(di Max Bondino)
Il rispetto per la legge è un’illusione, un sogno che svanisce non appena ci si rende conto che la stessa legge non è degna di rispetto. In un mondo dove chi detiene il potere scrive le regole, è facile dimenticare che quelle regole non sono mai universali, né tanto meno giuste. Ogni volta che una legge non serve più (o diventa utile ad altro), viene piegata, manipolata, riscritta con la stessa facilità con cui si cambia un vestito. La legge non è più il fondamento della giustizia, ma una macchina perfetta per mantenere il controllo, per perpetuare un sistema che non lascia spazio a chi non ha più forze per abbatterlo. Quella legge, che dovrebbe essere lo scudo che difende i diritti, diventa invece una spada che affonda nella carne nuda, esposta. E forse, non siamo mai stati, più nudi di così.
“What we’re dealing with here is a total lack of respect for the law”
Un paragrafo. Uno solo, concedetemelo. Anche perché l’AC Milan (o ciò che ne resta) è riuscito, con la sua impresentabilità a rendere passabile, anche agli occhi di chi lo ama, che faccia parte del gioco perdere una partita con un assist di mano e un’azione nata da un pallone chiaramente fuori (di cui spariscono replay e immagini fino al giorno dopo). È questo a dare la misura della pochezza attuale di questo gruppo. Dopo gli “Invincibili” e gli “Immortali”, ecco gli “Indifendibili”. Ho speso anni, piegato su un laptop o con un microfono davanti ad inventare iperboli per esaltarli così come nuovi modi creativi per insultarli ma ciò che accade da un paio d’anni attorno al Milan (su più livelli, dai vertici della Lega, alla comunicazione fino agli sgabuzzini delle stanze VAR) mentre la squadra è impegnata a sprofondare in sé stessa, non ha precedenti nella storia di questo campionato già storicamente sporco. La Serie A ha scelto con cura il suo Benjamin Malaussene, siamo noi.
“I’m the law and you can’t beat the law”
Ne abbiamo preso atto. La legge, anche nel mondo del calcio, per sicurezza, si schiera da sempre coi forti e noi non lo siamo, ce ne siamo accorti da un po’. E lo sapevamo anche al termine di un primo tempo concluso con il vantaggio, nato dalla scaltra spizzata di Gimenez per lanciare Rafa in porta a modo suo ma aperto da un minuto che racconta tutta la nostra stagione. L’occasione sprecata proprio da Santiago dopo 20 secondi e l’ennesimo tentativo di autogoal di Thiaw, ormai una sorta di trademark. Quando, al minuto 12, Joao Felix viene lanciato in solitudine verso la porta, trattenuto platealmente per la maglia nell’indifferenza arbitrale e rimproverato in cronaca per non aver evidenziato meglio rotolandosi a terra, capiamo di non essere ospiti graditi neppure stasera. A corredo della serata, tutte le difficoltà di repertorio che conosciamo benissimo esasperate da un nervosismo esploso immediatamente, troppo plateale per avere radici solo in un arbitraggio che lasciava correre di tutto, da ambo le parti. Il Milan ha la faccia del suo allenatore. Non ne ha assimilato il carisma (se esiste), il carattere (crediamo ne abbia fin troppo) o dettami tattici (boh) ma sicuramente ha la sua espressione costantemente emaciata, sofferta e diciamolo: arresa.
Se la scelta di Fonseca era chiaramente sbagliata a priori, quella di Conceicao ha probabilmente prodotto più danni ancora, impegnato a far cedere tutti quelli con cui ha litigato in poche settimane mentre la società, a gennaio, affastellava nuovi buoni giocatori che nulla hanno da spartire con le sue promesse di creare una squadra piena di quella “garra” che tanto piace ai consumatori seriali di reels su Instagram. Questo Milan non può esserlo, è una rosa di “ballerine” che se la tirano un po’, puoi chieder loro di metter su qualche bello spettacolo ma mai di andare in guerra.
“Crack down at sundown”
In questo scenario di debolezza diffusa, la repressione trova terreno fertile. E la ripresa nasce dall’applicazione più basica della legge di Murphy con protagonista, uno dei migliori dei nostri, da mesi: Pavlovic, che si accartoccia goffamente di testa su un pallone lasciando campo a Ndoye, Theo è costretto al fallo tattico. Sulla punizione assistiamo al momento storico in cui l’assist di mano viene sdoganato in Serie A fra scroscianti applausi. Dopo quello di Fabbian per il pari di Castro, ci aspettiamo di rivederlo presto su tutti i campi in modo da rendere più spettacolare il gioco, un po’ come il rigore presidenziale della Kings League.
Il pareggio, se non altro, pone fine alla blasfemia che ha costretto Christian Pulisic in panchina. Nonostante non riuscirà a cambiare il corso del match, non schierare il proprio miglior giocatore dall’inizio è semplicemente una pratica demenziale. L’occasione più clamorosa capita a Musah che dopo una ripartenza in velocità, si libera con una serie di finte in area ma Skorupski para o è lui a colpirlo (scegliete pure un’opzione in base al vostro legame affettivo con Yunus).
A un quarto d’ora dalla fine Conceicao pensa di vincerla inserendo Jovic al posto di Gimenez. Se volete la riscrivo con un font accattivante, la mettiamo su una t-shirt umoristica, aggiungo un effetto delay alla frase nel podcast, la “pitcho” bassa come la voce di Vincent Price in Thriller…ditemi voi, sono aperto ai suggerimenti.
Cinque minuti dopo, segna il Bologna. Da una rimessa laterale, nell’immancabile distrazione generale, Cambiaghi mette al centro dove Ndoye anticipa Pavlovic in spaccata. La rimessa era nostra, la palla era uscita ma cari i miei Benjamin Malaussene, restate al vostro posto e perdete la partita, tanto siete scarsi per usufruire persino della speranza, figuriamoci della giustizia. Uno schema di Conceicao, però, l’abbiamo capito. A un certo punto butta dentro tutti gli attaccanti e dice a Pavlovic di fare l’imitazione di Gareth Bale. Anche Bologna – Milan finisce così, allegramente a farsi fottere, insieme a parecchie altre cose.
“Fuck ‘em and their law”