(di Max Bondino)
Li vedo chiaramente dal terrazzo di casa. Li ho sfiorati in settimana, andando verso la metro. Anche ora, mentre scrivo, dal divano, mi basta allungare un po’ la testa, guardare giù ed eccoli lì. “A light that never fades”, recitano. Una fede che non si spegne mai. I manifesti, in giro per la città, che ci hanno accompagnato all’ennesimo euroderby fanno bella mostra di sé a corredo della campagna che in questi giorni, sui social, ha visto alternarsi molte delle nostre leggende nel raccontarsi e spiegare cosa sia, l’AC Milan. Mi è piaciuta da subito; elegante, orgogliosa ma senza boria, nello stile del Diavolo.
“No light, no light in your bright blue eyes
I never knew daylight could be so violent”
Come per Florence & The Machine, la luce è venuta meno (per ora) e gli sguardi della gente rossonera, nella violenza del giorno dopo, sembrano quelli dei Tuareg nel deserto, affascinanti, certo ma impegnati a fissare un orizzonte dove le opzioni sembrano somigliarsi un po’ tutte. Più disorientati di noi, solo i nostri ragazzi in quei primi agghiaccianti 20 minuti ad indirizzare uno dei derby più dolorosi di sempre durante i quali, sugli spalti, ci si guardava in faccia l’un l’altro allibiti, facendosi domande mute, barattandole con risposte silenziose. Sotto di due all’undicesimo, nella partita più importante della storia di questo giovane Milan, appena risorto da una decade di tenebre e oblio.
“I said, ooh, I’m blinded by the lights
No, I can’t sleep until I feel your touch
I said, ooh, I’m drowning in the night
Oh, when I’m like this, you’re the one I trust”
Quella luce che non si spegne mai, dicevamo. Forse è stata davvero troppo per questa squadra, da finirne accecata (come The Weeknd), da levare il sonno a un intero popolo che in una notte così infame non è comunque affogato, mostrando la sua ennesima versione migliore al mondo del calcio grazie ad una fede fiammeggiante ed incrollabile. Ma la bellezza di chi San Siro lo fa vivere e gli dà voce, non basta. Così come non sono bastate le voci degli eroi del passato a far capire a questi ragazzi la differenza fra “timore reverenziale” e “terrore sottomesso”. Il primo, da tifosi, pur non condividendolo, lo possiamo comprendere. È il secondo (perpetrato in stagione, anche in presenza di trofei) che va considerato inaccettabile ed estirpato al più presto.
“Do you see the light?
You can always call my name and I’ll be there” (Snap!)
Anche se i meme ci hanno insegnato che spesso, la luce in fondo al tunnel è un treno, così come la letteratura suggerisce che andare verso quella un po’ troppo abbagliante non è quasi mai un’ottima idea, fra qualche giorno ci sentiremo chiamare ancora una volta e saremo lì, nonostante le infamie lette e scritte. Certo, arrivarci accompagnati dal sorriso luminoso di Rafa cambierebbe un po’ l’umore a noi e ai suoi compagni che, forse, dopo quella smorfia di dolore contro la Lazio hanno visto spegnersi qualche certezza di troppo.
“Who cares if one more light goes out?
In a sky of a million stars
Well, I do”
Perché come cantava Chester, una luce che si spegne non è mai buon segno, anche in un cielo con milioni di stelle, ogni storia, ogni singolo bagliore di vita e gloria che viene offerto non andrebbe sprecato, mai. È per questo che a noi importa, è per questo che abbiamo bisogno di credere, ancora.