Non sappiamo se sarà un’era tremenda oppure gloriosa per l’acMilan 19 volte campione d’Italia e 7 volte campione d’Europa. Nessuno lo può sapere, è difficile fare valutazioni razionali e previsioni su quanto avverrà dopo la separazione (consensuale?) tra il nuovo proprietario e il duo che con Gazidis ci ha riportati allo scudetto. Cercando di non prendere le parti di nessuno dei contendenti, la sensazione è di un colpo di spugna completo. È quasi una nuova società, questo Milan dalla nuova maglia molto rossa, quasi belga, proprio come due degli acquisti più problematici (eufemismo) dell’ultimo mercato di Paolo Maldini. Della sua gloria antica non c’è praticamente più nulla: persino Silvio Berlusconi, che ereditò Liedlholm e Ramaccioni e pure Cesare Cadeo dal Governo precedente, ci mise un po’ prima di far partire la sua rivoluzione. Cardinale sarà come Berlusconi? Per molti versi (quelli più ovvi) ce lo auguriamo, ma vi sentireste di paragonarli? Ehi, perché no: proviamo.
2) il NERO: Berlusconi sapeva come funzionava il calcio italiano (e non solo quello), e anche per questo potè ipotizzare di rinnovarlo. Gerry Cardinale non può conoscerlo allo stesso modo. Sarà un bene, sarà un male? Magari in un gioco che sta diventando sempre più risultatista, una filosofia rigorosamente imprenditoriale potrebbe avere risultati clamorosi. Sinceramente: non parlassimo di calcio, sarebbe quasi ovvio ciò che sta accadendo. Ogni proprietà vuole i suoi uomini di fiducia e toglie il management di quella precedente, nessun produttore di merende preconfezionate ha dirigenti-bandiera, se poi la gente si affeziona ai colori della Nutella o alle pubblicità del Mulino Bianco sono affari suoi, scemi che sono (e siamo). Ma qui stiamo parlando di calcio. Cardinale si sta prendendo una certa responsabilità, diciamo. E non ci meraviglieremmo di veder arrivare qualche nome o volto rassicurante per placare la nostra componente sentimentale (…Sheva, hai impegni?).
3) il ROSSO: solo che la componente sentimentale è molto forte nel calcio, e uno come Paolo Maldini che ha il calcio e il Milan nel DNA, fin nelle ossa che hanno alzato coppe, figlie di ossa che hanno alzato coppe, può aver sbagliato qualche acquisto (e azzeccati altri), ma non è realmente questo il punto, perché il risultato minimo (la qualificazione in Champions League, e il curioso destino di arrivare quarti in Italia come in Europa) è arrivato lo stesso, in qualche modo, spremendo i titolari dello scudetto decurtati di Ibra, Kessié, Rebic (…) e per un bel pezzo Maignan. Ma se siete risultatisti, non vi potete lamentare: al vero risultatista non importa COME arrivano i risultati, giusto? A meno di essere risultatisti contraddittori alla Allegri, che separa quello che ha detto il campo da quello che è stato fatto fuori dal campo per farglielo dire. Comoda, così. No, i punti veri, i punti neri sono due.
4) il NERO. Punto nero uno: Paolo Maldini ha il carattere austroungarico di suo padre Cesare. Orgoglioso (molto), e consapevole di essere stato molto forte, e di essere ancor oggi uno dei volti più noti del calcio mondiale. Per capirci: la squadra chiacchierona di Milano gli contrappone Javier Zanetti, e con tutto il rispetto e la simpatia, è proprio una scala dimensionale diversa. Questo carattere e questo carisma vanno di pari passo, e da un lato sono stati fondamentali per cementare la nostra giovane squadra attorno a un progetto che aveva un garante così leggendario. Dall’altro, causano dei problemi: per dirne uno, Paolo Maldini detesta il 90% dei giornalisti italiani, e il 99% dei giornalisti italiani detesta lui, che non li tratta da amichetti e non li invita sulla sua barca (…buona abitudine di altri dirigenti e allenatori). Quindi, risponderà a verità che Maldini ha chiesto margini di autonomia che un proprietario di azienda non concederebbe a nessuno? È una delle voci che girano, non sappiamo se sia vera (e come potremmo?) ma non ci stupiremmo affatto.
