Beats Per Matches: Milan-Inter 1-1 ovvero OPEN HEARTS

(di Max Bondino)

Vulnerabili. Completamente esposti, ormai incapaci di proteggerci dalle emozioni o dalle circostanze che ci circondano. È un momento in cui ogni sensazione, anche la più sottile, arriva con un’intensità amplificata. I milanisti hanno vissuto l’ultima settimana così, con un derby all’orizzonte e una tempesta di mercato in casa senza godere più nemmeno del lusso dell’indifferenza. Senza poter ignorare il dolore. Milan – Inter è stata il grido silenzioso di chi ha provato a proteggersi, ma si accorge che le ferite non si cancellano, si imparano a portare.

“I can hear the wind blow, even through the window
I can hear the whisper, even with my ears closed”

Abbiamo sentito e fatto nostro ogni spiffero, ogni sussurro, fra giocatori chiamati a fare i leader, venduti poi in mezza giornata ed altri inevitabilmente epurati dopo liti, risse e un anno di vero mobbing. Ma anche con una coppia di centrali titolari ai quali è stato ripetutamente chiesto di accettare ogni offerta giunta in sede per loro, sino a dieci minuti di prima salire sul pullman, direzione San Siro. Insomma, l’NBA con il clamoroso scambio Luka Doncic – Anthony Davis fra Lakers e Mavericks ha ormai solo da imparare da Milano, distretto di Brooklyn.

Sono proprio le facce rabbiose di Fikayo Tomori e Strahinja Pavlovic a depotenziare l’impatto che l’Inter pensava di poter avere all’inizio del match. In ordine temporale, nella prima mezz’ora, Mkhitaryan, Barella e Thuram vanno letteralmente ad infrangersi contro Fik, ogni intervento, un boato (nel mondo reale, fuori dai social, succede così). Monumentale il serbo, al minuto 28, quando recupera oltre ogni senso logico, ancora Thuram in campo aperto e cinque minuti dopo a chiudere su un tiro al volo di Lautaro. Ho raggruppato volutamente questi momenti per ricordarci che, in dirigenza, nessuno li avrebbe voluti qui, per questa partita. Ah, la “programmazione”, do you know what I mean?

L’Inter segna due goal per conto suo al 7mo e al 33esimo. Situazioni che quando il calcio non era ancora del tutto demenziale, non sarebbero mai esistite visto che sui fuorigioco di un metro, l’azione si fermava. Oggi si deve continuare finché io, al rientro, non sblocco il tornello della metro di Cenisio, quindi loro possono liberamente recriminare la mancata vidimazione del niente.

“Falling, angels call my name
But the things you say
Keeps me alive again”

Fatta eccezione per una serie di corner battuti sempre maluccio e le iniziative di Walker che ci aprono fantasie sconce sulla destra alle quali non eravamo abituati, è la sensazione di lotta, attenzione, applicazione che restituisce elettricità ai cuori di un popolo davvero provatissimo. Scossa che viene liberata sul finire del primo tempo con tre situazioni in crescendo. Prima, al minuto 38 un diagonale potentissimo da posizione defilata di Reijnders con palla diretta sotto l’incrocio su cui Sommer si supera. Al 41esimo è ancora Tijjani a lanciare in campo aperto Rafa che viene recuperato da un grande intervento di Pavard anche se la sensazione è che forse, se la palla fosse stata data un po’ meglio, non ci sarebbe riuscito.

“Trapped inside a limbo, watching through a window of my soul
Suffering, I’ve been low, then I seen your halo”

L’AC Milan attende l’ultimo minuto per strapparci dal limbo emotivo in cui abbiamo cercato rifugio. Abraham riconquista un gran pallone a centrocampo, Bennacer (sempre più in crescita) dirige la ripartenza nel traffico ed innesca Theo, Rafa gli corre a fianco. È un film che conosciamo a memoria e che rivediamo sempre volentieri. La palla in profondità per Leao in area, il tiro. La respinta di Sommer lascia la palla viva nell’area piccola, Reijnders in mezzo a quattro avversari decide di evitarli scagliandola con tutta la forza che ha sotto l’incrocio. Adesso, ripetetemi che vorreste vedere lo stadio vuoto, in momenti come questo e poi andate…a cercare il vostro posto nel mondo.

Sulla sofferenza ad attenderci nella ripresa avevamo pochi dubbi ma fatta eccezione per un harakiri di Theo in apertura con un appoggio nonsense che quasi manda Lautaro in porta, il Milan gioca un buon quarto d’ora anche grazie all’ingresso di Alex Jimenez (poi si dovrà tenere una riunione per aggiornarci su pronunce spagnole e messicane nei prossimi mesi). Lo spagnolo entra benissimo in partita, a tratti imprendibile, come al 49esimo, quando assieme a Reijnders mette Leao in condizione di raddoppiare ma Rafa s’incarta e spreca. Cinque minuti dopo potrebbe rifarsi, volando via in contropiede ma viene fermato dall’abbraccio tattico di Bastoni.

Minuto 56: Fikayo Tomori sbatte un’altra porta in faccia a Barella all’ingresso dell’area. Nuovo boato di San Siro.

Al 60esimo, altri decibel fuori scala per l’intervento che tutti stavamo aspettando. Walker, in scivolata, prende il pallone e l’essere umano chiamato Di Marco alzandolo di un metro e mezzo da terra. Il Milan si propone ancora con qualità mancando però sempre al momento di concludere, speriamo che Gimenez, quello con la “G” di Goal, abbia preso appunti a bordocampo.

Nel quarto d’ora finale, il palo alla sinistra di Mike di colora di rossonero, respingendo nell’ordine i tentativi Bisseck, Thuram e Dumfries. Il francese è protagonista di un sandwich gustoso con Theo e Pavlovic, dove il primo lo recupera sullo slancio colpendo in pieno il pallone in scivolata mentre il serbo fa su buona parte del resto. Cosa aggiungere, da parte nostra, alle lacrime già versate su ogni canale se non che la vita è dura e poi si muore.

Minuto 85: Fikayo Tomori rimbalza Frattesi come ogni door selector dotato di buongusto farebbe. San Siro ruggisce con lui.

A ridosso del 90esimo è Camarda (entrato con una voglia seconda solo a quella dei suoi ormoni) a sradicare un pallone dai piedi di Barella a centrocampo e a cercare un goal da immortale dopo una cavalcata di trenta metri. Il tiro finisce alto di poco. Nel recupero, Mike ci salva su un diagonale ravvicinato di Dumfries ma non può nulla sugli sviluppi dell’ennesimo calcio d’angolo allo scadere (un peccato averne concessi così tanti ad una delle squadre che sa indubbiamente sfruttarli meglio). Palla sul secondo palo, sponda di Zalewski in area piccola per De Vrij che la spinge dentro facile.


Cover my scars (Cover my scars)
When I open my arms (Open my arms)
It’s never easy falling in love again (Oh)

Ci restiamo male ma sinceramente, non malissimo. In questa notte di ferite ancora aperte e cuori stanchi, c’è una sensazione che non ci abbandona. L’AC Milan ha risposto al nostro appello di pochi giorni fa, quando chiedevamo testa, orgoglio e dignità. Ha coperto le nostre cicatrici facendoci sentire vivi ancora una volta ed incredibilmente, ci ritroviamo a stringere forte qualcosa che pensavamo di aver perduto.

Non mollate la presa.

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