BPM (Beats Per Matches): Milan – Stella Rossa 2-1 ovvero WINNING UGLY

(di Max Bondino)

Eufonia. No, non con la “R” di Rijkaard, con la “N” di Nesta. Lo ripeto: Eufonia. È una di quelle parole che nessuno usa mai, (forse, addirittura pochi conoscono) a dispetto del suo contrario, la celebre “cacofonia” resa inspiegabilmente popolare sul finire degli anni ’80, al punto da entrare nel gergo di più generazioni. Perché nonostante sia vero che la bellezza salverà il mondo, è la roba brutta a farlo rotolare. Nel 1986, quando il Berlusca affinava i suoi comandamenti sul “vincere e convincere col bel giuoco”, i Rolling Stones dimostravano di non sentirsi a loro agio a dividere le classifiche coi Duran Duran pubblicando un improbabile album contenente una traccia che oggi, finisce col tornarci utile.

“I wrap my conscience up, I wanna win that cup
And get my money, baby
But back in the dressing room
The other side is weeping”

Ve la ricordate? Quell’eufonica “Coppa dei Campioni”, senti come suona bene. Anche Milan – Stella Rossa lo è, per la nostra gente. Non sarà mai una partita di “Champions League” ma sempre quell’altra roba. A dirla tutta, a San Siro, se non ci fosse l’inno e il telone sventolato a centrocampo a darci un contesto, potrebbe esser Coppa Italia. Tanti spazi vuoti per regalare finalmente una gioia a tutti quelli che, dicendo agli altri di non andar allo stadio, sono convinti di riuscire a debellare buona parte delle malattie incurabili e sfangare le prossime due pandemie. La curva, privata di striscioni e bandiere, è ormai un muro incolore ed il Milan, conscio che una maglia rossonera potrebbe chiaramente confondersi con le divise bianche degli avversari, indossa il grigiomenta (ricordandoci che i nostri colori ci aspettano nello store per un paio di centoni).

La partenza non sarebbe malaccio. Un bel tiro da fuori di Reijnders all’ottavo e una gran percussione centrale di Rafa cinque minuti dopo, la conclusione viene salvata con un mezzo miracolo dal portiere. Ma è grazie alla pervicacia con cui applichiamo tutte le regole del caos alla nostra fase difensiva che la Stella Rossa rischia il vantaggio, offrendo a Maksimovic l’opportunità di schiacciare a terra un pallone
che, fortunatamente, finisce sulla traversa.

“And we’re heading for the heartbreak
Heading for the blues, yeah”

Non essendoci ancora ripresi dall’infortunio di Pulisic, fatichiamo ad assistere alla mini-ecatombe che in tre minuti porta fuori dal campo prima Loftus, poi Morata attorno alla mezz’ora. Entrano Chuckwueze ed Abraham. Se il primo viene totalmente ignorato dai compagni, Tammy appare subito coinvolto concludendo, di testa, a lato di poco, una bella situazione costruita in velocità. Proprio quando iniziamo a soffrire la Stella Rossa, da un apparente, apatico nulla, al minuto 42, Fofana trova un immaginifico lancio di 40 metri che Rafa mette giù, dal limite, con una delicatezza sublime col destro per poi scaraventarla dentro di sinistro. Due gesti di una bellezza abbacinante nel grigiore.

“And we’re winning (winning), winning (winning) ugly”

Vincere è davvero più importante di “come si vince”? Nel secondo tempo avremo tutte le risposte del caso. Perché il Milan rimette in scena una ripresa molto simile a quella di Bergamo in cui si arrende alla vita, specie sulla fascia sinistra dove i serbi entrano a piacimento anche grazie ad uno sconcertante Theo Hernandez autore di un costante vilipendio verso sé stesso e chi lo ha amato con una prestazione che meriterebbe una class action di massa. La scenetta dei due palloni in campo è probabilmente la vetta del Monte dell’ignoranza scalato in questi mesi.
Nonostante la bruttezza che ammanta la partita, Abraham, l’uomo che viveva lì, sul confine del tap-in, riesce a sbagliare al 53esimo, l’ennesimo goal da zero metri, calciando sulla schiena di un difensore svenutogli davanti. Dopo altri dieci minuti nei quali si potrebbe fare la telecronaca bendati con la palla che percorre le stazioni di Calabria – Gabbia – Thiaw andata e ritorno, costruiamo il pareggio della Stella Rossa perdendo palla sulla trequarti con Musah, liberando Radonjic che con una gran botta dal limite, supera Mike. Rischiamo di andare addirittura al minuto 77 con l’ennesimo buco a sinistra che porta Ivanic a calciare, in solitudine, un diagonale fortunatamente a lato.

“How can I live my life this way?
Beauty is staring me in the face
Ain’t that the truth?”

San Siro è, attualmente, uno stadio malmostoso. La sua curva scolorita, la gente poco coinvolta, addirittura quei disgraziati dei giochini all’intervallo fanno quasi tenerezza da quanto poco vengono considerati però, mica si può vivere così? Sarà vero che la roba brutta fa girare il mondo ma è la bellezza a renderlo sopportabile. Il popolo del Milan, oggi, la ritrova solo specchiandosi in Francesco Camarda. Il boato che accompagna il suo ingresso all’82esimo supera, in decibel, quello che ha chiuso l’inno della Champions in apertura. È la voglia cieca di un futuro migliore.
Gli servono cinque minuti per trasformare una palla scodellata in area da Chuckwueze in oro puro girandola di testa, con una sorta di pallonetto, in mezzo a tre avversari. Gutesa si supera, smanacciandola sulla traversa, il pallone ricade nell’area piccola dove succede di tutto (ma grazie al cielo quelli che contano, ci vedono poco), Abraham, il Gran Visir dei tiri da un metro, smette di fare tap-out e ci regala un liberatorio tap-in.

“And we’re winning (winning), winning (winning) ugly”

È una vittoria davvero brutta che racconta forse perfettamente questi strani anni post scudetto dove vediamo bellezza e orrore fare continuamente a pugni. Anche Fonseca, a fine gara, vorrebbe dare schiaffi a qualcuno e ci tiene nel farlo sapere a tutti. In mezzo a questa rissa collettiva, l’AC Milan rientra ufficialmente nella parte nobile del lenzuolo che ospita la classifica della “Nuova Champions League”. Non lo trovate molto “eufonico”, almeno questo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.