5) il NERO. Punto nero due: l’altro punto, è che il mercato del Milan è stato quasi del tutto fallimentare. Ma – domanda: quanti mercati fallimentari ci sono, da che calcio è calcio? Qualcuno ricorda certi mercati di Adriano Galliani di fine anni 90, e certi decimi posti? È per un mercato sbagliato, che si manda via un personaggio-chiave della società? Difficile crederlo, nel calcio italiano. Se però qualcuno è sicuro che il motivo sia questo, allora torniamo alla prima sensazione: dev’essere per forza un’era nuova. Un’era meno italiana, forse più simile alla Premier League, nella quale la maggior parte delle squadre non hanno più un’identità, se non quella dei loro tifosi.
6) il BIANCO (maglia di riserva). Ora, noi di questa pagina non possiamo rivendicare un modo più giusto di tifare Milan. Noi di ComunqueMilan abbiamo certi principi-guida, per esempio non vorremmo AndonioGonde che ci dava dei mafiosi, o Mourinho che ci faceva i gestini con le manine furbine, non vorremmo – poniamo – Icardi centravanti o Cuadrado sulla fascia, non vorremmo una terza o sesta maglia blu con qualche striscia nera perché magari ci sponsorizza la Pepsi. Ma forse siamo schizzinosi. Perché se poi con queste mosse arrivassero i RISULTATI? Eh, beh: molta gente ci verrebbe a sbeffeggiare, ferendoci assai (…e già alcuni dicono che siamo permalosissimi 😀 ). Quindi, cosa possiamo dire, nell’attesa?
7) il ROSSO. Possiamo solo affidarci a delle sensazioni. Casualmente, in questi giorni abbiamo riguardato quelle avute quando il Milan, nell’esultanza di molti, si liberava di Ibrahimovic, Thiago Silva, Gattuso, Pippo Inzaghi, Nesta, Oddo, Seedorf. Un anno dopo la vittoria di uno scudetto. Non avevamo belle sensazioni, e il nome ComunqueMilan aveva questo sottinteso.
Ma ora, che ci crediate o no, le sensazioni non sono così terribili. Sono diverse e spiazzanti, perché le cose nuove spiazzano sempre. Ma la sensazione è che potrebbero essere in arrivo elementi di entrambe le ere: l’era imperiale di Silvio Berlusconi, e la banter era di Silvio Berlusconi. Cioè: una fase di acquisti molto appaganti come nella prima (perché se adesso Gerry non strombazza subito 4 colpi per farci gongolare, rischia ogni credibilità). Ma accompagnati da una certa aridità spirituale come nella seconda, quando gridavamo urrà per Fernando Torres o Cerci (!) ma poi ci ritrovavamo a guardare a Kuco o a El Shaarawy o Cutrone per intravvedere disperati sprazzi di anima milanista. Solo che fondendo le due ere in una sola, non vediamo necessariamente una fase dominante separata da una fase penosa. Oggi come oggi si possono anche avere contemporaneamente. Ci sono squadre – putacaso – inglesi che da anni uniscono le due cose (Manchester United, Arsenal, Tottenham) e ronzano attorno ai trofei, i quali vanno a chi spende ancora più di loro. Quindi la verità forse è che se è finito il progetto di Paolo Maldini di una squadra che al primo posto avesse un’anima milanista, allora l’unica strada sensata per il progetto “senz’anima” di Gerry Cardinale è quello di spazzare via le avversarie a colpi di colpi, facendo il PSG italiano. A livello razionale, non abbiamo preclusioni. A livello sentimentale, magari ne abbiamo – ma siamo permalosi e non vogliamo che qualcuno derida i nostri sentimenti, oh.