Non si può oggettivamente volere del male a Zdenek Zeman, specialmente sotto Natale. L’aria da Don Chisciotte spiumato dal tempo e dalla solidità delle sue convinzioni, il testardo ottimismo del Vilcoyote con quel 4-3-3 a cui manca soltanto l’adesivo ACME, il fatto che vanti comunque un curriculum sudatissimo di tutto rispetto, con parecchi momenti di futbol sublime quale dalle nostre parti non si vede almeno dal 2003-04 (con la considerevole eccezione della campagna europea 2007). L’uomo evocato almeno una volta nella vita da ogni tifoso frustrato da una squadra grigia e spiantata: “Almeno prendessimo Zeman!”. Anche perché Zeman solitamente viene via a poco, è come il thé freddo alla pesca del Carrefour a 90 centesimi che comunque dà la paga ai colossi del settore. No, non si può volergli male. Oppure sì, siete liberi di deriderlo e scimmiottarlo e odiarlo come se fosse il Dottor No – ma in quel caso siete juventini, e noi si sta parlando di esseri umani.
Zeman a casa nostra è venuto a dominare almeno tre volte, tornandosene sempre a casa con le pive nel sacco: con il suo primo Foggia nel 1992, con la Lazio nel 1994 (se ne parlò qui) e in quella più rocambolesca di tutte, con la Roma nel 1998. Che poi è una delle due-tre partite chiave nell’annata bellissima e insensata dello scudetto di Zaccheroni, specialmente perché è il primo di una serie di fortunati eventi che ci faranno compagnia fino a primavera, per culminare nella folle partita contro la Sampdoria. Questo Milan-Roma ha l’aspetto del luna park già alla lettura delle formazioni, dove tra campo e panchina trova cittadinanza gente come Brunone N’Gotty e André Cruz, entrambi titolari nella nostra difesa una volta appartenuta a Baresi e Tassotti. O Fabio Petruzzi, pretoriano di Carletto Mazzone, leggermente a disagio con i disinvolti schemi del Boemo. O ancora il pallido croato Ivan Tomic o Gustavo Bartelt, l’argentino hombre del partido una settimana prima contro la Fiorentina, quando una Roma in 9 aveva zemanianamente ribaltato il risultato nei minuti finali grazie a due giocate fuori dal mondo di questo Caniggia dei poverissimi, destinato all’oblio in poche settimane. Il Milan invece è stramazzato a Cagliari, dopo una partitaccia che almeno ha avuto di buono che è stata l’ultima di Jens Lehmann come portiere: sostituito per essersi fatto male dopo aver commesso fallo da rigore, viene defenestrato da Seba Rossi e non indosserà mai più la nostra maglia. Il resto, un pianto, sottolineato dalla prosa apocalittica di Zaccheroni nel dopo-partita: “Se giochiamo sempre così, andiamo in B“. Qualche malumore di Weah, Ba e Ganz sul complicato nuovo modulo di gioco (un 3-4-3 con Weah e Leonardo o Ganz punte esterne al servizio dell’ariete centrale Bierhoff) fa esplodere la Sud, che riserva striscioni al cianuro al trio di rivoltosi: “Siamo stanchi di sentirvi, siamo stanchi di vedervi“, “Alla 5° già vi lamentate, alla 6° è ora che ve ne andiate“, fino al lapidario “Ha ragione Zaccheroni, chi non pedala fuori dai coglioni“.
Come nella più classica delle commedie zemaniane, la prima mezz’ora è un dominio di proporzioni imbarazzanti, con il grave difetto di fatturare solo il 10% della produzione (si sa che Zdenek è da sempre legato a modelli economici fortemente utopici). All’8′ un lancio un po’ a casaccio di Aldair pesca Totti in contropiede, abbandonato da una difesa del Milan posizionata in modo criminoso; scavetto sull’uscita di Rossi e appoggio a porta vuota di Delvecchio per lo 0-1. Ancor più surreale quel che accade al 22′: Paulo Sergio imbecca Delvecchio che solo davanti a Rossi calcia lemme lemme sul palo, l’azione continua e Tomic a porta vuota, da ottima posizione, stampa la palla sull’altro palo. Il bunker (si fa per dire) zaccheroniano resiste alla mareggiata impetuosa e i suoi tre punteros (che sono pur sempre Weah, Leonardo e Bierhoff) tornano a fare capolino dopo la mezz’ora, una volta placatasi la buriana. Per dare un’idea della bizzarria della partita, uno dei migliori del Milan è Ziege (anche lui, pur sempre il terzino sinistro titolare della Cermania). Le occasioni si succedono come battute loffie in una puntata dei Griffin, in una sequenza rapidissima che lascia interdetti gli spettatori: prima è Totti a impegnare severamente Rossi con una botta da 30 metri, poi è Bierhoff (!) a imitarlo con un candelabro che costringe Chimenti a mettere in angolo.
