Uno dei racconti più belli e poetici dell’intera produzione della buonanima di David Foster Wallace si chiama “Per sempre lassù“, e descrive i lunghissimi, infiniti tre minuti che separano un ragazzino in piena pubertà da un temuto tuffo dall’alto trampolino di una piscina, nel giorno del suo tredicesimo compleanno: la lunga coda, i suoi genitori che lo guardano, la scaletta di metallo, la perdita di contatto con il suolo, eccetera. Il titolo e la situazione si applicano molto bene a una delle grandi epifanie del tifo rossonero, specialmente in chi all’epoca era nelle stesse condizioni di quel ragazzino e oggi ha ancora abbastanza memoria da ricordarsi discretamente i tempi bui del pre-Berlusconi, gli anni della B, di Joe Jordan e tutto il resto: gli attuali quarantenni, diciamo. Sì, parliamo del gol di Mark Hateley all’Inter il 28 ottobre 1984.
“Castagner e Collovati: Dio fa gli infami e poi li accoppia”. La Fossa dei Leoni non ha mai brillato per diplomazia – non è esattamente questa, d’altra parte, la funzione sociale di un gruppo ultras. Lo striscione che compare in curva Sud a pochi minuti dall’inizio è un caloroso bentornato ai due grandi traditori del periodo: appunto Ilario Castagner, accasatosi in nerazzurro dopo due anni sulla nostra panchina (bilancio, la promozione in A e un anonimo ottavo posto), e Fulvio Collovati. Costui si è macchiato di colpe ben più terribili: sprofondato in B due anni prima da capitano, nell’ignominia generale, ha elegantemente salutato la compagnia trasferendosi all’Inter per un pugno di prestiti (Pasinato, Canuti e Aldo Serena, per dovere di cronaca). Da lì in poi, ogni intervista era: “Ah, com’eva bvutto il Milan, com’è bella l’intev”. Abbiamo dovuto abbozzare, da buoni e irriducibili casciavìt. E come in ogni epoca buia, ci si è affidati al ritorno del Grande Vecchio: Nils Liedholm, l’uomo della Stella. La Stella, l’ultimo scudetto, l’ultima volta che si è vinto un derby, 12 novembre 1978, 1-0 Maldera. Sono passati quasi sei anni.
Lo stadio è pieno, come la notte del concerto di Bob Marley. C’è il record d’incasso, un miliardo e duecento milioni di lire, in tribuna Ugo Tognazzi e Bettino Craxi (sono anni in cui la città emana un forte odore di garofano). La partita è vibrante: l’Inter passa subito grazie al carrarmato Rummenigge che scappa a sinistra e mette in mezzo, dove Altobelli insacca di testa. Ancora imbattuto in sei partite, il Liedholmilan 2.0 è tuttavia molto ispirato: pressa, recupera e attacca, diretto dai due registi Baresi e Di Bartolomei. Proprio Diba, poco dopo la mezz’ora, corona con un bel destro al volo un’azione spettacolare rifinita da Wilkins e Virdis. Meritiamo noi.
