Un due tre Stella

Il secondo gol di Chiodi su rigore. Che bello il pallone a esagoni bianchi e neri.

A noi nati quando c’era già la tv a colori, diciamo la verità, il Torino non ci ha mai fatto né caldo né freddo. Mai un bisticcio, uno screzio, una vera rivalità; qualche trattativa di mercato abbastanza sordida e, sul campo, una lunga serie di pareggi – otto consecutivi – molti dei quali nei primi anni ’90, quando si parlava diffusamente di una presunta affinità elettiva tra il super-Milan di Berlusconi e il Torino che l’ambizioso Gian Mauro Borsano condusse a un passo dalla bancarotta (con la gentile collaborazione di Moggi Luciano) (no, lo scriviamo perché molti granata fanno finta di dimenticare che Lucianone è passato a far visita anche da loro, e per ben due volte) (capito, Aldo Grasso?) (fine delle parentesi). Ah sì, una volta ci segnò una doppietta un certo Pinga – ma sono dettagli.

La time machine ci porta dunque al 14 aprile 1979, vigilia di Pasqua, poche settimane prima che il Milan di Liedholm conquisti il suo decimo scudetto, quello della Stella. La classifica è quanto mai insolita visto che, con gli orchi juventini una volta tanto fuori causa, il discorso-scudetto è riservato a un bizzarro trio: noi, il Torino e il sorprendente Perugia di Castagner, che chiuderà il campionato senza sconfitte (prima squadra della storia a riuscirci). Milan 38, Perugia 36, Torino 35. Sei giorni prima abbiamo stoppato l’assalto del Perugia, andando a pareggiare 1-1 a Pian di Massiano e tenendo il Grifone a due punti di distanza; oggi ci tocca l’altra concorrente, il Toro di Gigi Radice, in fase un po’ declinante dopo i fasti che avevano portato allo scudetto del 1976 e al memorabile duello punto a punto con la Juve l’anno dopo.
Non siamo esattamente la squadra più forte del campionato. Il Barone si è inventato una specie di 4-5-1 con il compianto Stefano Chiodi unica punta e gran parte della manovra d’attacco (e dei gol) affidata a un nugolo di prolifici centrocampisti. Tra le avversarie, la frase ricorrente è: “Non possono andare avanti così”. A furia di non poter andare avanti così, intanto, siamo arrivati ad aprile e oggi abbiamo la buona Stella di affrontare i granata privi di due pilastri come Patrizio Sala e Paolino Pulici, surrogato dal giovane Iorio; anche Claudio Sala è abbastanza malandato ma Radice decide di rischiarlo. Intanto, proseguendo nella politica dei fari spenti, le dichiarazioni pre-gara sono più prudenti di un congresso DC: “Il pareggio sarebbe già un buon risultato” dice Maldera, che per indole e costituzione dovrebbe essere quello più votato all’assalto.
Dopo una mezz’ora iniziale in cui si gioca a scacchi, la partita esplode negli ultimi dieci minuti del primo tempo. Su un cross da sinistra De Vecchi assesta una spintarella da mestierante al piccolo Iorio, che frana a terra; l’arbitro romano Lattanzi non ritiene di fischiare il rigore. Il momento chiave arriva al 40′: cross di Vullo, rischiosa deviazione di Collovati e parata in angolo di Albertosi. Corner, Ricky blocca e rilancia subito lungo per la strepitosa percussione centrale di Bigon che salta due avversari, arriva davanti a Terraneo dopo una gran sgroppata e lo batte sull’uscita. Quattro minuti dopo, il fattaccio: De Vecchi si spinge fino al limite dell’area, viene contrastato in scivolata da Danova e va giù come un sacco vuoto. Il teatrale Lattanzi fischia un rigore che fa indignare di brutto il Comunale e farà scrivere parole di fuoco a Giovanni Arpino, penna più che autorevole della Stampa: “Prima di complimentarsi con i rossoneri, tutto il mondo del calcio italiano si faccia un esame di coscienza!“. Ma la Stampa è büsiarda per definizione: nelle uniche immagini a disposizione (che potete vedere qui sotto, nel servizio di Beppe Viola per la Domenica Sportiva) si vede Danova che di certo non prende la palla e presumibilmente colpisce De Vecchi che forse accentua, ma non pare simulare. Quindi rigore: Chiodi trasforma con una delle sue consuete stangate centrali, ma Lattanzi ordina la ripetizione; altra fiondata un po’ più angolata e 0-2.
Nell’intervallo esplode il bailamme: alcuni tifosi cercano di abbattere una rete di protezione e invadere il campo, placati a fatica dai giocatori. Il secondo tempo inizia con 13 minuti di ritardo in un clima pesante e ci pensa ancora Albertino Bigon a chiudere la questione: punizione dalle retrovie di Morini, lancio lungo e magnifica girata al volo del nostro numero 8. Non succede più niente, salvo una precipitosa fuga dei giocatori negli spogliatoi a fine partita. Il Milan pregusta la sua Stella e già immagina il bagno di folla che lo accoglierà la settimana successiva a San Siro contro il Verona, nel pomeriggio del ritorno in campo di Rivera dopo uno stop di quattro mesi per infortunio. Quanto a noi milanisti del terzo millennio – visto che è la seconda volta di fila (vedi Catania-Milan) che rievochiamo una partita del bel calcio di una volta (ah! Il bel calcio di una volta!) che si conclude con indegne e tutto sommato ingiustificate gazzarre sugli spalti ­- ci viene il dubbio che, quando si stava peggio, non si stesse poi così meglio.

TORINO: Terraneo, Danova, Vullo, Salvadori, Mozzini, Santin, Sala, Pecci, Graziani, Zaccarelli, Iorio – All.: Radice II

MILAN: Albertosi, Collovati, Maldera III, W. De Vecchi, Morini, Baresi II, Antonelli, Bigon I, Novellino I, Buriani (70′ Boldini), Chiodi – All.: Liedholm

Arbitro
: Lattanzi

Reti: 41′ Bigon I, 45′ rig. Chiodi, 53′ Bigon I

Pubblicato da Giuseppe Pastore

Pugliese, classe 1985, milanista di ferro. Prima partita di cui ho memoria: Milan-Barcellona 4-0. Ammetterete che poteva andarmi peggio. Qui sotto i miei contatti.

2 Risposte a “Un due tre Stella”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.