(di Max Bondino)
Molto spesso, la pietà è un grido di resa, ma anche un gesto di grandezza morale. La pietà e la misericordia attraversano religione, arte e società, esprimendo compassione, giustizia e disperazione. Nella fede, incarnano il perdono divino. Nella vita quotidiana, sono empatia o richiesta d’aiuto. Nel calcio, è celebre quella di Michelangelo, che raffigura una madre tenere fra le braccia il figlio, tifoso del Milan, durante la stagione 2024/2025.
“Now that I am beggin’ on my knees
I can finally see the things and how they used to be”
Perché se non ricordiamo più il numero di volte in cui abbiamo implorato in ginocchio questa squadra di comportarsi con un minimo di dignità quando serve, abbiamo chiarissimo il ripetersi dello scenario. Scusate l’autoreferenzialità ma inizia ad esser un problema anche per noi, raccontarvela. Se continuassimo l’abitudine di raccogliere questi podcast, a fine stagione, per farne un libro, vi ritrovereste fra le mani i deliri schizofrenici di un pover’uomo che si contraddice ogni due pagine.
“I lost the path, I lost the life I had
Forgot that feat of fire for the same day”
Ci sentiamo giusto un po’ smarriti, abbiate pietà. E pensare che negli ultimi 10 giorni, l’AC Milan sembrava aver risposto alle nostre richieste educate. Come quelle di turisti in cerca della via più breve per il centro. Un mercato di gennaio importante (seppur con metodi e tempistiche discutibili), le prime dichiarazioni dirigenziali sensate ed orgogliose di Zlatan dopo i torti arbitrali ma soprattutto i bei segnali dei nuovi arrivati fra Coppa Italia e campionato. Poi, certo, arriva quella fastidiosissima Champions League ed eccoci di nuovo persi, perché si sa, quasi nessuno dà mai indicazioni attendibili ai turisti.
Sappiamo che, dopo la partita, il Milan ha dormito a Rotterdam. Durante, invece, ha solo “riposato gli occhi”. Incontriamo una squadra che ha perso il suo miglior giocatore per darlo a noi e che in settimana ha esonerato l’allenatore, attualmente allenata dal giardiniere in attesa di metterne sotto contratto uno nuovo. Va riconosciuto un merito all’AC Milan mutaforma di quest’anno, non ci lascia mai dubbi. Sappiamo subito quale versione ci tocca dai primi minuti. Così, dopo un tentativo centrale di Reijnders al secondo minuto, al terzo conosciamo l’uomo che soffierà il prossimo pallone d’oro a Vinicius: Paixao che dalla sinistra dribbla, si accentra e scaglia un tiro rasoterra che si potrebbe stoppare, anziché parare. La papera di Mike strazia il cuore.
“So don’t watch mistakes I made
Was a friendship that l’d trade
Now l’m begging for forgiveness
Begging to be saved”
Non è l’errore, abbiamo perdonato ben altro. È l’accuratezza con cui complichiamo ogni singolo momento chiave di questa stagione che implora inutilmente di esser salvata. Ma potrebbe andare peggio, potrebbe piovere. Fortissimo proprio, ma è un problema solo per noi. Ci ritroviamo ancora una volta davanti all’ennesimo avversario che corre il triplo e vive il match come se da ogni contrasto dipendesse la vita loro e dei familiari. Si giocherà 96 minuti, durante i quali (Pavlovic escluso) non ne vinceremo uno. Se nella prima mezz’ora contiamo due tentativi di Joao Felix (il primo, al 15esimo è generoso considerarlo tale, il secondo al 30esimo se non altro preceduto da una bella serpentina), quello che lascia davvero disarmati è il totale dominio nel palleggio degli olandesi capaci di terrorizzare i nostri, in ogni zona del campo, non appena decidono di accelerare. Minuto 36, Igor Paixao, l’uomo che guiderà il Brasile a vincere i prossimi tre mondiali, dribbla, si accentra e lascia partire una saetta che si infrange sulla parte alta della traversa.
Nonostante questo, Rafa Leao, l’uomo che guiderà cinque milioni di tifosi rossoneri dallo psicanalista, al 40esimo, dopo una ripartenza in campo aperto di 50 metri, si fa recuperare con un colpo di tacco (!) dal difensore in corsa, un attimo prima di calciare. Già, calciare in porta. Quella pratica disdicevole che speravamo potesse venir finalmente sdoganata da Gimenez che nel primo tempo non riceve un solo pallone. Doveva esser “la sua partita”, dicevano. No, non lo era e forse, emotivamente, non poteva esserlo. Se vuoi smentirci al ritorno, Bebote…abbi misericordia.
“I think I’m missing you so much, I’m not strong enough, had enough
Baby, please come back, I’m feeling bad”
La ripresa non fa altro che acuire quella sensazione di vuoto, di abbandono. In questo momento, esser del Milan è come stare con una tipa che ti molla, torna a farti impazzire per poi lasciarti ogni tre giorni netti. E tu, masochista, resti lì ad aspettare il prossimo segnale, ma lei non conosce pietà.
Concederla agli altri, mai. Ma se si tratta di farla in campo, basta fischiare l’inizio del secondo tempo. Il primo tiro mediamente pericoloso è di Joao Felix al minuto 87, parliamone. Il portoghese, nonostante sia arrivato da pochi giorni deve esser stato prontamente istruito sulla nobile arte nata a Milanello di buttare in vacca i calci d’angolo nei modi più creativi.
Il resto è Pavlovic contro tutti con Paixao talmente in acido da sembrare appena uscito da una settimana di after a Ibiza. Solo così si spiega il suo tentativo mistico di segnare da 50 metri, più che una giocata, un’allucinazione. E intanto, il Milan, resta allucinante, passivo, balla al ritmo imposto dagli olandesi, che si sa, hanno fatto la storia sul dancefloor, sopra le 150 battute al minuto. A proposito di Storia con la maiuscola, il Feyenoord non vinceva una gara europea ad eliminazione diretta da oltre mezzo secolo. Ecco cosa vuol dire avere pietà: non solo accogliere la sofferenza, ma anche alimentarla con stile.
“Show me mercy with your love
I messed up and I need your touch
Show me mercy”
E abbiamo incasinato pure questa. Potevamo esser agli ottavi ma abbiamo deciso che due partite di playoff avrebbero reso tutto più interessante. Si poteva giocare il ritorno a San Siro con serenità ma perché non trasformarlo in un poema fra l’epica e la tragedia? Attendiamo con ansia di scoprire la prossima, emozionante mutazione di questa squadra. Nel frattempo noi milanisti restiamo in quella posizione nata dal genio di Michelangelo, certamente suggestiva, affascinante ma diciamolo, inizia ad esser un po’ scomoda.