L’orologio della storia ci porta dunque alle 15:47 ed è ora il caso che le lancette rallentino, l’aria si rapprenda, il tempo si cristallizzi e San Siro diventi la piscina di Tucson, Arizona. In possesso palla c’è Franco Baresi, il libero della Stella, il giovane difensore che invece è rimasto – due volte – anche in B, diventando LUI capitano, al posto del gvande difensove cotonato. Il Piscinin, in libera uscita all’incirca sulla linea dei 40 metri avversari, alza la testa e pennella di destro verso l’area di rigore. Qui è appostato Mark Hateley, lungagnone inglese arrivato in estate dal Portsmouth. Si porta ovviamente dietro il fantasma di Luther Blissett, dal quale si distingue per la pigmentazione cutanea e per il cordiale rapporto con il pubblico di casa: sei partite, quattro gol, tutti a San Siro, due di testa. Attila stacca in relativa solitudine e con una frustata da cervicale fulminante indirizza la palla verso il secondo palo, ma Zenga è reattivo e smanaccia verso la sua sinistra, dov’è appostato il libero interista Graziano Bini, che con un tocchetto di esterno destro serve Altobelli, venuto a prendersi palla nella sua metà campo. Spillo è notoriamente pesce fuor d’acqua lontano dall’area avversaria e cincischia maldestramente. Baresi gli si avventa addosso come un dobermann, recupera palla e apre prontamente a destra per Pietro Paolo Virdis, che si porta sull’ala e alza lo sguardo in cerca di buone notizie come Cristoforo Colombo in prossimità di San Salvador. L’azione caotica e velocissima fa sì che l’area dell’Inter sia momentaneamente deserta di milanisti: l’unica forma di vita nei sedici metri nerazzurri ha le compiaciute fattezze di Collovati. Ma passa una frazione di secondo ed ecco, dritto come un film di John Ford, che arriva una specie di direttissimo da Stazione Cadorna: è Mark Hateley, narici sbuffanti, che sta puntando da dieci metri il numero 5 di Collovati. Attila flette le ginocchia sul trampolino e, proprio come il ragazzino di David Foster Wallace, ritiene che non sia proprio questo il momento di mettersi a pensare. E allora si dà uno slancio fortissimo, una botta di reni pazzesca, stacca i piedi dal suolo. Hateley salta. Mezzo secondo prima il piede destro di Virdis ha cesellato da fondo campo una traiettoria tesa e arcuata, di quelle che oggi i telecronisti di una certa età ricordano sospirando: “Eeeehh, non ci sono più i giocatori che vanno sul fondo a crossare”. Vola Hateley e vola la palla e se fossimo alla NASA qualcuno ci darebbe le percentuali di probabilità di impatto; ma siamo a San Siro, questo è il derby, nel frattempo sono diventate le 15:48 e noialtri si può solo guardare. Di sotto, intanto, Collovati si oppone con la stessa convinzione con cui un bambino di otto anni può pararsi dinanzi a un treno merci. BANG! Impatto avvenuto, avvisate i familiari. La seconda frustata di Hateley in venti secondi è quella definitiva: dalla sua testa esplode una fucilata imparabile all’incrocio dei pali; Zenga abbozza il tuffo solo perché a scuola calcio gli hanno insegnato così, ma non ci crede mai neanche per un attimo. San Siro esplode come una santabarbara, mentre Attila no, imperturbabile alle vicende terrene, si libra nel cielo di San Siro come il barone rampante di Calvino, oltre quel terzo anello che cominceranno a costruire solo tra qualche anno, forse per avvicinarglisi di più.
Non ha ancora iniziato a scendere.
MILAN: Terraneo, Baresi II, F. Galli, Battistini (32′ Icardi), Di Bartolomei, Tassotti, Verza, Wilkins, Hateley, Evani, Virdis – All.: Liedholm
INTER: Zenga, Bergomi, Baresi I, Mandorlini, Collovati, Bini, Causio (46′ Pasinato), Sabato, Altobelli, Brady, Rummenigge – All.: Castagner
Arbitro: Bergamo
Reti: 10′ Altobelli, 33′ Di Bartolomei, 63′ Hateley
Brividi e poesia, io ero molto piccolo allora, ma ricordo il viso di mio padre di ritorno da San Siro. Quel sorriso pieno non glielo più visto nemmeno in 26 anni di successi.
errata corrige
“non gliel’ho più visto”
clap clap clap clap
“Non ha ancora cominciato a scendere”.
Sapere che quel giuda ogni tanto indossa ancora i nostri colori , mi stà sul culo
Fotografia impressa nella mente, e appesa sui muri delle case di ogni milanista che negli anni ottanta era bambino, come me.
ricordo che il Barone, Liedholm ovviamente, parlando di Hateley diceva sempre che era l’unico a colpire di testa tenendo gli occhi aperti…..fin da bambino ho fatto fatica a crederci, ci ho provato tante volte ma mi è sempre sembrato impossibile……..ma se lo diceva lui…..
Sono passati 35 anni e nulla, non scende ancora 😀