Manchester, 2003. Le conseguenze del rigore

La prima cosa che mi viene in mente è lo Zacca che mi tiene la mano sulla spalla mentre Sandro va verso il dischetto, e io che mi dico “Ma che cazzo fa, non ne ha mai tirato uno in vita sua” – e al tempo stesso penso che fa bene, perché è un uomo che ha coraggio, e ha capito che lì non ci vuole la bravura, ma il fegato e l’incoscienza di fregarsene, lui che era appena arrivato dalla Lazie e si era trovato a giocare una finale di Coppa Campioni in mezzo a veterani come Billy e Paolino. Zacca la mano me l’aveva messa dopo il rigore sbagliato da Clarence, che tutti gli altri dopo sono stati una merda, ma quello di Seedorf no, era perfetto e posso spiegarmi che Buffon l’abbia preso solo pensando che in sogno avesse avuto l’illuminazione di dove l’avrebbe tirato, perché ci vola sicuro come se la parata l’avesse provata mille volte in allenamento a Vinovo sotto la pioggia, il maledetto.

Invece niente, Clarence spara una bomba e Buffon la para e tu, che fino a quel punto avevi pensato che l’inerzia sarebbe stata dalla nostra, scivoli nel terrore più nero ed è proprio a quel punto che Zacca mi mette un mano sulla spalla come per dire “tranquillo”. Zalayeta infatti subito dopo va sul dischetto con la paura negli occhi e calcia un rigore pessimo in faccia a Dida, che come niente fosse si alza e se ne va.

Niente, si va avanti: errore nostro di Kaladze, errore loro di Montero, fino a che tocca a Nesta. E io lo so che è lì che si decide, perché se la mette, loro stanno in mezzo ad una strada. E Sandro, quest’uomo mite, silenzioso, dalla classe immensa, l’unico a poter reggere il confronto con il Capitano, batte un rigore perfetto, forse il migliore di tutti, nel sette.
Che se fosse stata qualche centimetro in basso sarebbe stata di Buffon, che infatti cade e bestemmia, perché aveva capito anche lui che lì era finita. buffon a manchester
Infatti non ricordo nemmeno quello di Del Piero, sapevamo tutti che non sarebbe terminata con una parata di Dida: infatti Alex batte freddo, distaccato, senza speranza, lo si vede che quando va via non esulta nemmeno, non ci crede più, ha anche un occhio nero e il cuore sgonfio perché sa che per l’ennesima volta se ne tornerà a casa senza niente in mano, come contro il Borussia, come contro il Real. E però questa volta è contro di noi e noi siamo il Milan, e sai che ti peserà per sempre questa partita come nessun’altra hai mai perso in carriera, caro Pinturicchio di sta minchia – detto con stima.

Mi ricordo solo che ho iniziato a piangere mentre Sheva prendeva la ricorsa, mi sentivo un idiota, a 30 anni, con un lavoro, una casa, due gatti, la donna, un equilibrio umano, lì a piangere senza nemmeno riuscire a controllarmi, che poi più che piangere mi lacrimavano proprio gli occhi, lacrime calde e gonfie che scendevano piano e che bruciavano e sentivo la stanchezza di quel giorno lunghissimo, il caldo, l’afa, tutte le birre che mi ero bevuto, i minuti in attesa con la tensione che ti ammazza, il sudore che bagnava la mia camicia Fred Perry azzurrina che si vede anche in mezzo alle foto, in terza fila sopra la D di “DEI”. fossa manchester 2003

Sentivo dentro l’adrenalina con i gobbi dentro al pub in centro alla città che li aspettavamo fuori e non si decidevano ad uscire mentre noi entravamo a chiamarli, con gli sbirri inglesi silenziosi ma feroci, che appena alzavi la voce ti pigliavano e ti portavano via. E poi il corteo immenso verso lo stadio, lo striscione nostro, bello, lungo, quello da casa, con su scritto enorme FOSSA DEI LEONI, messo in mezzo alla curva, dove meritava di stare, perché quella curva eravamo noi.

