BPM (Beats Per Matches) – Milan-Cagliari ovvero: Mad World

(di Max Bondino)

Trovare il proprio posto nel mondo. Fosse facile come raggiungere il mio seggiolino a San Siro. Un luogo fisico che corrisponde ad uno stato d’animo, una condizione in cui sentiamo di vivere in armonia con i nostri valori e di contribuire in modo significativo al contesto in cui ci troviamo. Almeno è ciò che ci
piace credere mentre le chiappe si gelano e va bene così. Ci accorgiamo subito, però, quando la Supercoppa passa a salutarci nel prepartita, che la gente del Milan, dall’Arabia, ha fatto suo lo sguardo da Tuareg, sempre rivolto ad un orizzonte più vasto, più distante, di chi guarda lontano. La vittoria di Riyad è stata bellissima, perché le foto con le braccia al cielo restano per sempre, per l’avversario  perché, non scordiamolo mai come ci siamo sentiti, esattamente due anni fa, sotto di tre goal in un tempo, laggiù, in mezzo a quel deserto. Ma la passerella della coppa prende una razione d’applausi sindacale, perché l’AC Milan è chiamato a trovare il suo posto nel mondo, in Serie A. Campionato un tempo pazzesco, oggi, il campionato dei pazzi.

“All around me are familiar faces
Worn out places, worn out faces
Bright and early for their daily races
Going nowhere, Going nowhere”

Fra facce familiari un po’ stanche, pronti a ripartire verso nessuna meta. Questa matta Serie A, dicevamo. Oddio, psicolabile è più calzante. Dove la squadra campione d’inverno vende a gennaio il suo giocatore più rappresentativo, dove la Juve viene definita imbattibile per aver pareggiato il 70% delle partite giocate, dove quella decina di squadre che per mesi hanno occupato i primi due posti iniziano a non vincere più e nonostante tutto, ci restano davanti.
Milan – Cagliari è uno di quei remake che vanno tanto di moda oggi nei videogame. Qualche meccanica di gioco aggiornata, personaggi extra, un fraseggio che urta meno le sensibilità della community ma la trama è quella, sai come va a finire.
I sardi, dopo 5 minuti, memori delle giocate irreali riuscite all’andata, ci provano subito con una mossa di Taekwondo volante di Viola servito in area da Zappa (bei ricordi eh?).

Da qui, il Milan inizia a tirare, anche spesso, da fuori area (ed è una notizia). Rafa all’ottavo, molto centrale. Theo dal limite su schema da corner, gran botta deviata di poco sulla traversa al quarto d’ora. Un rasoterra di Pulisic poco dopo, bloccato in presa da Caprile. Passa un minuto e praticamente dalla stessa mattonella Reijnders replica l’azione. Alla mezz’ora tocca a Fofana, sempre e rigorosamente da fuori, sgangherare un destro a lato. Mentre tutta la squadra è impegnata nella pratica del tiro dalla distanza, il nostro centravanti spagnolo fa uno straordinario quanto sempre più surreale lavoro da mediano calabrese ad evidenziare una volta di più quanto questa squadra, pur avendo ottimi giocatori negli undici titolari sia forse davvero costruita maluccio.
Gli applausi ovattati di decine di migliaia di guanti finisce col prenderli Capitan Mike, al 40esimo, su un tiro a giro dal vertice di Felici destinato all’incrocio. Il movimento di richiamo con la mano destra, sospeso in volo, è difficilmente traducibile in parole, nel replay sembra un gesto uscito dalla palestra in cui Neo, in Matrix, imparava il Kung Fu in compagnia di Morpheus. La gravità, per un paio di secondi ha deliberatamente ignorato quel volgare valore di 9,81 m/s.

“Children waiting for the day they feel good
Happy birthday, happy birthday”

Educati come bimbi, al nostro posto, eccoci, in apertura di ripresa in attesa di un regalo che crediamo di meritare. Prova a farcelo immediatamente Christian Pulisic con un nuovo tiro dal limite, di controbalzo che si schianta sulla parte alta della traversa. La sensazione di dejavu aumenta. Cinque minuti dopo è Morata, su imbucata di Theo a colpire di prima, di sinistro, trovando l’esterno della rete. Ma è l’azione successiva a ripagarlo dei chilometri (fatti rigorosamente col diavolo in fondo al cuor) nel primo tempo. Il diagonale in area di Pulisic finisce fra le gambe del portiere che, senza sapere come, la devia sulpalo, il rimpallo va incontro ad Alvaro per portarci in vantaggio.

 “And I find it kind of funny
I find it kind of sad
The dreams in which I’m dying are the best I’ve ever had”

Dura poco. Davvero troppo poco prima di riassaporare quell’ironia amara che ci vede inclini al suicidio in modi sempre nuovi. Però, ammettiamolo. Seguiamo il calcio tutti da troppo tempo per non sapere che esistono stagioni che non si raddrizzano neppure con l’impegno, nemmeno con 25 tiri in porta,
nonostante pali e traverse. Quando i migliori in campo (Fofana e Maignan) diventano, nella stessa azione, i principali responsabili dell’ennesima partita gettata, puoi solo alzare le mani. Lo fa, prima di noi, proprio Fofana sbagliando prima un facile appoggio che lancia il contropiede del Cagliari e subito
dopo andando completamente fuori tempo nel successivo tentativo di interdire. Quel suo gesto nevrotico di resa mentre gli avversari corrono verso il pari è una sorta di presagio contagioso. In inferiorità numerica, Zortea trova un diagonale sporco su cui Mike pasticcia a terra. Il Milan reagisce immediatamente (ed anche questo ce lo teniamo stretto), con un gran tiro di Fofana in cerca di riscatto e una botta in area di Pulisic trovato da Rafa dopo un grande slalom. In entrambi i casi, Caprile dà il meglio di sé, respingendo.

E poi Abraham. Due occasioni, diversissime ma entrambe clamorose attorno all’80esimo. La prima di testa, dai suoi soliti zero metri, colpisce con quella zona dove i neonati sfoggiano la celebre fontanella, mandando la palla in orbita. Poi, lanciato splendidamente da Morata, spreca solo davanti al portiere
calciandogli addosso. Fra decine di svenimenti improvvisi e perdite di tempo impunite, arriviamo al 95esimo con l’ultimo tentativo di Theo, botta centrale su punizione dal limite.

“I find it hard to tell you
‘Cause I find it hard to take
When people run in circles it’s a very very
Mad world”

Difficile da accettare, altrettanto da spiegare. Un posto nel mondo, in questa strampalata Serie A, continuiamo a non trovarlo, avvitandoci su noi stessi. Ora che un trofeo lo abbiamo alzato, è complicato immaginare mesi senza un vero obiettivo. Oddio, ci sarebbe la Champions ma siamo gente coi piedi per terra ed è proprio per questo che (visto com’è andata dopo l’impresa di Madrid e la vittoria della Supercoppa), a maggio, una volta vinta la Coppa dei Campioni, cerchiamo di organizzare subito dopo un’amichevole col Cagliari, giusto per restare umili.

SOCIAL MEDIA WARNING: L’ultima frase contiene dosi innocue di ironia.

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