Tra gli episodi che sono stati raccontati su Cesare Cadeo in questi giorni, vorremmo rievocarne uno molto lontano, una strana storia di cortesie per gli ospiti, (soliti) sospetti, e milanismo. Da parte di Cadeo, che – pochi lo sanno – era nel Milan già prima di conoscere Silvio Berlusconi e di entrare in Mediaset: non entrò in società in quanto delfino di Berlusconi, e certamente era milanistissimo, più di altri che hanno rivestito ruoli molto importanti nel club.
Il giovane Cesare Cadeo lavorava nella comunicazione alla SEA, società degli aeroporti, quando conobbe il presidente Felice Colombo che lo ingaggiò come addetto alle pubbliche relazioni del Milan nel 1976. Tra le sue mansioni di rappresentanza, c’era anche quella di occuparsi dell’arrivo degli arbitri internazionali nelle gare di coppa. Perché non è che viaggiassero accompagnati da una scorta, e non erano professionisti: l’altro protagonista di questa storia, per esempio, faceva il cassiere in una fabbrica di caramelle a Dundee, Scozia.
Si trattava dell’arbitro John Gordon, designato per arbitrare Milan-Levski Sofia, partita di ritorno dei sedicesimi di Coppa Uefa (l’andata era terminata 1-1 in Bulgaria). Alla vigilia della partita, l’ultimo giorno di ottobre (Halloween!) del 1978, Cadeo andò a prendere la terna arbitrale scozzese e sulla strada per l’albergo si fermò con il fischietto e i guardalinee per un momento di shopping in un negozio del centro: un discreto quantitativo di maglioni di buona fattura. Che tentarono di pagare in sterline, non avendo cambiato i soldi in lire. Stante anche la fatica di Gordon nel farsi capire – come ogni buon britannico, non conosceva altra lingua che la sua – Cadeo aprì il proprio personale portafogli, e pagò di tasca propria: secondo la ricostruzione successiva, un conto di 480mila lire, bella cifretta per l’epoca.
Aspettandosi – sostenne – che Gordon e compari la restituissero non appena cambiati i soldi.
Ma ricordate di che Paese era Gordon?
E forse ricordate anche QUEL cliché sugli scozzesi.
Il giorno dopo, 1 novembre, in un pomeriggio nebbiosetto, il Milan passeggia sul Levski. Va in gol anche il povero Stefano Chiodi – per farlo segnare, in quel periodo, ci sarebbe voluto ben altro che un arbitro compiacente. Gli altri gol, di Maldera e Bigon. Nessun rigore, un solo ammonito, Granciarov del Levski. Il Milan giocò con la squadra titolarissima, ovvero Albertosi Collovati Maldera, De Vecchi Bet Baresi, Buriani Bigon Novellino, Rivera Chiodi (…Dustin Antonelli entrò a fine secondo tempo). Silvio Garioni del Corriere della Sera scrisse che i bulgari lontano da casa erano inguardabili. E che l’arbitro Gordon negò al Milan un rigore piuttosto netto. Forse alla fine quei golf non gli erano piaciuti abbastanza. Comunque, la pratica parve archiviata facilmente e sul campo.
Due giorni dopo la qualificazione, il sorteggio si rivela piuttosto ingrato: Milan-Manchester City, con ritorno a Manchester. E chissà come, proprio in quei giorni Gordon racconta a un ex arbitro inglese, entrato nella commissione arbitrale dell’Uefa, che a Milano con lui sono stati oltremodo gentili. Scoppia lo scandalo, l’Uefa processa il Milan per direttissima. Il Milan per difendersi chiede il confronto diretto tra Cadeo e Gordon, ma l’Uefa non dà il permesso. La sentenza è una multa di 10 milioni di lire e lettera di biasimo sullo stile di altre ricevute dalla sempre amica Uefa, che salutiamo. A Gordon, già a fine carriera (era internazionale da 13 anni, ne aveva 48) viene ritirato il tesserino (non si aspettava che succedesse? Mah). A San Siro, per Milan-City arriva il tedesco Einbeck, che annulla TRE gol al Milan. Sempre secondo Silvio Garioni del Corriere, i fuorigiochi sono quanto meno “millimetrici” (non ci sono ovviamente il VAR né moviole da discutere successivamente). In un’intervista del giovane Ferruccio De Bortoli, futuro direttore del Corriere della Sera, Rivera commentò: “Chissà come mai nelle coppe tutte le squadre inglesi sono ancora in lizza”.
Al ritorno, l’accoglienza dei giornali inglesi fu feroce: “Ecco i malandrini italiani” “Gli scorretti sono qui”. E non solo: la Juventus aveva ventilato di essere interessata a Peter Barnes, e i tifosi e tutto l’ambiente si arrabbiarono con gli italiani in genere: “Sabotaggio italiano”, titolò il Sun, come se la Juve volesse fare un favore al Milan innervosendo i suoi avversari (ahaha). Nonostante un buon inizio, quel 6 dicembre 1978 il Milan perse 3-0, con almeno due gol che la stampa imputò ai problemi di vista (chissà, forse la poca abitudine a giocare in notturna) del vecchio Ricky Albertosi. Tutti si fidarono, perché la partita non venne trasmessa, alla tv inglese non interessava e non mandò nessuno.
La società, per questioni di immagine, sostituì Cadeo, sacrificato per la causa. Il Milan qualche mese dopo vinse lo scudetto della Stella senza di lui. A quel punto, quando ancora non si sospettava un interesse di Berlusconi per il Milan, iniziò a lavorare per Canale 5 e occuparsi di eventi sportivi. Per lui, che lo ripetiamo, era milanistissimo, fu un lieto fine tornare nel Milan, e in Consiglio di Amministrazione.
Se la cavò molto più a buon mercato, anni dopo, un dirigente di una squadra italiana che aveva istituito un conto apposito per retribuire le professioniste dell’amore incaricate di accogliere a dovere gli arbitri impegnati in coppa contro il Torino. Nel rapporto del Giudice per le Indagini Preliminari venne condannato semplicemente a un «severo giudizio sulla lealtà dei dirigenti» che resero «più ameno il soggiorno degli arbitri» con «l’ingaggio di avvenenti signore addette al dopo cena… La lesione degli interessi sportivi e la frustrazione delle regole del calcio si stagliano in modo anche troppo evidente». Era il 1993, il dirigente era Luciano Moggi. Né la Uefa né arbitri stranieri ebbero mai da ridire su di lui (guarda un po’). Quel che è certo è che solo la Uefa, ieri e forse anche oggi, poteva pensare che Cesare Cadeo non fosse un gentlemen di pregiatissima fattura, molto migliore di quei maglioni.