Erano passati 120 minuti e avevo una stanchezza nelle gambe come se non avessi dormito da giorni, dopo tutte quelle sere passate in viale Bligny per prendere i biglietti e a capire a che ora partiva il nostro aereo, ancora sveglio da quei dieci minuti dopo il gol di Martins in cui ho rischiato di morire d’infarto, che in confronto non era stata niente la botta di adrenalina dopo il gol di Inzaghi contro l’Ajax, quando ormai ti eri rassegnato ad un’altra stagione inutile in cui però almeno avevamo vinto due derby su due in campionato.
Guardo Shevchenko che va al rallentatore verso il dischetto e mi ricordo che anni dopo l’ho incontrato per un lavoro. Lui era gentile e un po’ timido, quando gli ho fatto vedere la foto del rigore che adesso tengo incorniciata a casa, gli si sono illuminati gli occhi. “Che bel ricordo”, ha detto, e gli ho risposto: “Non sai per me, non sai quanto”.

Gli ho chiesto di quelle quattro volte in cui guarda l’arbitro, gli ho raccontato di come avessi contato mille volte i secondi che ci mette ogni volta a girarsi, la prima velocemente, poi due lunghe, alla fine una quarta, in cui annuisce per un istante e poi prende finalmente la rincorsa. Gli ho chiesto cosa avesse pensato e lui mi ha detto che stava guardando Buffon per decidere dove tirare. E io gli ho detto sì sì, ma in realtà pensavo “Ma che cazzo dici Sheva, tu non hai guardato un bel niente, eri completamente in trance, eri per forza da un’altra parte con la testa, altrimenti saresti stato schiacciato dal peso immenso e insostenibile della partita più importante della storia di due squadre che hanno fatto la storia, e che si decideva lì, adesso, in quel momento irripetibile. Ed eri tu, solo tu, a poterla decidere”.

Mi ricordo che mentre partiva il tiro avevo già capito che avevamo vinto, perché non era uno di quei rigori che il portiere a momenti ci arriva, oppure che chi tira la piazza lì all’angolino, che quasi prende il palo. No, Sheva sapeva che avrebbe segnato, era giusto così, lo sapevamo tutti, e quindi la palla l’appoggia, tesa ma sicura, dall’altra parte rispetto a Buffon, che secondo me quando si è buttato l’ha fatto perché lo doveva fare, ma lo sapeva che tanto era inutile. Rete.

So solo che mi sono girato e piangevano tutti, ma tutti tutti, bravi ragazzi e pregiudicati, pusher e puliti, fasci e rossi, i miei amici di una vita, tutti i Leoni. Lo Zacca che mi abbracciava e ancora Mirko e Christian, lo Zabrak inginocchiato che si teneva le mani sugli occhi che questo momento mai pensavo sarebbe arrivato quando nel 1991 avevamo fatto insieme la prima trasferta a Genova contro la Doria e i biglietti li andavamo a prendere in Stadera, in via Barilli. Scendevi e c’erano Buster, l’Ultimo, Alessandro dietro al tavolo e li guardavamo con il rispetto e la devozione con cui si guardano dei miti, dei supereroi e non sapevamo allora che anni dopo invece saremmo stati in uno scompartimento in un treno di ritorno da Roma, Firenze, Perugia o non so dove, a parlare con loro e a farci raccontare .

Ho visto la palla entrare e credo che per degli interminabili secondi, che non so quantificare, devo aver provato semplicemente la più grande felicità della mia vita, anche se è imbarazzante dirlo, ma del resto è così e quindi non faccio finta che non sia vero.
Sentivo una felicità immensa e leggera che mi spingeva verso il tetto dell’Old Trafford e pensavo che la Coppa la stavo alzando anch’io mentre le mie mani erano su verso il cielo.
Pensavo solo: abbiamo vinto.

Abbiamo vinto.

22 Risposte a “Manchester, 2003. Le conseguenze del rigore”

  1. Io ero in t-shirt e pantaloni dell’Adidas a casa dell’amico Samueltron che ogni tanto scrive anche qualcosa qui sopra. Ricordo un momento su tutti: la sensazione di scioglimento delle interiora e delle viscere mentre Trezeguet prendeva la rincorsa del primo rigore.

