BPM (Beats Per Matches): Milan – Bologna 3-1 ovvero, LOOP

(di Max Bondino)

Ci sono sistemi, nella fisica e nella mente, che si rifiutano di evolvere. Meccanismi autoregolanti, spirali chiuse, moti perpetui di ritorno: basta una minima variazione, eppure tutto ricade nell’identico. Cambiano gli attori, ma non la dinamica; si modifica la forma, ma non l’esito. È l’illusione del cambiamento a cui ci aggrappiamo, anche quando sappiamo che il finale è già stato scritto da qualche parte nei margini dell’abitudine. Perché nonostante tutto desideriamo “qualcosa di nuovo”, ma continuiamo a ripetere, fedelmente, lo stesso gesto, lo stesso pensiero, la stessa attesa.

“It’s like I’m stuck in a loop”

Così, anche stavolta, l’AC Milan ci trascina nel suo ciclo morboso. Eccoci di nuovo al nostro posto, ancora e ancora, intrappolati tra premonizione e déjà vu – due facce della stessa distorsione: una ci illude di essere in anticipo sul tempo, l’altra ci convince di essere in ritardo.
Da parecchio, ormai, la sfida col Bologna rappresenta qualcosa di più: l’unico modo per chiudere la stagione se non col sorriso, con quel luccichio inequivocabile negli occhi dell’amore stupido e cieco.
Questo Milan-Bologna di campionato, a quattro giorni dalla sua replica in finale, è solo un altro glitch. L’ennesimo errore di sistema in un’annata che in molti vorrebbero formattare. Un po’ come il primo tempo del match, forse prevedibilmente sottotono se si pensa a due squadre che non vogliono scoprire le loro carte ma a noi, “ragazzi del loop”, certe dinamiche non sfuggono: sappiamo riconoscere la falsa quiete prima del collasso.
Così come i buchi neri inghiottono la luce, l’AC Milan divora regolarmente i suoi primi 45 minuti.

“I swear I want something new, but everything that I do just brings me right back to you”

Ed eccoci, mentre desideriamo qualcosa che finalmente ci sorprenda, ad assistere ai tre minuti in cui il Milan concentra tutta la sua partecipazione alla prima frazione. Tra il 17’ e il 20’, si apre il catalogo: prima, una giocata brillante di Pulisic che si accentra e calcia, murato al momento del tiro. Subito dopo Joao Felix si libera con stile sulla trequarti, si accentra, cerca l’incrocio ma trova una deviazione. Sull’angolo seguente, il colpo di testa ravvicinato di Jovic ha tutto per essere un gol, tranne la forza. Skorupski blocca. Il Bologna replica al 23’ con un diagonale velenoso di Dominguez dal vertice, deviato in angolo dai riflessi di Maignan. Ma il vero brivido corre al 44’: Orsolini, pescato sul dischetto da Pobega, spara in curva il celeberrimo: “rigore in movimento”.

“I swear I’m really done this time”

Ma era tutto rimandato all’inizio della ripresa. Il “loop” prevede il vantaggio degli avversari prima che qualsiasi cosa buona possa accaderci, e arriva puntuale, ancora con Orsolini e quella giocata che lo ha reso trend topic nelle ultime due stagioni: vertice destro dell’area, si accentra e piazza il solito diagonale a rientrare sul palo lontano. Trovato il gol, il Bologna a mezz’ora dalla fine fa cambi conservativi in vista della finale; noi, le solite sostituzioni da arrembaggio: Gimenez, Walker e Chukwueze. E funziona.

Al 71’, Samu dalla destra serve puntuale per Pulisic in mezzo che, anche cadendo, resta il fuoriclasse che è: praticamente da terra, inventa l’assist per Gimenez che, con un tocco malizioso, infila un tunnel a Skorupski. Un minuto dopo ne farà un altro, controllando un lancio lungo all’ingresso dell’area e chiudendo con un pallonetto stiloso (colpo che pare piacergli parecchio), ma viene annullato per fuorigioco.

“It only takes one call / for me to believe that you’re sorry”

I nostri sanno sempre come farsi perdonare, specie Christian Pulisic che all’80’ si materializza su un pallone smorzato in area dopo un tiro di Joao Felix (come sbucato dalle backdoor di Matrix) e lo incastona rasoterra nell’angolo basso, per poi correre a mostrare il nome “Harlow” sulla schiena, nel giorno in cui tutti celebrano così le loro mamme. Mi adeguo, svelandovi che questo pezzo è stato scritto da “Max Romeo”: così magari capite, una volta per tutte, da dove arriva tutto il mio romanticismo in eccesso.
La vera buona notizia, però, è la doppietta di Gimenez che ci regala il 3-1 nel recupero: Chukwueze, dopo una bella iniziativa sulla destra, lo trova sul lato opposto. Santiago riceve, dribbla col sinistro, incrocia di destro. Vista la nostra cronica, atavica fame di un bomber, l’importanza del suo definitivo inserimento è potenzialmente vitale.

“It’s like I’m stuck in a loop but everything that I do just brings me right back to you”

E forse è proprio questo il paradosso più dolce: restare incastrati nella ripetizione per riconoscere, a ogni giro, qualcosa di vero. Un presagio o un ricordo, non importa. Sta tutto lì, nel punto esatto in cui il déjà vu speriamo possa sfumare nella premonizione mentre aspettiamo che il prossimo giro sia quello buono. Perché a forza di girare in tondo, anche una spirale può cominciare a salire.

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