Il Genio al lavoro

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Siete mai stati improvvisamente fulminati da un’idea geniale? Di quelle che vi prendono intorno alle tre di notte, mentre vi rigirate tra le lenzuola, che vi esaltano dal primo istante e vi fanno subito immaginare un futuro fatto di gloria e onori, copertine di magazine, viaggi in business class, sesso a buon mercato e fiumi di prosecco – sì, prosecco, che va bene l’idea geniale, ma ci sta pur sempre la crisi.

Un’idea geniale colpì Dejan Savicevic alle ore 17,20 di una normale domenica pomeriggio a Reggio Emilia, che già è di per sé una prodezza eccezionale, perché Reggio Emilia non è esattamente un posto che ispiri imprese memorabili (al massimo solenni baggianate, come quando a luglio, durante il Trofeo Tim, quel pistola di Constant abbandonò il campo, ferito nell’orgoglio da un tifoso che gli aveva dato del “nasone”). Ma per definizione il Genio è ballerino, intermittente e si prende la scena quando diavolo gli pare: e quindi, alle 17,20 a Reggio Emilia e non rompete, un po’ come il gatto Behemoth del Maestro e Margherita che soleva prendere il tram nel centro di Mosca, pagando regolarmente il biglietto.

Prima di soffermarci sull’epifania del pifferaio di Podgorica, occupiamoci un minimo del contesto. Già con la testa alla terza finale di Champions consecutiva, da disputarsi a Vienna contro il giovane Ajax, il Milan affronta questa trasferta emiliana con l’entusiasmo di un torpedone di pellegrini di ritorno da San Giovanni Rotondo. Non se la passa meglio la Reggiana, già spacciata dopo che un anno prima era riuscita a salvarsi passando clamorosamente proprio a San Siro, vincendo 1-0 in casa di un Milan in vena di regali. Rassegnato alla B, il pubblico locale si diverte a prendersela con l’allenatore Enzo Ferrari, bersagliato per una presunta passione per i fondi di bottiglia (“Basta col vino/Ferrari basta col vino“). Pur andando a dieci all’ora, al 6′ il Milan è già in vantaggio con un tap-in di Lentini, dopo un tiro da fuori di Donadoni goffamente respinto dal secondo portiere Sardini. Quindi, alla mezz’ora, l’autogol di testa del grande ex Nando De Napoli fa risuonare, nelle mura del nuovissimo Giglio, un altro coro a sfondo etilico: “Questa squadra sa di tappo/questa squadra sa di tappo“. Al 21′ della ripresa, a squarciare la monotonia di un grigio rendez-vous nella Bassa, arriva giustappunto il Genio.

Otto secondi che possono provocare dipendenza. Donadoni pennella di destro verso lo spazio che Savicevic attacca prontamente, fiondandosi tra Mozzini e De Agostini. Dejan controlla con il collo del piede sinistro e spedisce la palla verso l’esterno, mandando in tilt i due difensori costretti a un brusco cambio di direzione. Anche il portiere Sardini fa dunque due passi avanti, per restringergli il più possibile lo specchio della porta, e si ferma sulla linea dell’area piccola. Intanto Dejan sta già caricando il sinistro e tutto lo stadio si aspetta la cannonata, che sarà prevedibilmente respinta dal corpo di Mozzini (rinvenuto in marcatura) o, alle brutte, dallo stesso Sardini. Ma invece di usare la clava, il Genio – in una frazione di secondo e con un’eleganza commovente, che fa di questo gol una delle prodezze più sottovalutate della Serie A anni ’90 – decide di nascondere la palla dal cono visivo degli avversari e calciarla rasoterra e pianissimo, indirizzata all’angolino basso. Sardini, improvvisamente privato del riferimento del pallone, barcolla goffamente all’indietro cercando di mantenersi in piedi. Non è un colpo da biliardo: sono i colpi da biliardo che sono tiri di Savicevic. Guardando l’azione dal vivo, sembra proprio che la palla sia destinata sul fondo: ma all’ultimo momento, un maligno effetto a rientrare la fa morire in rete, con lentezza vellutata e oltraggiosa, quasi fosse un atto di lussuria perpetrato nel confessionale di una chiesa.

Perfino un animo asburgico come Capello, mai tenerissimo con Savicevic, capisce che è il caso di concedergli l’ovazione, che arriva puntuale tre minuti dopo. La partita finirà 0-4 (il poker è di Simone) e sarebbe stata destinata a morire nella polvere di un archivio, se non fosse stato per Savicevic, che anche tra cinquant’anni – qualunque saranno i dispositivi magnetici e digitali a supporto dell’umanità – l’avrà fatta rivivere per soli otto secondi. Dovunque si trovino adesso, anche Mozzini e Sardini, sentitamente, ringraziano.

Reti: 6′ Lentini, 31′ aut. De Napoli, 66′ Savicevic, 82′ Simone

REGGIANA: Sardini, Cherubini, Parlato (52′ Mozzini), De Napoli, Gregucci, De Agostini, Esposito, Brambilla, Taribello (74′ Falco), Futre, Zanutta – All.: Marchioro

MILAN: S. Rossi, Panucci, P. Maldini, Donadoni, Costacurta, Baresi II, Stroppa, Desailly, Lentini (78′ Sordo), Savicevic (69′ Massaro), Simone – All.: Capello

Arbitro: Tombolini

Pubblicato da Giuseppe Pastore

Pugliese, classe 1985, milanista di ferro. Prima partita di cui ho memoria: Milan-Barcellona 4-0. Ammetterete che poteva andarmi peggio. Qui sotto i miei contatti.

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