(di Max Bondino)
BENVENUTI ALL’IDIOTEQUE!
Thinking is overrated. Dancing in disastro is divine.
Qui non si ragiona: si reagisce, si barcolla, si sbaglia con eleganza. La logica resta fuori, inutilmente in fila, senza documento. Dentro, solo caos selezionato, errori a rotazione, incoerenza da pista piena. Il DJ, se esiste, non ha la minima idea di cosa stia facendo – e lo fa da Dio. Le tracce si spezzano, ripartono, si accavallano. I beat sono storti, il tempo irregolare, ma nessuno si ferma: chi cade, balla meglio. Qui, il futuro è vietato. Non si prevede, non si pianifica. Si vive nel breakdown, si brinda all’ennesima scelta sbagliata, si applaude chi fa autogol col sorriso. La realtà è un effetto luce: si accende, si spegne, cambia colore. A volte è fuorigioco, altre è fuoco d’artificio. L’unica regola è godersela. Entra chi non capisce, chi non ha certezze, chi rincorre il tempo invece di domarlo. Uscire è difficile. Capire è inutile. Restare, ballare, perdere il filo? Praticamente obbligatorio.
“Here I’m alive, everything all of the time”
Non arrivo mai in ritardo nel mio club preferito ma questa volta era complicato evitarlo. Alle 19:08 mi trovavo a 110 km da San Siro. Quaranta minuti dopo, il cicalio del telepass di Milano barriera, mi diceva a modo suo: “Alboreto is nothing!”
Metro, gate e rampe mi rubano i primi cinque minuti del match ma al sesto, il verde del prato sorge dal grigio del cemento, allungo il collo nell’attimo in cui Musah dimentica l’uso primario della palla, Gudmunsson entra in area, appoggia in mezzo e Thiaw, in scivolata, celebra la settimana del design portando l’autogoal verso nuove forme artistiche. L’affanno limita la mia abituale blasfemia, vado verso i gradini, raggiungo il mio posto, quando mi siedo, Mandragora disegna un arcobaleno per Dodo che dalla destra rimette in mezzo al volo per Kean: 0-2. Qualcuno ha un free drink?
“Ice age coming, ice age coming”
Nella prima serata davvero primaverile della stagione, evidenziata dal numero esponenziale di panze e capezzoli villosi esposti in curva, una nuova originalissima era glaciale rossonera cristallizza anche la dignità, visto che sogni e speranze li abbiamo messi in freezer per conto nostro, già da un po’. Minuto 20. Gudmunsson, servito da un’allegoria fra Walker e Tomori calcia benissimo dal limite, Mike compie la prima di una serie di parate sempre più incredibili. Ma ancora una volta, dopo venti minuti da chiamare i servizi sociali, l’AC Milan ci destabilizza, mostrandoci che sotto tutta l’approssimazione, la svogliatezza, il disordine tecnico e societario ci sono giocatori che potrebbero fare ciò che vogliono in questa Serie A. Abraham riceve sulla trequarti, salta in scioltezza due avversari, scambia dal limite con Pulisic che gli restituisce in area un pallone luccicante, tiro di prima e si torna in partita.
“We’re not scaremongering / This is really happening”
Subito dopo il goal, Conceicao decide di farci un regalo dando l’ennesima picconata alla carriera di Yunus Musah (talmente inadeguato che forse, anche nel Milan di Capitan Montolivo sarebbe stato oggetto di scherno). Evidentemente, essere un bravo ragazzo, educato, è quanto basta per venire schierato sempre titolare. Non sappiamo darci altre spiegazioni. Le sue “sostituzioni della disperazione” dopo venti minuti iniziano ad essere un unicum del calcio mondiale. Entra Luka Jovic, inizialmente schierato nel ruolo di “mezzo-Morata”, giusto per evidenziare le idee tattiche cristalline del mister. Fortunatamente, Luka, deciderà di far come gli pare.
All’IDIOTEQUE in San Siro non c’è security, crediamo nell’autogestione delle risse. Così, al 40esimo, vediamo Theo Hernandez fare brutto con Dodo nell’antica arte dello “scemo-cretino-ti-meno” in un angolo buio del locale mentre la Fiorentina gli passa accanto, andando vicinissima al terzo goal. Lo segnerà un minuto dopo, con Ranieri, con un colpo da fuori oggettivamente strepitoso, fortunatamente annullato per un fallo precedente su Pulisic.
“Let me hear both sides”
Anche la ripresa, qui all’IDIOTEQUE, si basa sui nostri principi fondamentali… il caos, l’improvvisazione, la completa negazione del “gioco ragionato”. Se al 50esimo Mike fa un miracolo sul tiro ravvicinato di Kean, De Gea, cinque minuti dopo salva in sequenza un colpo di testa di Abraham, poi l’incursione di Reijnders e il tentativo a colpo sicuro di Pulisic. Quando Maignan chiude lo specchio a Beltran al minuto 63, la sensazione è che con due portieri normali avremmo assistito a un onesto 6-6. Arriva invece il 2-2 un attimo dopo, lancio verticale di Tomori, Gimenez in controtempo manda fuori giri la difesa viola, ne approfitta Jovic per bucarla, trovarsi solo davanti a De Gea e batterlo con tecnica e freddezza.
La viola si ripresenta subito sola davanti a Maignan con Kean, la parata di Mike in presa diretta è semplicemente stroboscopica, come se la scena stessa fosse tagliata a colpi di luce pulsante. Si staglia nel caos, potente e allucinogena quanto le discese di Theo Hernandez prima che cercasse di rovinarsi la carriera da solo. Al 75esimo in un rigurgito di ciò che fu, lo vediamo spaccare il campo per 70 metri, cavalcando adrenalina, calciando con rabbia ma è De Gea ad avere le mani sul tasto delle “strobo”, a questo giro.
Due minuti dopo, Gimenez (entrato per Tammy da 10 minuti) lanciato a rete, viene travolto proprio da De Gea ed è costretto a uscire. Santiago è in quella fase in cui se apre un biscotto della fortuna, trova il bigliettino scritto solo in cinese. A dieci dalla fine, dopo aver sconfessato ancora una volta tutto ciò che aveva preparato, Conceicao decide di rinunciare anche a ciò che di buono può emergere dal caos, uccidendo qualità ed intelletto levando Pulisic, Fofana e il povero Gimenez, per far salire sul cubo Joao Felix, Bondo e Chuckwueze.
Entra Adli all’88esimo, San Siro applaude. Segna Dodo, un minuto dopo ma è fuorigioco e chi ne ha ancora la forza saluta il settore ospiti con un primitivo ma efficace linguaggio dei segni. Cinque di recupero ci regalano allo scadere il più demenziale schema su punizione dal limite del nuovo millennio.
“Take the money and run”
All’IDIOTEQUE le luci si spengono senza preavviso, il DJ sparisce, gli ubriachi urlano, nessuno capisce. Resta solo un’eco distorta nelle casse, il battito nel petto e la sensazione di esser sopravvissuti, di nuovo. Ma non sappiamo più a cosa. Non c’è futuro da rincorrere, non c’è obiettivo da difendere, solo il suono ossessivo di un disco che salta. Sette tracce ancora, ma nessuna playlist. Domani ci chiederemo cosa abbiamo visto. Stasera, semplicemente, ci siamo stati. Tutto. Sempre. Troppo.