Vincenzina e Berlusconi. Ovvero Enzo Jannacci e il Milan

Non mi ricordo che partita fosse, però c’era il sole. Erano gli anni 80 e io ero ragazzino, forse era il mio primo abbonamento, ero in curva e a un certo punto si sentì un accavallarsi di voci che diventarono rapidamente un piccolo clamore. Non feci in tempo a chiedere che cosa stava succedendo – perché in quegli anni bisognava informarsi tempestivamente, c’era questo fatto che si poteva andare a piedi da una curva all’altra, anche armati se a uno faceva piacere. Ma si alzò un coro: “En-zo, En-zo”. E guardando verso il centro, un po’ in alto – non nella Fossa dei Leoni, sarebbe stato un po’ troppo, direi – vidi spuntare una mano che salutava un po’ dappertutto, un paio di occhiali, e un sorriso di quelli fatti bene, coi denti, come li faceva lui.

“Il Milan è il battito cardiaco stesso. E’ il fascino del rossonero, capisci? Intanto il rosso… l’Inter che colori ha? Nero. E blu. Secondo te sono due colori che vanno?

Il rosso è … Sessantamila cuori che a ogni pronunciamento dello speaker sobbalzano e il cuore dà un’extrasistole. Un’extrasistole è un colpo al cuore – la sistole è quando fa pum, la diastole, in termini cardiologici, è quando fa pof, si apre. Sistole pof, pof, si apre e si chiude e dà un colpo così che si sente toc, è la sistole. Ecco, extrasistole si sente pin, pon, per cui non tutti vanno in extrasistole, se no morirebbero quasi tutti, capisci? E questo è il rosso. Il blu no. Secondo te, al toro a Barcellona o a Madrid, mettono davanti un tessuto blu per muovere i tori? Lo mettono rosso e il toro capisce. E quando il toro va a vedere, perché il toro va a vedere la partita, cosa va a vedere? Il Milan”. (dal libro Aspettando al semaforo, di Paolo Jannacci)

Non so voi, ma a me sembra impeccabile.

Trascurando il non precisamente immortale inno dei tempi Fariniani Mi-mi la-lan (“Non c’è modo di fermarci, hanno voglia a tamponarci”, firmato coi collaboratori Riccardo Piferi e Maurizio Bassi), i pezzi cruciali in cui la squadra viene evocata da Jannacci sono due.
Il primo appartiene a un’epoca, il secondo a un’altra. E la cosa è molto importante.
Il primo è Vincenzina e la fabbrica.
La constatazione più lacerante del testo (che è piuttosto breve ma pare lungo perché Jannacci, a capo chino e con un abnorme groppo in gola lo trascina come una bicicletta bucata), è che per Vincenzina la fabbrica è un luogo coccoloso e rassicurante. Viceversa, là fuori, ciò che è stato creato per tirare su il morale e creare aggregazione, dà solamente delusioni a saracche: “Zero a zero anche ieri ’sto Milan qui, con Rivera che ormai non mi segna più… Il padrone non c’ha neanche ’sti problemi qui”. Con una spettacolare intuizione, quando il Milan, da squadra proletaria della Milano “di serie B” diventò squadra del Padrone per eccellenza, Jannacci cambiò il testo. “Rivera non mi gioca più”. La finezza includeva non solo il ritiro per raggiunti limiti di età del Golden Boy, ma anche il fatto che questi, bandiera rossonera nel passato, fosse stato escluso dalla dirigenza nel nuovo corso berlusconiano, e quindi a suo modo anche lui spazzato dal furore del Miracolo Italiano proprio come Vincenzina.

Il secondo pezzo è Se me lo dicevi prima. Questo è un brano il cui passaggio “Quando vince il Milan” ha un significato molto differente, e infatti molti tifosi ci si sono aggrappati. Non è tanto importante che Jannacci ritragga come milanista uno dei suoi disgrassiàa, nel dettaglio un giovane drugà. Quanto che lui abbia ribadito la sua militanza nel 1989, in un’epoca in cui molti tifosi piuttosto in vista avevano abiurato la fede calcistica per non passare per berlusconiani. A sssinistra, l’ala dove Jannacci aveva sempre militato, l’offensiva degli autoproclamati simpatici era feroce: si ricordano ad esempio articoli di ben più giovani Michele Serra e Gino & Michele caratterizzati dalle gocce della stessa bava che sbucava dagli angoli della bocca del senatore McCarthy. Sottintendevano quello che dice ogni tracotante babbeo: che chi tiene al Milan, regge il sacco a Berlusconi.