Poi, quando c’è Collina ad arbitrare, la partita può trasformarsi di colpo in un Hellzapoppin di protagonismo fine a sé stesso, che faceva del Pelato di Viareggio un geniale precursore di Matteo Renzi. 42′: Leonardo per Bierhoff che mette in rete di destro al volo, ma Collina annulla per fuorigioco di Weah che disturba Chimenti. 45′: fraseggio ad alta quota tra Weah e Bierhoff, Weah strappa con le cattive il pallone a Chimenti e mette dentro, Collina fischia carica e annulla. 48′ pt: lancio lungo, torre di Oliviero bomber vero e Leonardo buggera lo spaesato Tomic e di sinistro infila Chimenti proprio sulla sirena. Questo è valido, ed è il punto dell’ingiustissimo 1-1.
Il secondo tempo non è meno folle e rapsodico del primo. Al 5′ Cruz tira giù in area il solito Delvecchio, e Collina non manca l’occasione di concedersi un altro primo piano. Al secondo rigore in carriera, Totti sceglie la botta centrale e mal gliene incoglie, perché Rossi è in uno di quei momenti di autostima (per aver soffiato il posto al titolare di turno) in cui potrebbe strangolare un boa constrictor a mani nude. Seba respinge e la roulette russa può continuare. Qualcuno dagli spalti tira una monetina in testa al guardalinee Cerofolini, che se la cava senza grossi danni. 59′: la pressione di Weah manda in tilt Aldair, che sbaglia il retropassaggio verso Chimenti favorendo l’inserimento di Topexan Ziege, che si sbarazza di rimpallo del portiere-Zucchina e, con l’aiuto involontario del gomito, segna uno dei gol più brutti del nostro campionato.
La Roma risponde con una rete di bellezza epicurea: Di Francesco a Paulo Sergio che verticalizza per Delvecchio, che sempre di prima difende il pallone e fa secco Rossi con un sinistro sotto la traversa. Come spesso succede in quel periodo, Delvecchio festeggia portandosi le mani alle orecchie, godendosi gli ululati di San Siro che rumoreggia un po’ con tutti, dando l’idea del vecchietto davanti al cantiere che commenta pedantemente ogni stravaganza del nostro ZacGyver: “E Leonardo lo devi mettere al centro, e quando lo togli l’Helveg?”. Tanto alla fine è sempre una questione di cul de Zac: punizione di Boban e Weah, splendido, di testa anticipa tutti e fa 3-2. Si continua: ennesima sassata del devastante Totti, traversa piena e altro rantolo di uno stadio che ormai assiste ai minuti finali sotto anestesia, sfibrato dalle troppe emozioni. Intanto viene espulso Boban e poco dopo rimaniamo anche in 9, con Maldini costretto alla bandiera bianca per una frattura al setto nasale dopo uno scontro con Paulo Sergio; gli fa compagnia anche Danielino Conti, cacciato da Collina per un presunto sputo a Bierhoff. Paulo Sergio si mangia il 3-3 di testa, poi Bierhoff sfiora il gol da 30 metri, poi è davvero tutto.
Non è chiaramente un Milan da scudetto – come potrebbe esserlo una squadra in cui compaiono come titolari fissi loschi figuri come Helveg, Ziege e N’Gotty? – ma la classifica (terzo posto a -3 dalla Fiorentina di Trapattoni) continua a brillare, in un’annata in cui la Juve di Lippi sembra arrivata alla cottura, mentre l’Inter non riesce a recuperare il Ronaldo colpito allo stomaco dal malore prima della finale mondiale contro la Francia. Qualcuno in tribuna, fiducioso oltre ogni umana comprensione, riesce a vedere una nota di ottimismo anche nei minuti finali dell’esordio in rossonero di Domenico Morfeo.
Reti: 9′ Delvecchio (R), 45′ Leonardo, 59′ Ziege, 70′ Delvecchio (R), 72′ Weah
MILAN: S. Rossi, N’Gotty, Cruz, P. Maldini, Helveg, Albertini (46′ Ambrosini), Boban, Ziege, Leonardo (79′ Morfeo I), Weah (82′ Ayala), Bierhoff – All.: Zaccheroni
ROMA: Chimenti, Aldair, Petruzzi, Zago (80′ Conti II), Wome, Tommasi, Tomic (80′ Bartelt), Di Francesco, Paulo Sergio, Totti, Delvecchio – All.: Zeman
Arbitro: Collina
io c’ero, che partita ragazzi ! comunque con il Foggia nel ’92 non fu propriamente una lezione di calcio dai , ricordo perfettamente quell’uggioso pomeriggio con Gullit e Van Basten scatenati, e a Foggia…..comunque Zeman , pur perdente di natura, merita l’applauso per la coerenza, nemmeno quell’2-8 allo Zaccheria lo fece desistere.