28/05/2023 BPM: Juventus-Milan 0-1, ovvero: “The Payback”

(di Max Bondino)

Il 28 maggio 2003, tutti gli accadimenti dopo che Sheva, aprendo il piatto, l’appoggiava sulla destra mentre Buffon andava a gettarsi su un quadrifoglio (che non lo era mica…), hanno il tratto distintivo dei sogni. Tutto vivido ma la narrativa non è affatto lineare, pochi limiti fisici, gravità e tempo alterati. Ricordo chiaramente tutto ciò che ho bevuto ma non chi ho incontrato, le tracce della playlist che avevo preparato (su un cd!) da ascoltare nel tragitto verso il Duomo, poi tante ore confuse, macchiate di rosso e di nero a condurmi, sfatto, davanti all’edicola di fronte alla Galleria Vittorio Emanuele a comprare tutti i quotidiani usciti. In questo onirico orgasmo, c’è stato un solo piccolo momento di concreta lucidità. Nel cuore della notte, seduto in piazza, ho telefonato ad ogni singolo gobbo incrociato nella mia vita, gente che custodivo, gelosamente in rubrica. Un campionario che andava dagli ex compagni spocchiosi delle elementari che non sentivo da anni ad alcune ex fidanzate rompicoglioni, nessuno escluso.

Questo per capirci, qui non alberga la pietà. Il rancore è disciplina olimpica, la vendetta ne è il gesto atletico.

“Hey, you gotta, gotta payback (the big payback)
Revenge
I’m mad (the big payback)
Got to get back
I need some get back!”

Ed oggi ballo. Con tutte quelle mossette irriverenti a la James Brown mentre, come lui, riscuoto uno degli innumerevoli risarcimenti dovuti. Non scherziamo, dai. Sono passati vent’anni, il mondo è cambiato così tanto, tranne i nomi di chi bara. Sono cambiati un po’ anche i milanisti, c’è addirittura chi si sente in difetto nei confronti di chi viene punito per slealtà sportiva. Not my case, io ho memoria, credo si sia capito.

“Say it loud, I’m (red and) black and proud!”

A Torino, è bastato andarci vestiti di rossonero con orgoglio, senza neppure dover urlare troppo forte. Venti minuti di controllo con i tentativi di Krunic (colpo di testa a lato su angolo di Tonali), Sandro che ci prova al 16esimo, pescato splendidamente in area da Diaz (offside di poco) e ancora al 22esimo su cross di Messias. Occasione per loro al 14esimo invece, su un tiro da fuori di Cuadrado, roba che, da quando abbiamo di nuovo un portiere, ci fa al massimo cambiare postura sul divano.
Cambia un po’ l’inerzia attorno alla mezz’ora, la Juve spinge di più grazie alla velocità di Chiesa, Kostic e di quella bella persona di Juan Cuadrado. Ci mettiamo parecchio del nostro, specialmente Krunic che al 27esimo cerca di servire in area Maignan, facendola passare fra Kean e Di Maria in pressing in un atto di pura psichedelia scongiurato da un reparto difensivo tornato attento, con Thiaw e Tomori a dispensare finalmente prepotenza.

Si lamentano, fanno le faccette all’arbitro (come la loro storia insegna) ma sono inoffensivi, in tutto quello sbraitare non producono nulla ed è così gratificante osservarli sull’orlo di una crisi di nervi. (“I’ve got Soul and I’m Super Bad”, lo so). Al minuto 39 “Pietro Paolo Calabria” mette un cross dalla trequarti in area dove non ci sono inglesi dai capelli lunghi a vendicarci da anni bui ma Giroud in sospensione, sopra a Federico Gatti (detto “il predestinato” a inizio stagione). Tutto ciò che accade è il risultato inevitabile di ciò che è avvenuto in precedenza. Come il colpo di testa di Olivier, ad incrociare, sul palo lontano. L’AC Milan è in vantaggio sull’impero del male.

La ripresa scivola via dando il meglio sul finale con due enormi occasioni in contropiede per noi. Al 70esimo un gran velo di Brahim lancia Giroud in campo aperto che, dal limite, ha due opzioni: restituirla a Diaz centralmente o servire Saelemaekers sulla destra, palla al belga e rasoterra respinto da Szczensy. 7 minuti dopo è Theo a lanciare Leao verso la porta con una parabola no-look, Rafa fa tutto bene, si accentra, si libera ma tira alto.

“Blast me but never ask me to live a lie
Am I wrong ‘cause I wanna get it on till I die”

È quando mancano dieci minuti più recupero che Pioli, legandosi in testa la bandana di 2Pac mentre sputa rime sul groove del Godfather of Soul ci comunica di non voler vivere nella menzogna, la sua volontà di perseguire i propri valori a dispetto delle critiche è incrollabile e ci regala una serie di cambi che farebbero alzare il lenzuolo sul naso anche a Stephen King. Pobega per Diaz e…Ballo Tourè per Leao! Buh!

Paura, eh?
Ne avremmo potuta avere, anche perché ovviamente la squadra si abbassa in area a difendere, il messaggio inviato era abbastanza inequivocabile. Fortunatamente la Juventus è attualmente una scritta opaca, la si intravede appena, sotto la prima passata di bianchetto che ce la sta levando dalla vista, migliorando il panorama.

“The one thing that can solve most of our problems is dancing”

Secondo James Brown, ballare, era la soluzione di ogni problema. Ne abbiamo avuti parecchi quest’anno ma che meraviglia uscire da quello stadio silente facendo il Camel Walk, salutandoli con un Funky Chicken, un agile Footwork fino alla Cape Routine, il Milan indossa ancora una volta il mantello della Champions League per poi scagliarlo verso il pubblico. Non so voi, ma io ballo.

“Whoa! I feel good, I knew that I would, now
I feel good, I knew that I would, now
So good, so good, I got you”

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