(di Max Bondino)
Simulazioni, universi. Differenze impercettibili che creano mondi nuovi. Apparentemente sembrava tutto al proprio posto. E voi, siete sempre gli stessi? Di nuovo davanti a queste parole o mentre vi girano attorno, con le cuffie in testa o sputate da quello speaker da cui, ammettetelo, quest’estate è uscita roba di cui vi vergognate anche un po’.
“Where does it come from?
When everything was outside
Busted and blue
How in the universe
Through the lithium
Busted and blue”
Da dove arrivasse, quella sensazione di costante malinconia ad attraversare galassie ricche di Europei, di Olimpiadi ma povere di Milan, è stato chiaro non appena ho avuto il privilegio di tornare ad essere una tessera del puzzle di San Siro. Ora cominciamo.
Non benissimo, però. Fonseca, forse, pensava di farci un favore, rassicurandoci con una formazione “familiare”, impreziosita da una mossa in stile Scooby Doo con Theo Hernandez a levarsi la maschera di gomma rivelando Saelemakers, celebre terzino sinistro (ideona che ha ricordato il Calabria centrocampista con cui Pioli amava provocarci). Così, è proprio “Fonsie” l’unica novità, inconsapevole della fatica con cui ci siamo trascinati in fondo alla scorsa stagione e di quanto avessimo un bisogno atavico di variabili in questa realtà.
Ci pensa il Torino ad aggiungerne almeno una di rilievo, con un calcio d’inizio proveniente dal multiverso, lanciandosi verso la nostra porta come fosse la finale dei 100 metri. Maresca impiega un minuto per spiegare a dei calciatori professionisti come va battuto il kick-off. Bentornati in Serie A.
“A shadow on the wall
An image made by Virgil
To rule over us all”
Una proiezione distorta. Un altro viaggio fra l’inferno da cui nasciamo e il purgatorio. Non è la partita che speravamo di vedere. Ho dormito pochissimo in questa ennesima estate incendiaria sul pianeta Terra, ancora meno per vedere le amichevoli dell’AC Milan negli States. In campo non c’è nulla di tutto ciò che di buono si era visto, col sottofondo dei condizionatori, nel cuore della notte.
L’aggressività è tutta dei granata, fanno loro la partita, noi davvero molto imprecisi ma almeno, umilmente, ripartiamo spesso e qui, purtroppo, fa male al cuore dover immediatamente ritrovare le enormi, irrisolte, gigantesche difficoltà sottoporta di Rafa Leao. Al settimo guadagna un angolo con un diagonale deboluccio dentro l’area ma è sul corner che, dopo un colpo di testa di Thiaw salvato sulla linea, calcia sopra la traversa, da un metro, a porta vuota. È solo la prima messa in scena di un intero repertorio di errori ed orrore. Va detto che tradiscono un po’ tutti, mentre il Toro cresce, Zapata aggiusta la mira ma è una goffa danza fra Tomori e Thiaw a portarli in vantaggio. Alla mezz’ora, un suo traversone trova Bellanova a colpire di testa sul palo lontano, lo prende in pieno, la palla rotola sulla linea ma i nostri centrali, la invitano ad entrare con in mano un gin-tonic. Il primo tempo si chiude con due spettacolari interventi di Mike Maignan prima su un colpo di testa potentissimo sempre di Duvan Zapata al minuto 38, poi su una gran botta in area di Ilic al 44esimo. In mezzo, Rafa, lanciato in campo aperto da Loftus Cheek fa 50 metri palla al piede ma solo davanti a Milinkovic Savic, non sceglie un angolo, sceglie lui, colpendolo in pieno.
“To amplify the sirens and to find real amends
I’m through the echo-chambers to other worlds away”
Quando le sirene cantano, si consiglia di andare nella direzione opposta. Per evitare guai. Non ci sono soluzioni lì, nemmeno redenzioni, serve un mondo intero di cose nuove. Ma se la prima occasione della ripresa è nostra, con Pulisic che sfrutta una disattenzione nell’area granata, saltando anche il portiere, ma è ormai troppo defilato per concludere, il primo quarto d’ora scivola via fra solite incertezze, pericoli e perdite di tempo imbarazzanti concesse solo qui. Una notizia: La Serie A Enilive è sconcia quanto la Serie A Tim.
Al minuto 60 entrano finalmente Theo, Reijnders e Morata. La scossa portata da Alvaro è quella di un fulmine che collega terra e cielo, si sente il botto e l’aria attorno diventa elettrica. Per certi versi è quasi imbarazzante la discrepanza di intensità, voglia e rabbia fra lui e tutti i suoi compagni. E’ qualcosa su cui riflettere, come le sue dichiarazioni nel post. L’ottima notizia è che uno con la sua personalità e carisma non lo vedevamo dalla seconda venuta di Zlatan. Nonostante Alvaro si conquisti un rigore con un gran movimento (poi negato al VAR), è il Toro a raddoppiare, in modo legittimo, poco dopo, ridicolizzando Calabria e tutta la nostra fascia destra con Lazaro, palla in mezzo che scavalca Mike, verso la testa di Zapata che insacca facile.
Proviamo a reagire ma sempre con mille imprecisioni, tiriamo tantissimo e sempre molto male. Morata segna all’81esimo sulla ribattuta di un tiro da fuori di Reijnders ma è in fuorigioco. Subentra anche Musah, litigando con tutti i palloni, tranne l’ultimo, fortunatamente. Al minuto 89 Alvaro mette quello buono andando a deviare quanto basta un tentativo dal limite di Tijjani.
“All my life
All my life
Beam a light”
Un lampo. Una dinamica che ricorda decine di goal di Pippo Inzaghi, sarà stato quello (o più probabilmente la frustrazione accumulata ma siamo gentaglia romantica, lo sapete) a trasformare San Siro, ancora una volta, in una Supernova accecante, assordante, per i dieci minuti successivi. Il Toro sembra subirne l’onda d’urto vanificando quanto di buono fatto fino a quel momento. Perché il recupero ne prevede 8 (sindacali, sia chiaro), entra anche Okafor per un fischiatissimo Davide Calabria. Assalto isterico, come in tantissime, troppe altre occasioni. Al minuto 95, Musah fa finalmente pace con la palla e mette in mezzo da destra un gran traversone, Noah la gira al volo di puro talento. Rischiamo addirittura di vincerla con Theo ma il terzo goal del Milan in questa prima (e già assurda) giornata di campionato lo aveva segnato Junior Messias, sempre nel recupero, a Genova, un paio d’ore prima.
“Beam a light
On me, I am a satellite
And I can’t get back without you
Be my love”
È successo di tutto, non è successo niente. Aspettiamo un segnale, però. Chiaro, pulito, un raggio di luce che faccia chiarezza subito su ciò che dovrà essere questo nuovo Milan. Noi torniamo ad essere suoi satelliti, attratti in modo irresistibile e a volte incomprensibile ma d’altronde, l’amore è ciò che fa incazzare di più al mondo, ricordiamocelo.