BPM: Empoli – Milan 0-2 ovvero THE REAL THING

(di Max Bondino)

La speranza è un’idea che si insinua tra le crepe della paura, una promessa sussurrata a chi trova il coraggio di ascoltarla. Si nutre di possibilità, di attese, di illusioni che resistono anche quando la realtà le contraddice. E nessuno quanto noi è stato capace di farlo, in stagione. La speranza è il pensiero che tutto possa cambiare, che un dettaglio possa riscrivere il destino, che ci sia ancora un motivo per credere. La speranza è il battito accelerato prima di una decisione, l’aria trattenuta prima di calciare, il desiderio che spinge oltre il dubbio.

Ma la realtà non ha bisogno di illusioni. Non vive di aspettative, non concede tempo. La realtà è quel momento esatto in cui il tempo smette di essere un concetto e diventa un istante vissuto, scolpito nella memoria. Quando Santiago Gimenez, sotto la pioggia battente, ci ha mostrato che, davanti alla porta, per lui, non esistono dubbi ma solo desideri, tutti noi ne abbiamo espresso uno più grande. Forse, in quell’attimo, abbiamo capito che il finale di una partita qualunque può essere molto più di un semplice epilogo. Può essere l’inizio di qualcosa. Allora, iniziamo.

“Never mind the stars in the sky
Never mind the when and the why”

Sarebbe stato bello fregarsene di tutto e tutti ed affrontare questo turno di campionato con più leggerezza senza dover, ancora una volta, venire a patti con un calendario sempre più assurdo, reso davvero terrificante da quel playoff di Champions che abbiamo deciso di regalarci, gradito come il kit doccia che a Natale, da qualcuno, arriva sempre. Così, Pulisic, Leao e Santi Gimenez iniziano dalla panchina e prendiamone atto: non potrà mai esser la stessa cosa. È invece sempre la stessa gigantesca pozza di fango la Serie A e non per il mezzo nubifragio che si abbatte su Empoli. Ci danno subito le istruzioni per l’uso già al minuto 8, quando Cacace entra a gamba tesa su Walker rischiando di spezzargli tibia e perone. Pairetto vede tutto e tace, il VAR rivede in 4K, in slow motion, si consulta a gesti (patriottici) in video call con Elon Musk e tutti assieme decidono che la violenza è una forma d’arte da preservare.

“No more living’ in shame
And I’m not gonna run or gonna hide away”

Era solo l’incipit di una vergogna più ampia ma questa nuova versione del Milan pare avere anche spalle un po’ più larghe, per sopportarla. Joao Felix, invece, non avendo certo la circonferenza toracica di Kyle Walker decide di mostrarci il tacco. Trascorre praticamente il primo quarto d’ora usando solo quello. Ci strappa qualche gridolino godurioso ma pure un paio di rantoli di rancore, abbiamo già capito che ci farà innamorare e incazzare come quella fidanzata che non ci siamo mai dimenticati. Attorno al ventesimo, meno fumo e più arrosto, quando prima guadagna un’ammonizione per simulazione dopo una bella giocata in area, poi, chiude un’iniziativa di Theo concludendo a lato di poco, calciando dal limite.

Non succede granché, merito dell’aggressività dei toscani ma anche a causa della timidezza di alcuni dei nostri, come Jimenez lo spagnolo, meno a suo agio del solito e soprattutto del desaparecido Abraham, protagonista di un contatto dubbio in area al primo minuto prima di finire sul retro delle confezioni del latte con la scritta “Missing”. Il miglior gesto del primo tempo lo fa un milanista con la maglia sbagliata addosso, ovvero Lollo Colombo che alla mezz’ora esce di forza e tecnica da una mischia in area e calcia splendidamente sul secondo palo, fortunatamente colpendolo.  Da parte nostra, due situazioni; più della sgangherata punizione di Theo allo scadere, il giallo a Tomori qualche minuto prima, l’anticamera della vergogna.

