(di Max Bondino)
Poche cose sanno essere ambigue e polivalenti come il concetto di “luce accecante”, c’è dentro di tutto. Dalle illuminate rivelazioni mistiche al puro e semplice caos nel ritrovarsi incapaci di vedere ciò che ci circonda. Attrazione e pericolo, salvezza o sovraccarico. Eccoci ancora una volta qui, ad esercitare con tutte le altre falene rossonere, la nostra passione distruttiva.
“You don’t even have to do too much
You can turn me on with just a touch, baby”
Non c’è mai stato bisogno di bagliori affascinanti per radunarci tutti attorno all’AC Milan, in quanto a devozione estrema e sacrificio per un ideale, le falene, hanno solo da imparare. Però, due conti li avevamo fatti e per continuare a coltivare quei sogni ingenui di cui si alimenta il tifo per una squadra di calcio, vincere con l’Atalanta sembrava davvero l’ultima opzione possibile. Non essendo, noi, dei geni, è stato chiaro fin da subito che quei calcoli li aveva fatti anche la squadra e non a caso, l’approccio ai primi 45 minuti è stato senza dubbio uno dei migliori dalla seconda venuta di Zlatan, da quando il mondo del calcio ha deciso che Milano è in provincia di Bergamo.
“I look around and
Sin City’s cold and empty (oh)
Mai così propositivi, a casa loro. In una città in cui abbiamo peccato molto, dopo 14 secondi, occasione clamorosa per Pulisic, diagonale in area che Carnesecchi respinge. La facilità con cui il Milan riesce a bucare la difesa atalantina è qualcosa di nuovo (di cui purtroppo nessuno parlerà, visto il finale) ma l’esecuzione del buon vecchio “palla dietro-palla avanti”, avanzando organizzati, trovando spazi in velocità, sempre con due tocchi al massimo ci fa un po’ brillare gli occhi regalandoci anche il rimpianto di un bellissimo goal di Morata annullato per fuorigioco. Hey, chi ha detto “rimpianto”?
“No one’s around to judge me (oh)
I can’t see clearly when you’re gone”
Il goal di DeKetelaere era talmente scontato nella banale stesura da romanzo “Harmony” di questa stagione che quasi lo aspettavamo trepidanti, così da togliercelo di mezzo e continuare la nostra partita. Arriva al 12esimo su angolo battuto da De Roon. Nell’area piccola, sul secondo palo, Mike non esce, Theo difende sempre un po’ come il suo idolo Gareth Bale e quel vecchio acronimo di un CDK gli salta in testa, appoggiandogli entrambe le mani sulle spalle. In qualche modo ci spiegano che si può fare, se sei biondo, ma hai inspiegabilmente le sopracciglia nere, mi sembra di aver capito così.
Ma è un bel primo tempo, quello del Milan. Lo so che non è trendy, dirlo, ma tant’è. Non a caso, il pari arriva una manciata di minuti dopo, al ventesimo, con bellezza e semplicità. Innescato da Theo, Rafa brucia la sua fascia fino in fondo, mette in mezzo teso per Morata che impatta, violento, in rete. L’Atalanta resta pericolosa, specie con Lookman ma aldilà di qualche sbavatura difendiamo bene con Gabbia e Thiaw sempre attenti, rispondendo colpo su colpo. Non so per voi, ma molta della mia felicità, negli ultimi anni, dipende dallo stato di salute di Christian Pulisic. Attorno al 40esimo, quando lo vediamo uscire per un problema al polpaccio avrei bisogno che qualcuno mi abbracciasse.
“I said, ooh, I’m blinded by the lights
No, I can’t sleep until I feel your touch
I said, ooh, I’m drowning in the night
Oh, when I’m like this, you’re the one I trust”
Accecato dalla perdita, il Milan viene inghiottito nell’oscurità di un secondo tempo da psicanalisi. Sono il primo (forse l’unico) a sostenere che Pulisic sia il calciatore più forte della Serie A ma la sua mancanza non può ridimensionarci come accaduto nella ripresa dove (prima del loro vantaggio con Lookman, di testa, a cinque dalla fine) vediamo un tiro strozzato al 53esimo di Reijnders (che rischia di diventare un assist per Morata), una botta ravvicinata, a lato, di Leao e un contropiede atalantino a cui si oppone Mike, tutto il resto è una gigantesca bolla psichedelica in cui il Milan cerca di rifugiarsi cercando di trascinare con sé gli avversari per convincerli che va bene così, un pareggio, non è poi così male. Invece lo è. Sembra davvero che la reale dimensione di questo club venga presa in considerazione solo quando c’è una nuova clip da realizzare per promuovere altro merchandising mentre chi ne fa parte si sia adeguato al ruolo che da anni, la comunicazione attorno alla circense Serie A, ha deciso di cucirci addosso. A tal proposito, fa sinceramente male vedere Fonseca costretto a fare dichiarazioni ineccepibili sul nostro attuale peso politico inesistente al posto di una dirigenza che lo è altrettanto, con l’unico risultato di passare per “piangina”.
“I’m running out of time
‘Cause I can see the sun light up the sky
So I hit the road in overdrive, baby, oh”
Sembra davvero non esserci più tempo anche se, lo sapete, da brave falene, restiamo sempre pronti a picchiare forte la faccia contro la prossima, luccicante, illusione di grandezza.