(di Max Bondino)
Il coraggio di essere sé stessi. Si dice che abbracciare la follia può significare accettare la propria unicità e le proprie imperfezioni, sfidando il conformismo. Chi non teme di essere considerato “folle” è spesso più libero di vivere la vita secondo i propri valori. “Non c’è genio senza un pizzico di follia”, diceva Aristotele. Ogni amore è per sua natura “folle” quando raggiunge il suo apice però, lasciatelo dire, AC Milan, aldilà del coraggio, della libera creatività e della passione cieca che abbiamo per te: Siete davvero dei pazzi fottuti.
“I can’t get these memories out of my mind
And some kind of madness has started to evolve”
La prima metà di questa stagione è stato un viaggio emotivo tra confusione, conflitto e accettazione. Ma anche quando ci si dichiara ormai pronti a tutto, mica lo siamo davvero. La gente del Milan arriva a San Siro cullando fra le mani i propri cellulari, rigorosamente in orizzontale, per streammare al meglio l’ultimo set della finale degli Australian Open. Quando Jannik Sinner, il milanista più mite ed assennato di tutti, segna il punto che lo consacra ancora campione mancano venti secondi al calcio d’inizio di Milan – Parma. Lo ringraziamo per la vittoria e della puntualità transoceanica.
“And I, I tried so hard to let you go
But some kind of madness is swallowing me whole”
Pronti a farci inghiottire da un nuovo delirio. Anche se il primo tempo rientra più che altro nel voluminoso fascicolo delle delusioni. La speranza che fosse avanzato un po’ del furore agonistico di Champions viene spazzata via dai primi dieci minuti, durante i quali collezioniamo due lisci clamorosi in area parmense (prima con Pulisic, poi con Gabbia) ma il ritmo è davvero terribilmente basso. Bisogna aspettare il minuto 22 perché il sistema limbico avalli un primo rilascio di adrenalina comandando alle nostre chiappe di scattare in piedi, abbandonando i seggiolini. Christian Pulisic, di lotta e di governo, tenta una serpentina a spallate fra quattro avversari in area, l’ultimo rimpallo favorisce un sinistro di Rafa che termina alto. Nell’azione successiva, il Parma va in vantaggio e lo fa nel modo peggiore, infierendo sul nostro capitale umano. Un innocuo cambio di gioco sembra facilmente preda di Theo Hernandez che invece, scivola goffamente lasciando campo a Cancellieri che ha tutto il tempo di avanzare, prendere la mira e dal limite, mirare al palo lontano.
Passano dieci minuti e su un corner battuto da Pulisic, Suzuki prima spinge alle spalle Pavlovic, poi respinge a pugni uniti. E’ calcio di rigore. Sono finiti i tempi in cui si litigava in campo per chi deve batterli, ora ci meniamo fra noi solo a fine partita, quindi Christian prende il pallone, spolvera il dischetto e fa il suo mestiere. 1-1. Al minuto 43, gran giocata di Reijnders che defilato, a ridosso dell’area piccola, cerca un diagonale bello e un po’ impossibile.
Il primo tempo contiene ancora un po’ di materiale esplicito, originale e imprevedibile quanto la trama di un porno. L’ammonizione per fallo tattico a Fofana che lo cancella dalla lista dei convocati per il derby.
“Mad, mad, mad, madness”
La misura di quanto la follia sia ormai schedulata nelle nostre vite da milanisti l’abbiamo all’inizio della ripresa. Un tempo, non vedere Theo e Rafa rientrare dopo l’intervallo ci avrebbe fatto stracciare le vesti, oggi ci strappa un laconico: “Ah, ecco. L’ha fatto anche lui”. Si chiama “accettazione delle emozioni estreme”, abbiamo imparato. Non sembra ancora averlo fatto Conceicao che, inquadrato sui maxischermi, ha la faccia di uno uscito da un turno di 18 ore in miniera.
