Confessioni di un milanista brianzolo

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Bella la vita per voialtri milanisti meneghini, che vi siete sempre dovuti confrontare solo col nemico naturale. Noi nella verde Brianza – verde tra un capannone e l’altro intendo, e non dico velenosa che se no poi finisco a parlare della Lazio – abbiamo sempre avuto intorno, oltre ai cugini, anche loro, i gobbi. Gli stramaledetti gobbi. Tamarrissimi meridionali della “Giufe”, ottusissimi brianzoli della “Juuentus” (dove la V diventa U), gobbi di tutti i tipi e ovunque. Credo che se si facesse una percentuale del tifo in quella maledetta striscia di terra che da Monza sale fin quasi alla Svizzera potremmo essere tranquillamente al 33% fra noi, interisti e Juventini. Al limite qualcosa in più per gli zebrati, specie nelle zone meno urbanizzate. E’ come se fossero lì da sempre, e lo sono. E’ come se fossero a casa loro, e lo sono.

 

Quando la Juve s’intasca uno scudetto o una coppa si prendono piazze, strade e balconi, e la cosa assurda è che risulta naturale pure a noi ed ai cugini. Per i rossoneri briantei la Juve non è semplicemente la più odiata dopo l’Inter, ma è quasi (quasi, per carità) alla stregua di un’altra Inter. Perché quando hai panettiere, fruttivendolo, macellaio, cognato, tabaccaio, portinaio, amici, parenti, cugini tutti della Juve, finisci per vivere un continuo clima da derby anche con loro. Per quello quando penso a Juve-Milan la memoria corre immediatamente a quella vittoria del primo Milan di Sacchi, la memorabile inzuccata di Gullit che decolla con Favero in tasca dopo anni di oblìo. Abbiamo vinto in casa vostra, maledetti, a 150 km da qui. E corre anche ad un Milan-Juve a San Siro, stagione 1983-84; loro sono uno squadrone, noi il Milan neopromosso di Blissett, e come se non bastasse Oscar “Flipper” Damiani pensa bene di farsi espellere dopo cinque minuti per un pugno a Cabrini. Ce ne ficcano tre facile facile, ma per tutto il primo tempo Cabrini, sulla fascia sinistra, deve stare attento a non passare troppo vicino alla linea laterale giacché nel parterre c’è un signore attempato con berretto di lana rossonero che prende l’ombrello per la punta, lo infila fra le inferriate del cancello e prova ripetutamente ad acchiapparsi il bell’Antonio per la caviglia col manico. Non gli riesce, ma è una scena epica. Il signore attempato, manco a dirlo, ha un accento gutturalmente brianzolo.

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