Avete Netflix vero? Potreste vederlo al posto delle partite del Milan ahahha. (Scherzo stronzi eh. Peste lo colga a chi adesso abbandona la scialuppa. Che già sabato vedevo gente che sbuffando andava via a cinque dalla fine piu’ recupero. Ma come si fa dico io, vi meritate Laxalt). Insomma, dicevo Netflix. C’è questa serie che già il titolo fa sognare: ‘Sunderland ‘Til I Die’. Ammetto che me l’ha consigliata un mio caro conoscente barbuto ahimè di fede avversa, ma tant’è. In pratica qualche sera fa ero a casa di una mia amica – diciamo così. Si era fatta quell’ora in cui chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato e te ne vai anche a letto. Che fai vieni? Sbadiglio. Un attimo, che guardo una cosa un momento. Non l’avessi mai fatto. In due giorni mi sono sparato otto puntate otto.
In pratica siamo a Settembre del 2017: il Sunderland è appena stato retrocesso dalla Premier, il proprietario ha deciso di vendere e per questo ha chiuso i cordoni della borsa (ehi, questo mi sa di averlo già visto da qualche parte), il club ha ceduto tutte le sue star fra cui forse la più luminosa, cioè Fabione Borini (ahahaaha) e riparte dalla Championship con l’ambizione di tornare subito nella categoria superiore.
Ci si mette poco però a capire che le cose non andranno esattamente così, la squadra è scarsa, mediocre, i nuovi acquisti sono sbagliati, il cambio di allenatore non aiuta, le sconfitte arrivano una dopo l’altra. Ma il bello della serie è che non ti fa vedere solo quel che combinano i giocatori in campo (cioè poco), ma anche la disperazione dei tifosi, di chi lavora al club, della cuoca che cucina in mensa e piange dopo ogni partita andata male, del taxista abbonato da una vita, di una città che s’identifica e soffre per la sua squadra. Nel silenzio della notte sul divano mi disperavo per ogni occasione mancata, per ogni palo preso, per la classifica sempre più critica, fino all’inevitabile e devastante finale, che non vi svelo, ma insomma, per scoprirlo basta vedere quest’anno il Sunderland dove gioca. Mi identificavo in loro e pensavo: sì ma che sfiga che c’hanno questi qua Madonna Santa, non gliene va bene una .
E poi sabato sera l’illuminazione: cosa succede quando la TUA squadra diventa come il Sunderland? Giochi con il Toro, potresti volare quasi vicino al terzo posto. Finisce 0 a 0. Vabbè ci sta. Loro hanno giocato bene e alla fine hai avuto solo un’occasione. Vai ad Atene, basta un pareggio, macché, persino una sconfitta con un gol di scarto per passare il turno. Ne prendi tre che nemmeno sai tu come, e vieni sbattuto fuori nel modo più idiota dai tempi del Rosenborg. Vai a Bologna, contro una squadra che faticherebbe ad arrivare a metà classifica. In B però. Un altro 0 a 0. Giochi male senza idee, senza grinta, senza nulla. Arrivi a giocarti con la Viola il quarto posto, che la Lazie ha vinto. Al baretto i miei mi dicono: oggi è importante, dobbiamo vincerla. Eh ma sono tutte importanti amici belli, bastasse dire “Oggi dobbiamo vincerla” per portare a casa i tre punti, saremmo già al posto dei criminali con la maglia a righine bianconere.
La sera prima eravamo in Piero della Francesca a fare la Cena di Natale da Pietro Paolo. Ero lì che addentavo voluttuosamente pane carasau quando lui ci fa: ma domani con chi giochiamo. E che ne so io, dimmelo tu Pietropaolo, che con la metà del tuo intuito sotto porta li avremmo mandati a casa con due pere sul groppone questi fabbri indegni, che non hanno fatto altro che pestare impunemente per 90 minuti. E invece.
Nonostante le premesse tiriamo fuori un buon primo tempo, anche se di metterla dentro non se ne parla proprio. La ripresa uguale, finché lo spirito del Sunderland scende su San Siro: un’insospettabilmente diligente Jose Mauri esce per crampi e Calabria si mette a fare il centrocampista (povero ragazzo, un giorno lo metteranno pure a potare le siepi a Milanello), l’inguardabile Castillejo lascia il posto ad un Laxalt semplicemente impresentabile. Sarà un caso, ma spariamo dal campo, passano pochi minuti e Chiesa fa quello che da circa un anno Calha proprio si è dimenticato, cioè salta di netto un uomo e spara in porta l’unico tiro uno della Viola in tutta la partita. Su di noi scende il gelo siderale di mille inverni nucleari. Ci sarebbe tempo per recuperarla, ma la sensazione è che l’inerzia sia quella che ti fa precipitare verso un burrone. E infatti. 0-1 e tutti a casa. Due punti in tre partite. Zero gol fatti in 270 minuti.
E’ colpa di Higua che se ne vuole già andare. E’ colpa di Rino che non fa giocare Montolivo (questa, a livello di complottismo, batte persino i terrapiattisti), è colpa di Leo che ha fatto un mercato penoso. E’ sicuramente anche colpa di quel maiale con il fischietto, che lascia i loro fare macelleria messicana, ammonendo per beffa Roma per proteste. Tutti contro tutti, con la gioia di chi non vedeva l’ora di rivederci in difficoltà.
Beh, come diceva Bluto Blutarsky in Animal House, è forse finita quando i tedeschi hanno bombardato Pearl Harbour? Per me no amici. Il quarto posto è lì, ad un soffio, Gennaio e’ vicino, qualcosa il mercato porterà, qualcuno degli infortunati resusciterà come Lazzaro. Dicembre del resto è sempre stato un mese amaro, pensate all’anno scorso, con la doppietta della sciagura pareggio a Benevento con gol del portiere-disfatta a Verona. Teniamo duro, che prima o poi risorgerà il sole rossonero dell’avvenire.
Nel frattempo però, Sunderland esci da questo corpo!
Caro Conte, tutto bene, a parte che Pearl Harbour l’hanno bombardata i nipponici
(è una citazione, da un film che molti hanno visto)