La ballata dell’amore Sordo

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C’era una volta il Leone Sordo, al secolo Thomas Helveg, come da celebre parabola semi-biblica con cui, una sera di gennaio 2001 all’indomani di un derby, un Berlusconi particolarmente alticcio bollò il povero terzinaccio danese. “Nella giungla un uomo comincia a suonare il violino attirando l’attenzione di un leone, poi ne arrivano altri e altri ancora, fino a che cento leoni non si radunano estasiati, ascoltando l’esibizione del musicista. Arrivati quasi alla fine dell’improvvisato concerto, arriva l’ultimo leone, che si avvicina all’uomo e lo sbrana, ponendo fine alla musica. Uno dei leoni in prima fila se ne va, scocciato: “Ecco, è arrivato il leone sordo e il concerto è finito”.

E poi c’era Gianluca Sordo, uno dei personaggi che animarono le bollenti trattative sull’asse Milano-Torino nei primi anni ’90. Fu vero e proprio lato B dell’affaire Lentini, consumatosi nella torrida estate 1992, ma arrivò al Milan solo nel 1994. Nel frattempo si era ritagliato un posto speciale nel Pantheon dei Maledetti Granata, di quelli che i tifosi del Toro amano ricordare per anni fustigandosi e leggendo editoriali di Massimo Gramellini: nella famosa finale di Coppa UEFA 1992 contro l’Ajax (la partita della sedia di Mondonico!), era stato un di quelli che aveva colpito la traversa, l’ultimo di tre legni che condannarono i granata alla resa pur senz’aver mai perso tra andata e ritorno. Giocò però da titolare la doppia finale di Coppa Italia 1993 contro la Roma, a oggi l’ultimo trofeo vinto dal Torino, quasi rischiando di perdere anche quella dopo aver vinto 3-0 l’andata.

Il Milan lo comprò addirittura per 5 miliardi, probabilmente solo per il gusto tipicamente berlusconiano di regalare soldi agli amici post-socialisti. E la vita, Gianluchino, lo sai, non è comoda per nessuno (cit.): con Albertini-Desailly coppia centrale e validissime riserve come Eranio, Boban o Stroppa, Sordo si rassegnò a fare compagnia all’omino del caffé Borghetti. In due anni giocò in tutto 12 partite di campionato e una di Champions, proprio nella maledetta Amsterdam, in cui fu travolto 2-0 dall’Ajax dei bambini terribili di Van Gaal. Nell’ultima delle sue due presenze da titolare non brillò per lucidità. A una settimana dalla finale di Champions col solito Ajax, Capello lo buttò in campo in un’inutile partita di campionato a Napoli: a fine primo tempo, un suo insensato retropassaggio di tacco diventò il migliore degli assist per il gol-partita del Condor Agostini. Una trasformazione in peggio anche fisica, perché se nella foto in alto – ai tempi del granata – poteva sembrare una controfigura di un giovane Dustin Hoffman, in quella in rossonero è più simile al frontman di una scalcagnata band scandinava di garage rock anni ’90.

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Finito il suo resistibile ciclo in rossonero, si rassegnò a cambiare una squadra all’anno, con un’escalation che ricorda la progressione di Mickey Rourke in Ascensore per l’inferno: Reggiana, Bari, Cannes (!), Montevarchi, Pisa, Arezzo e infine Aglianese nel 2003-04, quando ebbe la fortuna di trovarsi al servizio di uno dei più grandi allenatori della storia del calcio europeo: Massimiliano Allegri.

Wikipedia liquida il suo post-carriera con due gelide frasi. “Nel 2005 fu coinvolto in una rissa all’interno di un locale notturno a Marina di Massa, venendo colpito al capo e finendo in coma. Ristabilitosi, ha intrapreso una carriera politica tra le fila di Futuro e Libertà“. Indi per cui, non siamo del tutto sicuri che si sia ripreso.

Pubblicato da Giuseppe Pastore

Pugliese, classe 1985, milanista di ferro. Prima partita di cui ho memoria: Milan-Barcellona 4-0. Ammetterete che poteva andarmi peggio. Qui sotto i miei contatti.

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