BPM (Beats Per Matches): Bayer Leverkusen-Milan ovvero Double Life

(di Max Bondino)

Mandate a letto i bambini. Se l’orario non lo consente allungategli un telefono, un tablet. Insomma, quelle pratiche genitoriali di prima fascia per permettere agli adulti di discutere di cose serie. Ok, ora che non ci sentono, parliamo di DNA europeo (X-Factor e il nuovo autolavaggio a gettoni, ce li teniamo per l’after party).

Ora, la verità può emergere. Con l’AC Milan nella terra dove i veri “illuminati”, poco più di due secoli fa, hanno dato vita al loro movimento, andiamo alla ricerca di quel pensiero razionale di cui si vantavano nel tentativo di abbattere, in primis, le superstizioni. Mi avvicino al vostro orecchio col cappuccio calato bene sulla testa, fissate un punto nel vuoto, non tradite emozioni:

“Il DNA europeo non è mai esistito”.

Neppure quando alzavamo coppe a cadenza semestrale. È solo che avevamo quasi sempre i migliori in circolazione con la nostra maglia addosso. Talmente forti da radicalizzare un’idea mistica anche in chi non ci amava.

“Who will you be tonight?
That’s the question”

Quindi, oggi, la domanda diventa questa. Che squadra saremo o meglio, cosa possiamo realmente essere. Molti giocatori dell’AC Milan attuale sono già ampiamente illuminati in merito, presentandosi alla BayArena con un timore reverenziale di cui approfittano i rossoneri sbagliati. Fonseca, in settimana, indispettito dalle dichiarazioni di Xabi Alonso sul difensivismo italiano, non sembra aver fatto arrivare il suo sdegno alla squadra che gioca a viso aperto per 30 secondi (i primi) con una bella combinazione fra Leao e Reijnders che però, sul più bello, controlla male, dopodiché Xabi Alonso dixit.

Sensazione di costante apnea. Davvero troppo marcata di fronte ad una squadra con grande, talento, velocità ed organizzazione ma che, da subito, ci sembra anche parecchio vulnerabile (in campo, lo scopriremo troppo tardi). Così, non ci stupiamo del vantaggio di Boniface al minuto 20, fortunatamente annullato per il fuorigioco di Frimpong (uno che, a tratti, fa sembrare lento Theo Hernandez, per capirci) e neppure dei soliti miracoli di Mike a mantenerci vivi sino al nostro primo tiro in porta al (ehm…) quarantesimo, con Pulisic. Ma è poco dopo la vera grande occasione. Quando immaginiamo per un attimo Reijnders solo davanti al portiere se non fosse per un intervento irreale di Tah a sporcare il passaggio letteralmente con l’ultimo tacchetto in allungo.

“Your life double-sided
Two-faced like coins”

Trovare punti in comune con la squadra ritrovata in campionato e la povera creatura mal ricucita della Champions è un esercizio terribilmente difficile. Il Milan tenta subito, in apertura di ripresa di chiamare fuori il Bayer costruendo dal basso con una lentezza, però, totalmente inadeguata a questo livello e rischiamo subito la vita dopo una sanguinosa palla persa da Theo, Maignan dimostra ancora una volta di valere la competizione. Anche poco dopo, nella respinta sul tiro di Frimpong (dopo una grande sponda di Grimaldo) ma sul tap-in di Boniface si va meritatamente in svantaggio.


“It doesn’t matter to you if you get heads or tails
You just don’t like to flip all the time
But if you spin it then you get to see both sides
Oh, the thrill of the double life”

Da qui, emerge una chiara natura schizofrenica. Non si tratta neppure di alternare l’una o l’altra faccia nel “testa o croce” del nostro destino. L’AC Milan è come una moneta impegnata a girare vorticosamente su sé stessa mostrando tutto il meglio e il peggio di sé anche nella stessa partita. Così, di botto, vediamo il Leverkusen chiudersi e noi contare le occasioni. Clamorosa quella per Reijnders che, con tutta l’eleganza di cui è capace, riceve in area, pensa troppo, si libera di mezza difesa con una finta ma calcia troppo centrale e Hradecky para d’istinto. Entra Morata a mezz’ora dalla fine mostrandosi sempre famelico, come al 72esimo, con una scivolata ai limiti della follia proprio su Hradecky impegnato a prendersela troppo comoda coi piedi sulla sua linea di porta. Ci riprova, su un cross di Fofana (forse, nella sua miglior versione da quando è qui).

Minuto 82. la botta da fuori di Theo (con deviazione) colpisce la parte bassa della traversa, il pallone torna in mezzo all’area dove Alvaro mette a lato, di testa, a porta sguarnita. Sembrava oggettivamente più difficile sbagliarlo. A quattro dalla fine, anche Loftus trova una gran botta in piena area ma come dicono quelli che capiscono di calcio: Forse la prende troppo bene e non angola abbastanza. In mezzo a tutto questo, il Bayer riparte in contropiede spesso ma quantomeno nella mezz’ora finale si è vista una partita vera a cui abbiamo partecipato. Nel frattempo è entrato anche Chuckwueze il cui impatto è legato al farci sprecare i quattro minuti di recupero perdendo ogni singolo pallone toccato. Nonostante questo, collezioniamo il nostro sdegno quotidiano quando Loftus Cheek viene abbattuto da dietro sulla linea dell’area. VAR sintonizzato sui Minion come nel primo tempo, sulla manata intenzionale di Tapsoba sulla faccia di Theo. Il gigantesco problema di aver ormai il peso politico del Grassoppher, in Europa, è un argomento che questa dirigenza, fra un caffettino con Beppe Sala e l’altro, dovrebbe iniziare a porsi.

“It’s now or never, on this, everything rides
Before the spinning stops, you must pick a side”

Torniamo a quella monetina esistenziale che gira senza sosta. Prima o poi si fermerà e sarà obbligatorio scegliere una faccia. Non si tratta neppure più di scelte, a dirla tutta ma di prese di coscienza. Vorremmo tutti potercela giocare, la Champions ma sappiamo di essere il “+1” alla festa di altri. Certo, si può onorare la presenza meglio di quanto fatto nella prima ora e credo lo faremo nelle uscite alla nostra portata ma (non per nostra scelta) oggi questa competizione per noi (ed altre 30 squadre circa) è solo un gigantesco “bancomat”. Per tornare ad essere fra le quattro che si giocano anche un trofeo non servono “investimenti” ma montagne di soldi da gettare al macero che nessuno ha.
L’errore più grande, ora, sarebbe ridimensionarsi dopo esserci ritrovati. In Serie A, nel mondo reale.

 

 

 

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