Quell’estate tutti a Mosca

Le sempre fantasiose impaginazioni dei quotidiani anni ’50.

Come andassero le cose in Unione Sovietica nel 1955 lo sanno tutti, anche (o soprattutto) chi ha una cultura storica limitata al palinsesto di Retequattro. Meno noto è che, in quei tempi in cui anche un semplice viaggio a Mosca era poco meno che impossibile, fu proprio italiana la prima squadra di club che andò a vincere una partita in Russia. Ironia della sorte, quella squadra fu ovviamente il Milan, che circa trent’anni dopo vedrà salire al soglio presidenziale un signore che sulla presunta e iper-reclamizzata lotta ai cumunisti fonderà gran parte delle sue fortune politiche e personali.

Si gioca il 7 di luglio, a campionato già archiviato da una ventina di giorni: l’ha vinto proprio il Milan, che per meriti sportivi viene dunque incaricato di rappresentare il tricolore oltre cortina. In panchina siede l’uruguaiano Hector Puricelli, gran centravanti riciclatosi allenatore del Milan dopo essere stato scavalcato da Gunnar Nordahl nelle gerarchie dell’attacco; proprio il “pompierone” svedese, bocca da fuoco se ce n’è mai stata una, è stato il capocannoniere del torneo con 26 gol. Attorno a lui giocatori squisiti come Nils Liedholm, Juan Alberto Schiaffino e il “pastore” Jorgen Sorensen, solo due anni in rossonero, 28 gol prima di tornare in Danimarca a insegnare ginnastica. Dopo aver battuto a San Siro la fortissima Honved di Puskas, Kocsis e compagnia magiara, che forniva l’ossatura alla mitica Nazionale ungherese battuta l’anno prima in finale mondiale solo da tedeschi drogati come cavalli, i Nostri s’imbarcano verso Mosca, attesi sul campo della Dynamo, la squadra del Ministero degli Affari Interni, decisamente la più ammanicata con il potere politico. Il più famoso degli undici russi è di gran lunga il numero 1, il leggendario Lev Ivanovic Jascin, tuttora l’unico portiere ad aver mai vinto il Pallone d’Oro; a ogni modo, all’epoca dei fatti il Ragno Nero è ancora giovincello e avrà parecchie responsabilità sull’incipiente sconfitta.

Grazie ai buoni uffici dell’ambasciatore Mario Di Stefano, un galantuomo che negli anni ’30 aveva fatto in tempo a salvare un migliaio di ebrei dai campi di sterminio prima di essere epurato dal Duce, a Mosca troviamo un clima molto cordiale: gli altoparlanti dello stadio trasmettono canzonette italiane e sotto le gigantografie di Lenin e Stalin trova posto uno striscione in cirillico, “Saluto agli sportivi d’Italia”. La Dynamo parte forte e dopo due minuti è già in vantaggio con la guizzante mezzala Iljin, ma il Milan – dimostrando a sorpresa anche una certa superiorità atletica – ci mette poco a ribaltare la situazione. Sorensen pareggia con una punizione da 30 metri su cui Jascin si tuffa in colpevole ritardo, quindi ecco la più classica delle purghe in casa degli esperti in materia: il medianaccio Bergamaschi scappa e mette in mezzo, la difesa russa è al bar e Ricagni segna un gol facile facile. Questo Eduardo Ricagni, soprannominato “la primula rossa”, è arrivato l’estate prima dalla Juve ed è fior di giocatore: scaricato da Agnelli perché faceva ombra alla diva Boniperti, viene subito arruolato in rossonero e darà un importantissimo contributo allo scudetto del 1955.
Il Milan continua a dominare e addirittura dilaga nel secondo tempo, quando timbra il cartellino il solito Nordahl, con una girata lemme lemme che sorprende ancora una volta lo svagato Jascin, che valuta male la traiettoria del tiro dello svedesone. Poi un paio di rigori, entrambi nettissimi e concessi dall’ottimo arbitro austriaco Grilz, fissano il risultato sul conclusivo 2-4: accorcia Savdunin, chiude i conti Sorensen, che trasforma dal dischetto dopo un fallo del mediocre difensore Kuniezov “che il pubblico riprova clamorosamente“, come riporta la cronaca dell’Unità. Finale in souplesse, grandi applausi del civilissimo pubblico moscovita e insomma un gran bel figurone in una città in cui la Nazionale avrà sempre vita durissima, non avendoci mai vinto e avendoci segnato, in sessant’anni di partite, solo un gol, con Bobo Vieri sotto la neve nello spareggio di qualificazione ai Mondiali 1998. Perciò facciamo nostre le memorabili conclusioni di Nicolò Carosio (non esattamente un filo-sovietico), che per l’occasione si produrrà in uno sfoggio di retorica da far impallidire Caressa: “Se chi come noi ha peregrinato un po’ per tutto il mondo, al seguito dei più interessanti spettacoli offerti dagli artisti della palla rotonda, vi dice che ancora una volta si è intensamente commosso fino all’impossibile, vuol significare che sport e giustificato amor proprio hanno felicemente raggiunto il diapason dell’ottimo”. E che je voi dì. Non potendo rivaleggiare nella prosa, ci limitiamo a copincollarvi il video che abbiamo scovato per voi su YouTube.

DYNAMO MOSCA: Jascin, Rodionov, Kuznetov, Baikov, Krishievschi, Savdunin, Sobrov, Salnikov, Mamedov, Ilijn, Rijkin – All.: Jakovistin
MILAN: Buffon, C. Maldini, Beraldo, Liedholm, Pedroni, Bergamaschi, Soerensen, Ricagni (57′ Zagatti), Nordahl, Vicariotto, Frignani – All.: Puricelli
Arbitro: Grilz (Austria)

Reti: 3′ Ilijn (DM), 35′ Sorensen, 41′ Ricagni, 54′ Nordahl, 64′ rig. Savdunin (DM), 70′ rig. Sorensen

 

Pubblicato da Giuseppe Pastore

Pugliese, classe 1985, milanista di ferro. Prima partita di cui ho memoria: Milan-Barcellona 4-0. Ammetterete che poteva andarmi peggio. Qui sotto i miei contatti.

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