(di Max Bondino)
Fuori posto, inadeguati, giudicati. Quella sensazione atavica di disagio, la ricerca dell’autenticità e quella dannata lotta per accettarsi. È una condizione meravigliosa che molta gente vive una sola volta nella vita, durante l’adolescenza ma chi, come noi, ha deciso di fare rima col Milan, continua a danzarci dentro per tutta la vita, come ai festival, coperti di fango con un inspiegabile sorriso che mica potete capire.
“Everybody here
Comes from somewhere
But they would just as soon forget
And disguise”
Ci presentiamo così, nella (supponiamo) “ridente Riyad”. Inzaccherati dal pantano della Serie A nella speranza di ingannare qualcuno, magari ci scambiano per una squadra migliore. Cosa probabile, visto che sugli spalti quasi tutti indossano contemporaneamente una sciarpa bianconera ed una maglia del Milan o viceversa. Il mio preferito resta un tizio col cappellino della Juve e una sciarpa rossonera che recita: “SAN SIRO”. Continuate così, ottimo lavoro. Non a caso i teenager, oggi, preferiscono vedere Bonucci zoppicare su Twitch in Kings League. Nell’attesa che la prossima Supercoppa Italiana si giochi coi dadi di Dungeons & Dragons sulla Stazione Spaziale Internazionale, giochiamoci questa.
“Took you up and away from this place
And sheer humiliation
Of your teenage station
Nobody cares, no one remembers and nobody cares”
Il Milan più adolescenziale della storia recente ritrova l’avversario perfetto per ricordarsi come errori ed umiliazioni definiscano la nostra identità quanto la gloria. È un viaggio unico, dalla figurina di Joe Jordan che non avresti scambiato per Platini a Gigi Buffon lanciato sulla sua destra mentre il piattone di Sheva la manda lì, a sinistra, per sempre.
Ora però, diciamocelo. “La Juve è una roba brutta”. Non è solo un’ottima idea per l’eventuale primo tatuaggio della mia vita e neppure l’analisi lucida di un problema sociale, ultracentenario, che strangola il nostro paese ma anche la constatazione della pochezza assoluta di una squadra di calcio allenata da un tizio che, grazie ad una bellissima stagione a Bologna, gode inspiegabilmente di una stampa asservita che neppure il Guardiola (pre esaurimento nervoso), ha mai avuto.
Il fatto che noi, nel primo tempo, si riesca a fargli fare bella figura racconta molto bene quanto le nostre facce butterate dall’acne possano fare tenerezza, al momento, ma difficilmente incutere timore. Il Milan di Conceicao è sembrato praticamente quello di Fonseca con le idee molto più incasinate. E non potrebbe essere altrimenti, sia chiaro. Ne è l’incarnazione Bennacer, tornato immediatamente al centro del progetto dopo quasi un anno di terribili sfighe ma tremendamente in difficoltà. Nonostante questo, non solo occupo un posto sul suo carro ma lo sto costruendo a mani nude, a maggior ragione dopo quelle parole motivazionali a fine partita. Ma restiamoci dentro. Accade davvero poco, pochissimo, sino al loro vantaggio al minuto 21. Mbangula trova un filtrante che taglia fuori Thiaw e soprattutto Theo, la palla arriva ad Yldiz che controlla dal vertice, entra in area e la scaraventa con violenza sotto la traversa.
“Oggettivamente un bel goal”, commento così, rivolto verso la Madonna di Lourdes scesa al mio fianco per l’occasione con una delle sue boccette omaggio. Beviamo.
“How you cried and you cried
“He’s alive, he’s alive”
Un po’ di magone ma anche se non si vede, Il Milan respira ancora. Nonostante le pochissime idee, se Papa Yankee Cardinale volesse proprio venire incontro alle nostre tumultuose esigenze ormonali, al posto del motorino, a gennaio, ci servirebbe un centravanti, di quelli che tirano in porta, avete presente? Che poi segnano ed esultano con le braccia sgangherate per aria. Una roba easy.
Nella ripresa, ancora Yldiz (che aveva chiuso il primo tempo impegnando Maignan), porta palla e trova un bel diagonale, fortunatamente a lato. Un minuto dopo regala una palla d’oro a Vlahovic che in solitudine, dal dischetto, trasforma in materiale organico meno nobile. Il nostro momento da highlights arriva al 55esimo, quando sugli sviluppi di un corner, Theo si ritrova sul destro il pallone nell’area piccola con la porta spalancata. Alto sulla traversa, la Madonna di Lourdes mi passa un’altra delle sue boccette magiche.
Il fatto è che siamo più gente da diavolerie, noi. Così, al minuto 70 ci pensa Manuel Locatelli. L’uomo accostato a Zidane dalla stessa stampa che racconta un pareggio casalingo allo scadere col Venezia all’Allianz come un’impresa di carattere. Eccolo inseguire Pulisic, innocuo, spalle alla porta, sino al vertice dell’area e lo abbatte ululando. Non essendoci una sede della Confindustria a Riyad, è calcio di rigore. Christian lo calcia fortissimo e centrale quanto basta.
“He’s alive, he’s alive”
Vivi. Ma c’è qualcosa di sovrannaturale in ciò che accade cinque minuti dopo. Musah (subentrato a Bennacer) fa ciò che gli riesce meglio, correre. Il cross che tenta dalla fascia destra al 75esimo viene deviato da Gatti prendendo una direzione insensata, rotolando verso la loro porta con Di Gregorio controtempo, uscito malamente in precedenza. Sembra uno di quei goal scriptati al 90esimo che chiunque abbia giocato almeno una volta a Fifa in vita sua, conosce.
“Oggettivamente un goal bruttissimo, ma che bello è” dico, girandomi verso la Madonna di Lourdes scoprendo che ha abbandonato, sdegnata, il mio divano da un pezzo.
Il Milan prende coraggio, forte del fato favorevole ma è la Juve ad avere una palla goal clamorosa con Gatti, da zero metri, al 95esimo. Il suo tiro a colpo sicuro viene respinto da Gabbia addirittura di tacco, con riflessi da cobra, un gesto che, visto al replay, sembra una di quelle mosse spaccadita di Street Fighter.
“It’s an experience, sweet, delirious
Supernatural, Superserious”
Con la bellezza goffa di un adolescente, l’AC Milan si regala una finale di coppa contro quel solito bullo insopportabile. Non abbiamo il tempo di diventare adulti per l’occasione ma proviamoci lo stesso, così, incoscienti, infangati con quel sorriso un po’ scemo in questa danza fragile.