BPM (Beats Per Matches) – HARDER, BETTER, FASTER, STRONGER

(di Max Bondino)

Così come Ray Charles non riusciva a togliersi dalla mente la Georgia, a me accade con Ibiza. Mentre Milano, che negli ultimi tempi ci aveva riabituato ai take away consumati all’aperto, nei parchi, la domenica di Milan – Atalanta si sveglia con una voglia di inverno gelido che non mi sento affatto di condividere. È bastato aprire la porta del terrazzo al gatto per capire che solo l’AC Milan mi avrebbe trascinato fuori casa. Dato per assodato che per me, sotto i 24 gradi non esistono le condizioni basiche per la vita umana, il mio richiamo ibizenco non nasce da lì ma da Bologna. L’ultima volta che i cugini regalavano gioie in Emilia Romagna ero appena sbarcato sulla Isla Blanca per l’International Music Summit e percepivo la cronaca della partita, bevendo la prima sangria di una lunga serie, attraverso la lunghezza dei silenzi e la frequenza delle vibrazioni del cellulare, sino alla pioggia di notifiche finali. Quella settimana si sarebbe conclusa con l’unico match della cavalcata scudetto che ho disertato, “quel” Milan – Fiorentina visto su un tablet, sotto una palma, di fronte all’ormai fu Bora-Bora a Playa d’en Bossa.

Ci sono oltre venti gradi in meno e piove parecchio quando un impermeabile con sembianze umane fa il beatmatch fra la mia carta d’identità e l’abbonamento, rinnovandomi il privilegio di esser a San Siro, lo stadio da cui tutti vogliono scappare tranne chi lo abita davvero. Durante il riscaldamento, stranamente affollatissimo, con una quarantina di giocatori a pascolare, sguardi erotici solo per Mike Maignan che col body language infonde sicurezza a tutti e tre gli anelli perché si possa ghermirli, domarli e nel buio incatenarli. A proposito, la nuova maglia sembra fiammeggiare come l’occhio di Sauron vista dagli spalti, è molto rossa e questo già mi gratifica, osservata da vicino si ispira agli sprite dei giochi 8 bit (ok, mi avete preso facile) e poi ha un bel claim “The game is never over” che nella mia testa suona col vocoder dei Daft Punk, che proprio in settimana ci han ricordato l’imminente decimo anniversario del loro ultimo album. Ecco, alla presentazione di “Random Access Memory” ero a Ibiza, vedete che non si scappa?

Gasperini un po’ ci sperava, dai. “Andiamo a Milano per vincere”, aveva buttato lì. D’altronde recentemente ci son riuscite squadre ben peggiori della sua ma oggi l’AC Milan ha rimesso il casco ed è “Harder, Better, Faster, Stronger”. Nei primi dieci minuti creiamo più occasioni che in tutto il mese di gennaio. Un minuto e Giroud tenta un remix speculare del goal di Van Basten contro la Russia all’Europeo dell’88, così, giusto per far capire il livello di autostima recuperato anche in chi scrive. Poco dopo entra nella cronaca la prima presa alta, sicura, in uscita di Mike Maignan. Un gesto normale ma dimenticato che San Siro accompagna con un boato che mi ricorda perché sono qui a gelarmi le chiappe. Al terzo, Theo, tornato l’anarchico che amiamo, abolisce l’autorità costituita e accentrata e si accentra lui, da centravanti, a ricevere il frutto di un’azione costruita splendidamente con una pulizia di tocchi e giocate di tutta la squadra che ci commuove rivedere, viene abbattuto dal limite ma che bello, il Milan. La punizione di Tonali finisce alta ma due minuti dopo Olivier prova un altro colpo al volo in piena area su cross di Leao, ancora alto ma che bello, pure quando si gira Giroud.

“Don’t stop, come a little closer
As we jam, the rhythm gets stronger”

Sarà questa maglia un po’ elettronica, sarà che ci mancavano così tanto, questi ragazzi. Ma è subito “Digital Love” e allora non fermiamoci, diamoci da fare assieme. Alziamo un ritmo impressionante se si pensa al totale disarmo di poche settimane fa. L’Atalanta capisce chiaramente di esser in visita di cortesia e quando le viene il dubbio ci pensa Malick Thiaw a ricordarglielo, uno che se giocasse nell’Aston Villa, finirebbe al Chelsea per 150 milioni entro giovedì. Il nuovo modulo non ci ha regalato solo lui ma restituito Tomori e Kalulu e messo in condizione Junior Messias di giocare su livelli altissimi nelle due fasi.