(mentre le altre squadre, notoriamente, sono presiedute da marxisti praticanti)

Sta di fatto che il cannoneggiamento fece effetto su gente di fibra più debole. Dall’ala milanista della Gialappa’s a Oreste Del Buono, si defilò un bel po’ di gente: a Milano sembrava che i milanisti rimasti fossero solo quelli dichiaratamente berlusconiani (gli Emili Fede, i Massimo Boldi) o gli apolitici (i Teo Teocoli).

Mentre Jannacci, semplicemente, obiettò: “Non è che se Berlusconi si mette a fare il vino, a me non piace più”.

Non so voi, ma a me sembra impeccabile.

9 Risposte a “Vincenzina e Berlusconi. Ovvero Enzo Jannacci e il Milan”

  1. Per fortuna che ci siete voi a ricordare a noi piccole “nuove leve” di tifosi rossoneri, quanta gloria c’è stata nel nostro passato e quanto splendidi siano stati alcuni nostri tifosi.. come Jannacci. Vi ringrazio 🙂

  2. Sono un tifoso romanista, premettiamolo.
    Sono innamorato del colore blu, quello scuro (non la cacchetta azzurrognola interista o lo sbiaditume celeste laziale), parlo del blu oltremare.
    Sottoscrivo da “non condividente” l’ostinazione rossonera militante a sinistra, che è giusta, proprio perché lì affondano le radici del tifo rossonero.
    Non condivido, perché 1) se sono stato di sinistra, lo sono stato da libertario, quindi non appartengo in modo pedissequo alla dicitura “sinistra”, e 2) amo troppo il blu e non ho mai amato troppo il rosso per condividere. Evidentemente, non sono un toro o uno squalo… se vedo rosso non mi si carica nulla… se vedo blu mi ci perdo dentro…
    Non a caso, odio quando, da romanista, accolgo la definizione di “giallo-rosso”, dato che i nostri colori sono più “arancio-granata”, o per la precisione “oro e porpora”… altrimenti, se la Roma avesse avuto la maglia gialla canarina e rossa fuoco, non credo l’avrei mai potuta tifare.
    Comunque, complimenti al vostro tentativo di tenere la barra milanista lontana dal berlusconismo, vi seguo con piacere. 🙂

  3. quindi, secondo i vostri ragionamenti un interista non dovrebe ascoltare jannacci come un doriano non dovrebbe ascoltare De Andrè, come un laziale non dovrebbe ascoltare Venditti o come un milanista non dovrebbe ascoltare Vecchioni? Ragazzi, ma andate a cagare… !!!!!!

    1. JJ, i ragionamenti di cui scrivi sono solo tuoi. Quanto al tuo educato invito finale, te ne facciamo uno anche noi: non tornare mai più a trovarci, grazie.

  4. in effetti jj su una cosa ha ragione, avete provato ad ascoltare tre canzoni di fila di vecchioni o di Venditti? quando mi è capitato ho dovuto seguire il suo forbito consiglio……

  5. Salve. Intanto complimenti per l’articolo.
    Una curiosità da siciliano che non ha mai potuto sondare con mano le dinamiche della cultura del tifo milanese, cultura calcistica che si intreccia con quella politica e con la sociologia.
    Ma questa dicotomia “bauscia/casciavit” è ancora “attuale” o semplicemente anacronistica?
    Questa contrapposizione tra il milanista come uomo di periferia e umile, e interista abbiente e altolocato si respira ancora oggi a Milano?
    Tutt’oggi, nonostante il ventennio berlusconiano, è ancora una tendenza ravvisabile quella che vuole il tifo milanista come legato agli ambienti di sinistra milanesi e quello interista legato a quelli di destra?
    Tutto ciò può valere anche per le nuove generazioni, o le profonde trasformazioni che hanno cambiato radicalmente il volto di Milano hanno “inquinato” anche certi paradigmi del tifo?
    Ringrazio chiunque vorrà rispondermi. Sono tremendamente affascinato dall’argomento.

