(di Max Bondino)
“Ciao, mi chiamo AC Milan, ho 125 anni e bevo”.
Perché i problemi li hanno tutti ma essere “problematici” è tutta un’altra cosa. Nell’ennesimo campionato sregolato ed autodistruttivo, dieci giornate hanno segnato l’anima di questa squadra in modo così profondo da presentarci a Monza come ad una riunione degli alcolisti anonimi. Perché qualcuno ci ha implorato di farlo ma ricaderci, è un attimo.
“Can’t feel anything, when will I learn
I push it down, push it down”
Anestetizzare il dolore, spingerlo giù aggiungendo altri guai. Sembra un po’ questa la filosofia adottata. Ogni problema non viene affrontato e risolto ma è sufficiente crearne uno più grande. Così, l’MVP della Serie A 2022, l’ex uomo da 150 milioni di clausola siede per la terza volta consecutiva in panchina e se continua così (dopo aver sentito il suo allenatore paragonarlo a Musah) ci aspettiamo che a fine stagione qualcuno alzi un altro bicchiere al cielo proponendo uno scambio alla pari con Sara Gama. Quando ci poniamo domande sulla consistenza dell’attuale proprietà, la gestione di Rafa Leao racconta tutto ciò che c’è da sapere.
“1, 2, 3, 1, 2, 3 drink
1, 2, 3, 1, 2, 3 drink
Throw ‘em back, till I lose count”
E allora brindiamo. Al ritorno di Theo, ad esempio. Capace di evitarci di andare sotto dopo sette minuti non grazie ad una diagonale difensiva ma con una furbata del suo repertorio. Nel contrasto con Bondo involato (senza palla) verso la nostra area, i due si trattengono ma lui si lascia andare al momento giusto. L’azione prosegue, cross dalla destra, sponda di Djuric per Dani Mota che insacca di controbalzo mentre noi si difende a la Braccobaldo. Il goal viene annullato ma sinceramente, fosse capitato a noi, sarebbe finita a cocci di bottiglia.
Attorno al quarto d’ora inizia uno showreel di skill di Daniel Maldini che manda in sovraeccitazione i telecronisti di tutte le piattaforme. Prima, una buona giocata con cui si guadagna una punizione dal limite che poi scaraventa in barriera, poco dopo (con la nostra difesa sempre schierata secondo i dettami di Hanna & Barbera) riceve in area all’altezza del dischetto e di piattone, indisturbato, mette fuori un’occasione davvero clamorosa. Quando lo faceva con noi, gli davano del raccomandato. Oggi sono prove tecniche di Roberto Baggio, ok.
“I’m gonna swing from the chandelier
From the chandelier
I’m gonna live like tomorrow doesn’t exist”
Il Milan non si scompone. L’approccio resta quello di chi non ha un futuro e preferisce farsi male da solo. E nei rari momenti di lucidità ci pensa Okafor a mantenere lo zero a zero aggiungendo il proprio nome ai “corsi di recupero per strikers” incapaci di tirare in porta. Al minuto 20 vanifica una bella ripartenza con una conclusione debolissima (dopo che Reijnders l’aveva messo solo davanti al portiere), poco dopo svirgola in area un servizio di Theo. Il Noah che subentra sembra un’iradiddio. Quello titolare ce lo fa invocare invano.
Al minuto 27, su un traversone dalla sinistra, Pereira colpisce di testa, in area, schiacciando a terra una palla che è sempre goal. A meno di avere un Mike per amico. Un intervento da sala grande, alla mostra sul surrealismo, ci mantiene vivi. Vita che rischiamo un attimo dopo quando Daniel Maldini semina il panico in area per davvero questa volta scheggiando poi il palo esterno.
“Help me, I’m holding on for dear life
Won’t look down, won’t open my eyes”
L’AC Milan lotta per la sopravvivenza di fronte al baratro. Allo U-Power di Monza, mica al Bernabeu. È qui che Tijjani Reijnders si conferma uno dei migliori “sponsor” che si possano avere. L’esempio di sobrietà che questa squadra non sembra conoscere. Quasi allo scadere, la ripartenza di Chuckwueze e Pulisic crea superiorità numerica, arriva in fondo, mette in mezzo. Il colpo di testa di Morata viene deviato da Izzo, la palla resta sospesa, in gioco e quello di Tijjani ci porta in vantaggio.
“Keep my glass full until morning light
‘Cause I’m just holding on for tonight”
È un’altra notte da far passare. Una partita da vincere, in qualche modo e poi si vedrà. Nella ripresa emerge la qualità dei singoli che conosciamo (sempre loro), mentre come squadra, la sensazione che nessuno creda in cosa si stia facendo è sempre più palpabile. Entra Rafa a mezz’ora dalla fine e mostra tutto il repertorio pochi secondi dopo. Grande tecnica in area, bellissima combinazione con Reijnders e tiro che…vabbè. Il suo ingresso restituisce confidenza a Theo Hernandez che al minuto 67 brucia il campo per sessanta metri per poi creare abrasioni alle mani di Turati con la conclusione dal limite. Nel bene e nel male, sempre Rafa. A cinque dalla fine, salta tutto e tutti, dove non si può dribblare travolge ma ancora una volta, al momento del tiro, lo scavetto educato non è dei più felici. Peggio al 90esimo, quando riceve in area da Musah, si gira e la scaraventa sopra la traversa, nella ionosfera.
Questa storia che tutti gli attaccanti del Milan (eccetto il presidente degli States) non sappiano calciare in porta la trovo davvero inquietante. Menzione a parte per Alvaro Morata, giocatore troppo atipico, generoso (direbbero “d’altri tempi” i nostri genitori) per rientrare in qualunque categoria o definizione. Quando ha capito di che partita si trattava ha dato e preso una quantità di botte assurda, per un’ora e mezza, per vedersi fischiare il primo fallo a favore nel recupero. Saremo sempre in piedi ad applaudirlo.
“Sun is up, I’m a mess
Gotta get out now, gotta run from this
Here comes the shame, here comes the shame”
Come dopo ogni notte di eccessi, i risvegli son sempre difficili. Al sorgere del sole arrivano verità ineludibili, rimorsi e un po’ di vergogna. Assieme alla consapevolezza che la sofferenza non è stata alleviata ma nascosta da una vittoria di marca scadente.
“Ciao, mi chiamo AC Milan, ho 125 anni e devo davvero smettere di bere”.