Dopo 26 minuti di arroganza arriva il goal. E abbiamo ormai capito che a Theo, quando vede nerazzurro, si chiude la vena. Giroud riceve un lancio lungo, sponda di testa ad uscire dal limite dell’area ed Hernandez sgancia un tracotante sinistro da venticinque metri di una superbia spaventosa che colpisce il palo interno, rimbalza su Musso e si insacca.

“Everybody will be dancing tonight”

Si balla, stasera. We’re doing it right, non stiamo sbagliando nulla. Che bello, l’AC Milan.

Giroud continua a regalare sponde a tutti. Smazza con stile palloni come Sneaky Pete fa volare le carte del Texas Hold ‘em. Alla mezz’ora, prima lancia Leao in porta che si allarga troppo sparando poi alto e poco dopo apre un’autostrada a Brahim che dal limite potrebbe tirare ma preferisce scaricare verso Rafa che ancora una volta, spreca. Un primo tempo da 3-0 liscio. È tornato il Milan ma anche la sua cronica incapacità di essere cinico ma d’altronde: We’re Humans, after all.

Concediamo una tregua di 15 minuti nella ripresa. Controllando l’Atalanta che non tira semplicemente mai. Al 60esimo altra azione splendida: Messias trova un’imbucata per Brahim che dal limite, di tacco, libera Giroud che calcia su Musso. Era fuorigioco (pare) ma quanta bellezza. Anche un minuto dopo, dialogo di fino fra Rafa e Olivier in mezzo al campo che lancia Leao, dal limite calcia a giro e altra bella parata. Sulla respinta la palla arriva a Kalulu che la mette in mezzo per Brahim, il tiro viene deviato alla disperata in angolo. È assedio, bolgia sugli spalti. Che bello (quasi) prender freddo a San Siro. Al minuto 69 Diaz serve perfettamente in area piccola Rafa, sembra basti solo spingerla ma ci arriva con un attimo di ritardo. Un minuto dopo Theo vince un contrasto sul fondo dopo una discesa, mette in area per Leao che potrebbe tirare ma serve Messias che, liberissimo, di destro la manda in curva.

Nel momento in cui fra noi serpeggia un po’ di scoramento per il 2-0 che sembra non arrivare mai dalla panca si alza Zlatan Ibrahimovic detto Dio, avete presente? Il mio mondo torna ad essere un posto sicuro. Accanto a lui c’è Charles De Ketelaere del quale, detto fra noi, non si sa più che dire, tanto che immagino che nella testa di Pioli ci sia uno schema che preveda Zlatan prender il belga, accartocciarlo sul pallone e calciarli insieme in porta, magari così…
Bello rivedere Ibra. Oltre alla voglia e quei tocchi mai banali c’è un momento dei suoi venti minuti che mi coccolo e porto a casa. Quando riceve palla al limite dell’area, lui li attende, imperturbabile a difesa dell’Atalanta schierata e nessuno, NESSUNO osa andargli sotto per recuperarla. Fate la riverenza, bravi.

“One more time, we’re gonna celebrate”

E sarebbe anche ora di festeggiarne un altro. All’86esimo Leao trova un corridoio centrale favoloso per Junior Messias che in corsa entra in area e con lo scavetto, supera finalmente Musso per la seconda volta. Siamo tornati bellissimi. Il calcio è davvero come l’amore, incomprensibile. Non lo puoi spiegare. Così come non è possibile decifrare l’esatto momento in cui perdi la testa per qualcuno e tutto sembra migliore di ciò che è in realtà. Un po’ ci rode per quel gennaio di tradimenti e pettegolezzi ma quel che conta, in fondo, è innamorarsi di nuovo.

“Like the legend of the phoenix, all ends with beginnings”

Sembrava tutto finito, morto. Invece guarda ora, che nuovo inizio.

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