Con Bartesaghi e Bennacer al posto del dinamico duo, i primi minuti offrono due certezze, una è l’involuzione (più fisica che tecnica) di Alvaro Morata che sembra essersi speso troppo nei mesi scorsi, impersonando quella creatura mitologica mezzo centravanti e mezzo Gattuso con cui si è guadagnato il nostro affetto (uscirà sui gomiti dopo dieci minuti). L’altra è Strahinja Pavlovic. Ci era piaciuto tanto ad inizio stagione, poi ce l’hanno strappato dagli occhi, ora è tornato a tenerci letteralmente in piedi come fanno i veri amici quando trascinano i compari ubriachi, di peso, verso luoghi più sicuri. Seconda apparizione in una settimana da migliore in campo per distacco. Aspettiamo l’imminente richiesta della Juve che sembra aver sviluppato, nei nostri confronti, la sindrome di emulazione che gli interisti hanno verso di loro. Il Milan ci prova, praticamente sempre e solo con Tijjani Reijnders, se non l’attuale prima punta di questa squadra, sicuramente l’unico a tirare con convinzione in porta. Lo fa al 59esimo con rasoterra piazzato da fuori deviato da Suzuki e attorno al minuto 70, raccogliendo in area un traversone scagliando, dopo un numero immorale di finte e controfinte, un sinistro alto. Menzione per Bartesaghi che mette in mezzo tanti palloni con volontà (caratteristica che in questo periodo di fancazzisti a targhe alterne, apprezziamo). Ma il Parma, in contropiede, fa malissimo. E se Pavlovic e Maignan ci tengono vivi su Almqvist, nulla da fare sulla ripartenza di Camara (al 79esimo) che entra in area, scambia benissimo e tira, Mike respinge ma il rimpallo favorisce la scivolata di Del Prato per l’1-2.
“And now, I need to know, is this real love
Or is it just madness keeping us afloat?”
E’ qui che torniamo ad interrogarci sulla natura del nostro amore per questa squadra. Quando la follia decide di riportarci a galla, instabili ma vivi. L’ultimo momento che avrebbe avuto un senso lo viviamo al minuto 87, con Pavlovic ad insaccare, di testa, un cross dal vertice di Chukwueze ma il VAR ci ricaccia tutto in gola. Quattro minuti dopo, mentre buona parte degli spettatori aveva iniziato la discesa verso la metro, Tijjani imposta, serve Musah in mezzo al campo, indicandogli come i “marshal” sulle piste degli aereoporti da dove avrebbe spiccato il volo. Bellissimo il taglio in area, altrettanto l’imbucata di Yusuf, tocco sul primo palo ed è pari. Ancora una volta, non sappiamo se esultare o incazzarci. Nel dubbio, entrambe le cose.
Ma la follia, operando per vie alternative, non aveva scelto questo goal come apice del nostro delirio. Un minuto dopo, si immagina una mezza rovesciata acrobatica di Jovic (subentrato a Calabria, ora a bordo ring) ma non era abbastanza. E se invece fosse il più inconcludente e sgangherato di tutti a diventare l’eroe? Sì, può funzionare. Al minuto 95, ultimo cross in mezzo di Bartesaghi, sponda di Pavlovic nell’area piccola. Ciò che accade dopo, può esser compreso solo al rallentatore. Chuckwu cerca probabilmente uno stop di coscia che diventa il tiro più lento della storia, Suzuki, superato dalla traiettoria, tenta una smanacciata che anziché interromperla, la migliora, accompagnandola oltre la linea. Il replay è come una scena di Matrix nella quale al posto di Keanu Reeves e Carrie Anne Moss hanno inserito Mr Bean e Benny Hill.
“Come to me just in a dream
Come on and rescue me”
Al fischio finale, Conceicao e Calabria si promettono schiaffi ma poi ci spiegano che è tutta “passione”. Qualcuno ci salvi. Sinceramente, non abbiamo davvero capito cosa abbiamo visto ma sappiamo che è il Milan, quello di oggi. Una squadra che vive costantemente sul filo tra sogno e follia, tra il grottesco e l’epico. In mezzo ad ammutinamenti, risse e proprietà improbabili. Non sappiamo se è amore o pura follia, ma non possiamo farne a meno. Forse è proprio questo a renderci più pazzi di tutti loro.