    PS: anch’io ho una camicia Fred Perry azzurrina.

  2. Quello sguardo e i successivi 90 secondi sono il ricordo per eccellenza al quale mi aggrappo quando l’amore per il Milan (giustamente eh, sennò che amore sarebbe?) mi ribalta le viscere di rabbia. Sono in estasi.

  3. un racconto cosi, ti fa capire nonostante tutto, nonostante allegri, galliani, berlusconi, nonostante una squadra che non ha un decimo del carisma di quella li, quanto sia straordinario tifare questi colori…

  4. Credo che mia madre ricordi ancora la mia corsa in corridoio che nemmeno Tardelli nel 1982.
    Mio padre no, lui sereno si alzò dal divano, aprì la finestra infilò il cd dei Quenn e accese a tutto volume “We are the Champions”.
    Il vicino gobbo doveva sentire bene che avevamo vinto noi.

  5. Anche io feci una corsa in salotto che neanche Bolt all’ Olimpiade di Londra, mi ricordo mia sorella sul divano che leggeva placidamente un libro (sic!!) e alzò gli occhi guardandomi come si guarda un deficiente…..ma non poteva capire l’ estasi e la gioia incredibile!!!! Dopo non mi ricordo più nulla…..

  6. Dico solo che questo pezzo mi ha fatto scendere qualche lacrima. Grazie Conte Fiele, grazie ComunqueMilan, grazie di esistere 28 maggio 2003.

  7. Io ricordo solo che per alleviare la tensione mi ero fumato tutto il soggiorno. Le temperature di quel maggio non erano minimamente paragonabili alle odierne e le finestre erano spalancate, ma il profumo che aleggiava credo fosse inconfondibile. Ero ancora in preda allo shock di felicità, quando suonò il campanello. Andai ad aprire come nulla fosse e mi trovai di fronte il vicino di allora: uno sbirro della stradale, con una bottiglia di champagne in mano e due calici…

  8. Paura, ho ancora i brividi! Io ero quello che a fine partita si è arrampicato su quella sottospecie di statua (ora non mi ricordo) che era fuori dalla nostra curva, e ricordo lo scaramantco Lukino (il figlio del padre) mangiarsi con lo sguardo un malcapitato che al rigore di Sheva – due secondi prima – gli dice… ORA LO SEGNA.
    Tanta roba, e ricordo con ammirazione i ragazzi che raggiunsero manchester in PULMANN da Molino Dorino. Grandi!

    Hic Sunt Leones

  9. Io ero a San Siro e non ho mai urlato cosí tanto. Lo sguardo di Sheva mi fa venire i brividi ancora adesso. Complimenti Conte, a sto giro ti sei superato!

  10. presentissimo. malpensa di notte, l’arrivo a manchester, duemila pinte in ogni pub, l’incredulità che non succedesse niente coi gobbi. Poi il trenino con una tensione addosso spaventosa, l’old trafford da fuori mai visto prima e l’emozione di un popolo che si riversa sulle gradinate come fossero le sue, quelle del secondo blu. Noi che facciamo impressione come al solito e loro che chiedono 11 piemontesi tosti (ma si può!?), l’esultanza incontenibile al gol di pippo e la delusione immediatamente dopo. Pero’ sarà stato il percorso fatto di infarti vari, sarà che non ho mai vissuto male come nella settimana del doppio derby, sarà che ero andato a monaco a madrid ad amsterdam e che pretendevo di meritarmela,quella sera ero certo che avremmo vinto. Post rigore di sheva, è verissimo, piangevamo tutti dal primo all’ultimo, scene di giubilo indimenticabili. Avevo 21 anni ed eravamo campioni d’europa in faccia alle merde e ai gobbi, fantastico

  11. …ricordo anch’io le urla di piacere della tua donna, mentre tu stavi a bere le birre e a seguire un gioco molto stupido! Ciao Carmy 😉

  12. Carmy, tranquillo che già per come ti firmi la mia fidanzata dell’epoca tu non l’avresti vista manco con il binocolo, fidati.

