(di Max Bondino)
Seduto sull’erba. A gambe incrociate, mentre qualcun altro, attorno, la fuma. Immagino che ad un osservatore distante anch’io possa apparire impegnato nella millenaria arte del rollare ma al posto delle cartine, fra le mani, ho il cellulare. Inizia Parma – Milan, ai margini del live di Paul Kalkbrenner, che salirà sul main stage, poco dopo il fischio finale. C’è tutto il tempo. Sembrava una buona idea, trascorrere la notte del proprio compleanno, così, “dancing the night away”. Attraversarla ballando. A quanto pare, anche l’AC Milan aveva programmi simili. Niente da celebrare, è chiaro ma si balla, immediatamente.
“One pill makes you larger
And one pill makes you small
And the ones that mother gives you
Don’t do anything at all
Go ask Alice
When she’s ten feet tall”
Alice, quella del Paese delle Meraviglie. Antesignana delle party girls di tutti i rave. Conosceva bene l’effetto delle pillole sbagliate, cambiava forma, dimensioni ma conservava una percezione di sé certamente migliore di questo Milan allucinogeno di inizio stagione. Se Loftus Cheek crede così tanto in sé stesso da pensare che una simulazione dopo 30 secondi sia un’ottima idea, il Parma si convince subito che metter in campo l’ABC del calcio sia più che sufficiente per farci sparire dal campo. Il più classico dei cambi di gioco non trova nessuna resistenza, un metro dopo l’altro, la palla in mezzo di Valeri, dalla sinistra, per Man, è solo da spingere. E infatti: Push. Quanti di questi approcci abbiamo visto.
L’unica novità è la terza maglia. Abbandonato l’effetto acid del kit inclusivo, ci ritroviamo grigi (una chiara intenzione del reparto marketing di sfondare nel mercato alessandrino, secondo solo a quello statunitense). Non proprio grigi, a dirla tutta. Più grigio-menta. In coppetta, grazie. Senza biscotto, non ce lo meritiamo.
“And if you go chasing rabbits
And you know you’re going to fall
Tell ‘em a hookah-smoking caterpillar
Has given you the call”
C’è già un coniglio, in maglia gialloblù da inseguire. E l’AC Milan inizia a farlo con lo stesso atteggiamento distaccato e supponente del miglior Brucaliffo. È orrendo l’atteggiamento della squadra che non solo sbaglia tutto ciò che di semplice si può sbagliare ma innesca in modo sistematico una serie infinita di ripartenze letali del Parma. Dopo un quarto d’ora siamo già ai falli di frustrazione. Il cooling-break ci restituisce una manciata di minuti di dignità con occasioni per Okafor (servito da Leao) fermato da un grande intervento di Suzuki e poi Reijnders con la miglior giocata individuale della partita: un doppio dribbling fintato in area e diagonale ancora respinto dal portiere. Dopodiché, l’unica buona notizia di questo periodo: Pavlovic. Dopo essersi reso pericolosissimo di testa sui calci d’angolo a favore, mostra tutto il repertorio difensivo che, in un solo match, lo candida, potenzialmente, a miglior centrale milanista di quest’ultimo decennio un po’ scemo. Ma il risultato non cambia, anzi. Rischiamo di andare al riposo sotto in maniera pesantissima, concedendo tre ripartenze suicide in cinque minuti su cui fanno miracoli prima Pavlovic e poi Maignan allo scadere.
“Go ask Alice
I think she’ll know
Remember what the dormouse said
Feed your head
Feed your head”
C’è bisogno di saggezza, in quello che attualmente, appare il regno del nonsense. Si vede Reijnders colpire una traversa terrificante da fuori ad inizio ripresa e un attimo dopo follie in serie di Calabria a cui sempre Pavlovic rimedia. Lo ripetiamo, il serbo sembra davvero un bel giocatore ma rischia l’esaurimento nervoso con gli attuali compagni di reparto, esponendolo ad una collezione di gialli che abbiamo già iniziato a contare. Passa un altro quarto d’ora dove sfoggiamo tutta l’incapacità cronica di tirare in porta in maniera dignitosa, una volta dentro l’area, sino al minuto 66. La giocata di Leao. Quella con l’articolo tutto maiuscolo, che ormai basta dirlo per capirci subito, come il dribbling di Robben, insomma. Gli riesce, finalmente e dalla sinistra appoggia nell’area piccola per Pulisic che mette il pari. Il Milan gioca attualmente così male che non riesco più ad esultare decentemente a un goal. Ditemi che non sono solo.
Non è possibile vivere tutte le partite con l’assalto finale. Ma il copione è ancora quello. Entrano un po’ tutti, Da Chuckwueze a Jovic, vediamo anche Fofana (ancora non contagiato dai compagni), persino Emerson Royal con quel numero di maglia sacrilego a terrorizzarci tutti, trovandosi completamente fuori posizione all’ennesimo contropiede parmense, sul traversone, Cancellieri fissa il 2-1. Il cronometro dice che ci sarebbe un buon quarto d’ora ma lo passiamo a fumarci il narghilè.
È un Milan che non gioca. Non corre. Non pensa. Ma soprattutto pare non averne nessuna voglia attraverso i suoi singoli più importanti, una squadra che sembra voler scegliere in autonomia le partite a cui ci concederanno di partecipare sul serio. Parliamo spesso di consacrazione di uno, di crescita dell’altro, di leadership acquisita di un terzo (riempite voi le caselle a piacere) ma nel frattempo, è quasi passata una generazione, sono discorsi che dovremmo fare per Camarda e i suoi amici, non per chi, dopo uno scudetto, ha deciso che era abbastanza.
Non può esserlo. Non se sei l’AC Milan.
“Feed Your Head”.