres quando dal nulla Suso esce dalla Tomba di Ramsete III in cui è stato rinchiuso negli ultimi mesi e la piazza di giustezza. Gol. San Siro bello pieno di 50mila malati mentali affetti da evidenti tendenze BDSM esulta e si sfrega gli occhi. Non mi dire che stiamo vincendo. Eccome. Nel secondo tempo va pure meglio, quelli là non hanno granché voglia di pareggiare, addirittura arriva il corroborante 2-0 di Borinalhdo che dovrebbe incanalare la partita verso i paciosi canonici 20 minuti finali. E invece Zapatone cicca un intervento su un campanile. Ne nasce un corner inutile. Sbagliamo il fuorigioco e Destro, uno che da promessa della Nazionale Italiana con tutto il rispetto da anni è finito a fare la panca al Bologna, ci gela il cuore. 2-1. Cazzo. Poco dopo, il fattaccio.
Paquetà viene massacrato e pure ammonito. Si incazza. Rosso. Siamo in dieci con un bel quarto d’ora abbondante da giocare. Terrore puro. I ragazzi mettono in campo tutto quello che hanno e anche di più. Commovente, non ci sono altre parole Abate, Musacchio spazza qualsiasi pallone gli capiti nelle vicinanze, Kessiè la prende sul personale da solo fa a sportellate con tutti per gli ultimi minuti, pure Piatek si mette il coltello fra i denti e fa lo stopper aggiunto. Borini finisce con il sangue al naso. Alla fine ce la facciamo. Siamo incerottati, espulsi, ammoniti, e pure ammutinati, con Baka ormai oggetto estraneo. A Firenze Rino dovrà probabilmente chiamare un suo parente per arrivare a 11, ma siamo ancora vivi, fanculo a tutti.

Uscendo di casa per andare al baretto ho dato un occhio al calendario: Milan Bologna, 6 Maggio, come 40 anni fa.
Io quel giorno non c’ero. Ricordo solo che mio padre, con la tempra che avevano i genitori italiani negli anni 70, abituati com’erano a destreggiarsi fra inflazione, posti di blocco e agguati delle BR sotto casa, mi ha detto ‘oggi mangiamo davanti’ alla TV, infrangendo un tabù secolare e vietatissimo.
Considerato l’ora doveva essere Domenica Sprint, non mi ricordo. Con l’innocenza dei miei 6 anni non potevo certo sapere che quel momento lo stava aspettando da quel pomeriggio di giorno da cani del 1973, in cui una squadra sfinita dalla Finale (vinta) di Coppa delle Coppe era stata costretta a giocare praticamente subito dopo, crollando su se stessa. Non sapevo che l’ultimo scudo era lontano ben 11 anni, di tutte quelle volte negli anni 70 in cui i gobbi maiali schifosi ci avevano derubato tramite i loro amici mafiosi con il fischietto in bocca. Che due anni prima c’eravamo salvati dalla B praticamente affidandoci al solo Gianni Rivera, di cui mio padre parlava tradendo una venerazione messianica. Vedevo le maglie con le righine strette rossonere, le bandiere, le immagini del Giuan che in mezzo al campo col microfono in mano pvegava il pubblico di libevave la pavte bassa del Secondo Anello (e Fossa e Brigate lo facevano per davvero, a colpi di schiaffoni). Sapevo solo che avevamo vinto la Stella, finalmente.
E che a casa nostra si era milanisti, si nasceva milanisti, si cresceva milanisti.
Nel 1979 come nel 2019. Punto.

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