BPM (Beats Per Matches): Cagliari–Milan 3-3 ovvero GOOD AND EVIL

(di Max Bondino)

I valori morali non dovrebbero esser qualcosa di soggettivo. E invece lo sono più di quanto ci piace immaginare. Cultura e società stabiliscono linee guida condivise su cosa sia giusto o sbagliato per facilitare la convivenza. Sono differenze sottili ma inesorabili. Come quelle che passano fra l’espressione: “nel bene e nel male”, tipico dell’amore devoto, rispolverato dopo Madrid e il “bene o male” stizzito con cui ce la si cava a Cagliari. Ancora una volta, il Milan e i suoi tifosi si guardano in faccia scoprendo, con fastidio, di somigliarsi un po’ troppo.

“Caught you walkin’ like a gangster
Saw you grabbin’ the controls
Now you’re almost outta batteries
You gotta sweater much too small”

Ci siamo riavvicinati al campionato con la camminata da duri di chi ha “fatto brutto” in Champions League ed è bastato un minuto di Serie A per tornare ad esser quel compagno di scuola col maglione stretto e infeltrito che tutti bullizzano. Primo corner, primo tentativo, prima blasfemia. La palla attraversa la nostra area, concedendosi anche un rimbalzo per finire, sul nostro lato sinistro, precisa sul collo del piede di Zortea che la scarica in porta, senza deviazioni, nonostante l’affollamento davanti a Maignan. Il Cagliari costruirà la sua partita copiando ed incollando con dovizia questa situazione, ad libitum.

“When the dust comes up blowin’ ‘cross the plains
Pictures fallin’ in and outta their frames!”

Mentre il Milan si scopre ancora una volta impolverato e confuso, conferma la sua vocazione a reagire anziché, più semplicemente, “agire”. Nasce così un quarto d’ora dove seguiamo l’esordio coraggioso di Camarda, mai estraneo alla lotta, al servizio prima di Chuckwueze e poi di Pulisic nell’azione che porta al primo tiro di Rafa, alto sulla traversa, al nono. Cinque minuti ed ecco Tijjani Reijnders danzare sulla linea di confine fra bene e male, pronto ad accompagnarci dalla parte giusta con una leggerezza estetica disarmante. Così, col gusto del superfluo che solo gli artisti hanno, lo vediamo infilarsi in mezzo a due avversari solo per sfuggirgli via ed impreziosire ancora di più l’onirico scavetto che mette Rafa solo davanti alla porta. Pallonetto e pareggio.

“Good and evil, good and evil
They turned ‘em loose, they turned into people”

L’eterna lotta che ci riguarda fra ciò che sappiamo fare e quello in cui ci cacciamo. Quanto bene e quanto male si può giocare nella stessa partita. Attacco e difesa vivono come estranei negli spazi di co-working. Ci si ignora mentre ognuno fa ciò che gli pare. Pavlovic e Thiaw non sono esattamente il mio ideale di coppia romantica, col primo sempre in soggezione quando non è chiamato al puro contrasto fisico, costretto a momenti di intimità col pallone e il secondo a seguire i dettami di una mamma apprensiva: “non correre che poi sudi e t’ammali”. Conoscendo la misera vocazione di Theo a difendere (e sperando che quella religiosa porti presto Emerson Royal in un monastero), la linea altissima tenuta a Cagliari è parsa un filo azzardata, seppur funzionale, come al 28esimo quando Piccoli infila, si presenta solo davanti a Mike e lo supera. Solo il fuorigioco ci mantiene vivi. Il Cagliari (e temiamo non solo lui) ha ormai capito che basta buttare dentro palle alte per seminare il panico. Al 39esimo altro traversone dalla sinistra per la testa di Zortea che colpisce benissimo, Maignan la inchioda letteralmente sulla linea con l’ennesimo gesto sublime di un momento personale strepitoso destinato ad esser offuscato dalle difficoltà collettive.

“Now we’re wrestlin’ with the forces of good and evil”

Ma si lotta. E sul ribaltamento, Fofana, col piede debole, trova un’incredibile imbucata rasoterra che mette Leao solo davanti al portiere, lo scarta sullo slancio depositando in porta il vantaggio. Ma bene e male continuano a darsele e un minuto dopo Maignan deve di nuovo salvare su Piccoli in uscita bassa. Allo scadere il Cagliari trova il pari con il solito cross verso il lato sinistro dove Zappa colpisce al volo indisturbato. Fortunatamente per noi, Viola (in fuorigioco) cita Tomasson contro l’Ajax non riuscendo a trattenersi dal toccare la palla ad un centimetro dalla linea. Avremmo dovuto meritarci il regalo, nella ripresa. E invece no.
Passano dieci minuti poco gustosi, ripieni di rischi, prima di inventarci letteralmente l’azione del pari. Fofana, dopo un colpo di testa sbagliato, decide di alleggerire all’indietro mentre tutta la difesa si muove verso di lui. Zappa si ritrova servito dentro una voragine, anticipa Mike ed è 2-2. Camarda si fa vedere poco dopo con un colpo di testa centrale ma ancora di più al minuto 63 salvando sulla linea il vantaggio dei sardi. Poi, lascia il posto ad Abraham che porta avanti noi al 69esimo con un tap-in dopo un bel diagonale di Pulisic. Altri tre goal e non bastano mai.

“Talkin’ like a monster
Smellin’ like a baby”

Possiamo fare la voce grossa là davanti ma dietro, l’odore di borotalco non sfugge a nessuno. Ed è particolarmente intenso allo scadere, quando Augello mette quello che è probabilmente il quindicesimo pallone uguale da sinistra a destra. Questa volta non è neppure troppo teso, lasciando il tempo a Theo per controllare Instagram e a Zappa quello di coordinarsi. Collo pieno, all’incrocio dei pali e può correre ad aggiungere, così, anche il suo nome all’infinita lista di onesti giocatori armati di fionda a cui abbiamo regalato una serata eterna.

“So don’t be surprised
You got what it takes
Messin’ round like monkeys and apes”

L’AC Milan si guadagna, scientemente, l’ennesima sosta al massacro, fra grugniti primordiali, ancora incastrati lì, nel grigio morale fra il bene e male.

 

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