“I’ve had enough of shy
So let’s go out and show them what we have inside”

A Sergio Conceicao va riconosciuta una certa risolutezza, nella ripresa lascia negli spogliatoi i timidi per fare spazio a Pulisic, Rafa e Gimenez. E Il talento è sempre la risposta. Ne vediamo un lampo al 50esimo quando Leao lancia nello spazio Joao Felix che entra in area lasciando dietro di sé una scia di dribbling e stelle filanti prima di esser recuperato.

Prima di godere, però, ci viene servito l’ennesimo psicodramma stagionale. Minuto 55, lancio per Colombo in chiaro fuorigioco (ma le bandiere alzate sono ormai obsolete come i cd-rom), Tomori lo rincorre comunque fermandolo con un intervento scoordinato. Secondo giallo ed espulsione.

Tutti sono al corrente che si sta parlando di un’azione avvenuta in un limbo, in una zona morta “Kinghiana”, ci spiegano che il VAR non può intervenire, che il guardalinee ha problemi di tendinite e che Pairetto è in quella fase della vita così critica che spinge tutti a cercare una carriera da dj, aprire un podcast motivazionale o promuovere corsi di mindfulness su Instagram. Vorrete mica accanirvi? Ci assicurano che il nostro caso farà giurisprudenza, affinché squadre meno sensibili della nostra possano esser tutelate a dovere e si gioca educatamente in 10. Per poco, però, visto che la Serie A, come già detto, è una meravigliosa pozza di fango e bisogna solo imparare a sguazzarci dentro. Cinque minuti dopo, Marinucci, finito a terra dopo un contrasto di gioco con Santiago, si rialza proponendo un gioco erotico che prevede i suoi tacchetti e lo scroto del nostro nuovo centravanti. Si deve comunque andare al VAR per controllare. Metti che Gimenez fosse consenziente? No, non lo era.

“There’s no use holdin’ back desire
We’ve burnt our fingers now let’s jump into the fire”

Arriva così il momento di lasciar perdere i dubbi ed abbracciare i desideri, di gettarsi fra le fiamme, d’altronde se sei il diavolo, che problema c’è? Nessuno per Christian Pulisic che al minuto 68, dal vertice dell’area guadagna il fondo con una fiammata piazzando un cross perfetto sul secondo palo dove Rafa Leao incrocia di testa per il vantaggio.

“Never mind the rain and the storm
We’ll keep each other warm
We got somethin’ stronger than strong
This is the real thing”

Ed è qui che torniamo dove abbiamo iniziato, in quel gesto battezzato dalla pioggia battente, dove le speranze diventano realtà. Non c’è esitazione, non c’è paura. Al minuto 75 Pulisic riceve da Maignan, controlla in mezzo a due avversari e con un tocco da laurea honoris causa serve Santiago Gimenez al limite dell’area. Stop, controllo e tiro sul palo lontano sono un solo gesto, pulito e definitivo, che trasforma il dubbio in evidenza.

La pioggia continua a cadere, ma non spegne il fuoco che si è acceso. Perché in quell’istante c’è tutto: la leggerezza di chi sa di appartenere a questo livello, la precisione di chi non ha bisogno di seconde occasioni, la fame di chi non si accontenta di esserci ma vuole lasciare il segno. Ha preso la speranza e l’ha piegata alla sua volontà, rendendola sostanza. Se contro la Roma, la giocata di Joao Felix ci aveva restituito all’amore del gioco, la naturalezza fragorosa del goal di Santiago ci restituisce un intero immaginario. Una maglia rossonera numero 7 che spacca le porte. Probabilmente era l’unica rimasta libera nell’immediato ma ci piacerebbe tenessi in considerazione l’idea di mantenerla, Bebote. Sembri proprio quello giusto.

“This is the real thing”

Forse, la realtà che stavamo aspettando.

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