    1. Ciao Dario, scusa l’attesa.
      Dunque.
      La contrapposizione effettivamente è tenuta in vita un po’ artificialmente. Sarebbe un po’ semplicistico, ma non del tutto sbagliato, dire che con l’avvento di Berlusconi e le vittorie che sono seguite, molti nuovi benestanti milanesi si sono gettati con piacere sul Milan, e molti elettori di destra, nonché gente che scodinzolava attorno al tavolo di Silvio nella speranza di raccogliere qualche osso, hanno iniziato a sbandierare milanismo (Emilio Fede è un esempio imbarazzante, ma innegabile; lo stesso Galliani, era un gobbo fatto e finito). Di fatto, la componente anziana di ComunqueMilan ricorda che nei primi derby visti allo stadio, negli anni 80 (non precisamente anni politicizzati), il bandierone con Che Guevara veniva da sud, e il coro “Duce, duce” veniva da nord. Quindi, forse non è un caso se collochiamo la mutazione negli anni 90. Del resto, sulla sponda dai colori funebri, succedeva l’opposto: l’ereditiero petroliere e il suo socio tycoon della telefonia hanno iniziato a soffiare sulla squadra della buona borghesia un vento inaspettatamente sinistrese, zapatista e emergencysta, circondandosi il più possibile di comunisti da hit-parade o da rivoluzionari da prima serata tv. Così oggi, per scorgere le antiche radici di entrambe, bisogna fare un grosso sforzo di volontà, che forse non vale nemmeno più la pena fare. E del resto, sia a Milano che nel resto d’Italia, non è più possibile collocare con bella sicurezza la destra tra i più abbienti e la sinistra tra gli sfruttati, no?

      1. Grazie per la risposta! Effettivamente l’Italia è cambiata, non solo Milano. Attribuire colpe solo ed esclusivamente a Berlusconi se il Milan “non è più una squadra di sinistra” è alquanto riduttivo.
        Come hai detto bene nella seconda parte del tuo post, le cose sarebbero andate comunque così. Dal mio punto di vista, il processo è partito nel ’68: molti “rivoluzionari” dell’epoca, che poi erano i figli della borghesia, si sono fatti classe dirigente. E capendo bene che sarebbe stato tafazziano lottare contro la classe a cui appartenevano, hanno opportunisticamente riparato sui diritti civili abbandonando quelli sociali (ossia il contrario di ciò che dovrebbe essere una vera sinistra).
        Così ci ritroviamo una sinistra “abbiente” con la puzza sotto il naso che sotto sotto prova un inconfessabile disprezzo per il “popolino” ignorante e a loro dire “reazionario”. E gli operai, un po’ per ripicca, un po’ perché proprio non si rispecchiano in una sinistra colta da “salotto pariolino”, votano Lega al Nord e i partiti della galassia conservatrice al Sud (partiti che, ci piaccia o no, sono più bravi a “parlare la lingua” della gente comune e a far proprie le problematiche di chi vive in periferia). Almeno questa è la mia lettura, non è detto che sia quella giusta.
        Per quanto riguarda il tifo a Milano, molti miei amici che vivono la città, milanesi e siciliani, giurano che ancora oggi è possibile ravvisare un tifo milanista di genuina estrazione popolare e di periferia e uno interista da “Milano bene” e schiettamente “baùscia” come tradizione vuole. Ma per i discorsi fatti sopra, dare una collocazione politica è alquanto difficile: magari l’interista di via Montenapoleone si è fatto “radical chic” e vota SeL e il milanista di Affori vota il partito del milanista Salvini 😀 Ma è un trend italiano, non solo milanese. Credo si possano dire le stesse cose, ad esempio sul derby di Roma.
        In ogni caso, complimenti per il sito. E’ proprio quello che cercavo! E’ stato difficile trovarvi, ma da un paio di settimane a questa parte siete il mio punto fermo, anche su Facebook.
        Buon lavoro ragazzi.

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