  13. Conte…complimenti!!! L’ho letto l’anno scorso, l’ho riletto quest’anno…da brividi ogni volta rileggere questa fantastica avventura!

    Io sono uno di quelli che è partito da Molino Dorino in pullman insieme ad altri ragazzi di Fossa…indimenticabile!!!

  14. …..ma anca se l’ avess firmaa cont el so nomm, quel ver, l’e’ no che l’ avaria faa propii on salt de qualità’…….

  15. Il giorno dopo avevo un esame di sociologia in università, ma ho passato tutto il pomeriggio pensando naturalmente alla partita

    Un ricordo fortissimo, ma quanto cazzo di caldo faceva?

  16. Il mio amico Dario, idealista e irridente: “Qual è il tuo sogno della tua vita?”
    Io, arido e definitivo: “Vincere una Coppa dei Campioni in finale contro la Juve.”

    Perché?

    Perché ero tanto piccolo che non ricorderò mai il perché
    Perché quando facevo le scuole elementari eravamo in serie B e tutti gli altri bambini erano in serie A
    Perché avevo un maglia rossonera, di lana, taglia bambino, con scritto Olio Cuore
    Perché un mio amico girando per casa trovò una foto appesa alla parete che ritraeva i giocatori in posa prima di una partita e mi chiese stupito: “e che ce fa ‘l tu babbo vicino a Rivera!?”
    Perché quando Baresi mi ha fatto l’autografo mi sembrava vecchissimo ma aveva ventidue anni
    Perché la grinta di Baresi non l’ho mai più rivista
    Perché secondo me Wilkins era un ottimo acquisto
    Perché Blissett era scarso ma è stato comunque uno di noi
    Perché Javi Moreno era ancora più scarso di Blissett ma certo non più scarso di Andersson, la Renna
    Perché un mercoledì pomeriggio alle 15 a vedere Milan-Español c’erano cinquantamila persone, campo neutro di Lecce, secondo turno di Coppa Uefa
    Perché ai Bagni 60 di Cattolica sulla porta di Angelo c’era attaccata la prima pagina dell’Equipe, quella che titolava “Dans une des plus belles finales de Coupe d’Europe / PHENOMENAL MILAN AC”
    Perché quando Carlo Ancelotti ha segnato il primo dei cinque ho fatto il gesto dell’ombrello e la forchetta con gli spaghetti che tenevo in mano è finita contro la finestra, proprio così
    Perché in quel preciso momento tutti noi abbiamo avuto la sensazione che era iniziata un’altra storia
    Perché guarda tu com’è fatto il calcio, le partite epiche sono state due pareggi, Stella Rossa e Real Madrid
    Perché poi c’è stata anche la Partita Perfetta e Marione Sconcerti scrisse una cosa che metteva i brividi
    Perché a me la partita perfetta era già sembrata quella di Monaco contro il Bayern con Sacchi e Borgonovo, qualcuno se li dovrà pur ricordare quei venti tiri in porta
    Perché se penso a Marco Van Basten la prima cosa che mi viene in mente è il giubbotto scamosciato sopra la camicia rosa
    Perché “contro il Barcellona senza Baresi e Costacurta dove cazzo andate”
    Perché Romario e Stoichkov, paura paura
    Perché a casa dei miei quella sera c’era un ospite, un signore di Parma, mai visto fino allora, abbracciato quattro volte e mai più rivisto dopo
    Perché milanbarcellonaquattroazero, tutti zitti, fine dei giochi, andate a casa
    Perché “se non perdiamo a Firenze vinciamo lo scudetto”
    Perché Briciolina di Pane
    Perché voglio dire grazie anche al piedone di Bruno Ngotty, chissà che fine hai fatto
    Perché quel sabato bisognava andare a vedere Fiorentina-Lazio e io ci sono andato
    Perché poi l’ultima partita, già, l’ultima partita
    Perché Galliani aveva mandato via Capello, non proprio Pincopallo, giusto per capire il suo delirio
    Perché al Nou Camp io e Matteo siamo entrati sul prato a fine partita, e poi dal prato agli spogliatoi dove abbiamo incontrato Giunti: “…e VOI che ce fate di qui?” – noi senza esitazione: “…che ce fè TU di qui!!!”
    Ciao Matteo, facevamo 2400 km in 3 giorni
    Perché mio padre ha sostenuto per anni che “Maldini quando gioca male gioca sempre meglio degli altri” e non ho mai saputo dargli torto
    Perché tutto è ricominciato con il derby di Terim
    Perché spesso durante le riunioni cerco di ricostruire i cento gol che ha fatto Sheva su cross di Serginho
    Perché se hai giocato a centrocampo, anche solo nel fango della terza categoria, e magari le gambe ti tremavano proprio nello spareggio contro la Castiglionese, capisci che cosa significa essere Clarence Seedorf
    Perché un giorno mi hanno detto che in giro per la città c’era un bulgaro, “milanista più di te”, “fatemelo conoscere” ho risposto, l’ho conosciuto, si chiama Vladimir, grande milanista ma non più di me…
    Ciao Vladi, mi raccomando, tu solo spremute d’arancia e Ayran
    Perché siamo andati a San Paolo, anzi proprio a Mogi Mirim, a comprare il migliore giocatore dei Mondiali e l’abbiamo portato a casa
    Ciao Rivaldo, eterno ídolo
    Perché prima del ventotto maggio c’è stato il ventitre aprile
    Perche “…Ambrosini…la torre…c’è Inzaghi…il pallonetto….Inzaghi…”
    Perché solo un paio di ore dopo mi sono accorto di aver strappato il cavallo dei pantaloni da parte a parte, li conservo ancora quei pantaloni blu
    Perché Ci vediamo martedì e poi Diavoli a Manchester
    Perché due semifinali a maggio non c’erano mai state e faceva molto caldo quel mese di maggio
    Perché se vuoi veder morire un uomo allora digli “se-c’era-Nedved”
    Perché da quella sera sono spariti
    Perché se chiedete a Carlo Ancelotti qual è stata la gioia più grande della sua vita vi dirà: “quella sera che mi sono lanciato col mio faccione al centro del campo, stringendo in silenzio i pugni al cielo, e gliel’ho fatto vedere chi era il perdente”
    Perché ricordo Dado, un milanista bosniaco alto due metri e largo come una quercia, trattenere il fiato impotente, lì di fianco a me
    Ciao Dado, sei sempre lì su quella sedia
    Perché il silenzio di tutti prima di quell’istante

    La mia stagione da tifoso finisce alla soglia dei trent’anni con questa doppia immagine: da una parte Shevchenko che ha fretta di calciare l’ultimo rigore, chissà perché, dall’altra ci sono io che non vorrei vederlo battere. E so perché.

    Ciao Ventotto Maggio Duemilatre

  17. Che bello scritto Conte Fiele…ho rivissuto l’intera giornata e mi sono rivisto al momento dei rigori, seduto ( ero più o meno alla tua stessa altezza ma quasi all’ultima fila in alto) con la faccia tra le mani a fissare in trance il seggiolino davanti…sì…io non ho visto nessun rigore quella sera, troppa tensione ,arrivato quel momento , per la prima volta in oltre 20 anni di stadio , decisi di sedermi , chiudere gli occhi e aspettare…anche io come te avevo le mani dei miei amici sulla spalla, a sinistra il Rosso e a destra Luca, con cui si andava i primi tempi in treno da soli a vedere il Milan, anche il primo anno di B, con le nostre sciarpe della Fossa, legate alla cintola…mani che continuavano a stringere o ad alzarsi per ritornare sulla spalla…io attendevo, attendevo o l’esultanza dei gobbi dall’altra parte o la nostra…poi al tiro di Sheva l’attesa si è fatta lunghissima…eterna, avrei sentito urlare di là o attorno a me? So solo che il boato era stato nella nostra curva e che dopo mi alzai pugni al cielo e viso bagnato di lacrime, abbracciato da quelli attorno ,ed è vero, piangevano tutti…tutti.

  18. Avevo vent’anni e non trenta, vidi la partita al bar con un amico e non a San Siro, ma i brividi e le lacrime furono gli stessi, identici. Complimenti, Conte Fiele!

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