Invero, noi non siamo Napoletani.

Rosencrantz: Immagino ci tocchi scrivere qualcosa su questa nuova squalifica.
Guildenstern: Ma cosa ne pensiamo?
Rosencrantz: Io non ho una risposta pronta. Anche perché poi io in curva ci andavo; ho smesso prima che diventasse il niente che è oggi. Intendo dire che il discorso sulla curva del Milan non è un discorso applicabile a tutte le curve. Quindi, parlarne, o non parlarne?
Guildenstern: Non essere amletico.
Rosencrantz: Allora, cominciamo a dire che il coro contro i napoletani è traditional, ancorché scemo. Ma vale anche al contrario: è traditional, ma resta scemo. E secondo me un bambino napoletano non dovrebbe sentirlo, e nemmeno un bambino milanese. Poi crescono, e votano Crimi. Per contro, è vero anche che il proibizionismo porta sempre effetti perversi. Primo dei quali è il fatto che ora gli ultras hanno un’arma formidabile per ricattare le società. E nella curva del Milan c’erano personaggi che non aspettavano altro, lo fanno di professione: è la loro scelta di vita. E i media li intervistano pure, li fanno parlare a nome degli altri tifosi.
Guildenstern: Ok, ma ascolta, parliamo di cori. E di “Discriminazioni territoriali”. L’altro ieri c’era Benevento-Nocerina, e non credo che i tifosi si siano scambiati gentilezze, così come non credo se ne siano scambiate ieri sera in Crotone-Reggina. Squalificheranno anche loro? E i bolognesi e i veronesi che si accoltellano fuori dallo stadio? E i napoletani che cantano “Milano in fiamme” nel settore ospiti a San Siro? E i romani che ci vogliono “tutti appesi”? Perché la discriminazione territoriale vale solo da Nord verso Sud e non viceversa? Perché si viene squalificati insultando genericamente “i napoletani”, e invece una curva intera che canta “La mamma di Mexes è una puttana” (o Materazzi, o Balotelli, o Totti) può farlo tranquillamente?
Rosencrantz: Possiamo chiarire che tu non sei del nord? E che non sei mai stato discriminato dall’ala nordista di ComunqueMilan?
Guildenstern: Per ora no. Ma non si sa mai. Io del veneto non è che mi fidi poi tanto. E anche il milanese centopercento, c’ha il suo caratterino.
Rosencrantz: Ti dico come la vedo. Gli ultrà sono un addentellato di un calcio che non vuole morire. Hanno avuto un loro senso – aggregazione sociale, colore, tradizioni, anche valori umani che non si trovavano altrove – però, e lo dico senza essere a favore di un “calcio che ci fa Skyfo”, è chiaro che oggi la sensazione è di essere di fronte a ragazzoni che vogliono giocare agli ultrà come erano una volta, solo che non si può più. E sono comunque una minoranza: più di metà di loro sono buzzurri viziati per i quali lo stadio è lo sfogatoio, oltre che palestra per l’arroganza quotidiana.
Guildenstern: Sono sempre della solita vecchia idea: il calcio è specchio del Paese, ne è anche sfogatoio ed esaspera le tensioni sociali. La gente si fa battute sceme sulle provenienze geografiche anche fuori dagli stadi; negli uffici, nelle scuole, nelle caserme, che spesso non sono luoghi migliori degli stadi di calcio. Non mi risultano siano mai state comminate multe o condanne. C’è questa voglia ipocrita di buonismo da larghe intese che elegge il calcio a finta cattedrale della bontà e delle buone maniere. Quando il Paese, queste buone maniere non le pratica neanche un po’. E poi lo dici sempre pure tu: il calcio non è uno sport. 
Rosencrantz: Lo so. Ma l’altra parte della mia pomposa sentenza è sempre stata: “Il calcio non è uno sport. E’ un gi(u)oco”. Ora non è più nemmeno quello. Calciopoli ha buttato giù una specie di quarta parete che non andava toccata. Era meglio, paradossalmente, fantasticare sul marcio di cui non conoscevamo i confini, che fingere di scoperchiare il marcio – che c’è ancora – ottenendo l’unico effetto di dare un alibi a tutti i tifosi: siete soli contro tutti, tutti accerchiati, dagli juventini ai fiorentini, dagli interisti ai milanisti, ognuno sente di aver subito tremendi, insanabili soprusi. Così, il risultato non esiste realmente. Non a caso il MERCATO ha preso il posto delle vere fantasticherie calcistiche. Già i tifosi oggi hanno schifo della Gazzetta, leggono i siti che parlano della propria squadra, gli unici trasversali che leggono sono Calciomercato o Tuttomercato. O – come si chiama? Ah, sì: il Fantacalcio.
Guildenstern: E in che modo le “curve” sono vecchie?
Rosencranz: La curva del Milan è così vecchia che è trapassata, e chi ha più di 30 anni lo sa. Oggi la Sud è un perfetto esempio del fatto che la “mentalità” è puro pretesto: regolati i conti in malissimo modo con le fazioni rossonere nemiche, ora è comandata da gente che col milanismo ha fatto i soldi, e in cambio danno due-tre cori senza fantasia e striscioni in rima.
Guildenstern: Ci porterà dei guai quello che stiamo scrivendo, lo sai?
Rosencranz: Beh, si informino: io e te siamo morti.
Guildenstern: La curva del Milan attualmente fa schifo e ce ne siamo resi conto anche di persona. Siamo gli ultimi che hanno voglia di difenderla. Ma c’è un ma, lo abbiamo detto prima e lo ha sollevato Galliani poche ore fa: se tu vuoi ricattare una società e farle perdere partite a tavolino e punti in classifica, ora c’è un metodo bellissimo, infallibile. Splendido.
Rosencrantz: Però scusa, detto questo, il calcio dev’essere per forza il luogo del “D’altra parte è così”? Non si può far niente per far diventare gli stadi dei posti dove non si sentono e vedono cose incivili? Gli americani non sono un popolo brillantissimo, ma loro certe cose non se le cantano. Gli inglesi hanno smesso. Noi cavernicoli, siamo condannati? I nostri stadi, sfogatoi forever? Non potrà mai essere migliorato? Esisteranno sempre “curve” prepotenti? Gli italiani saranno sempre incivili, e il loro Parlamento e i loro stadi li rispecchiano – quindi tanto vale dire “Liberi tutti”?
Guildenstern: Torna qui, stai volando lontano. Rimaniamo al caso in questione. Qui c’è un organismo che deve valutare allo stesso modo i singoli episodi di “discriminazione territoriale”, e non lo sta facendo. Non mi sembra il modo migliore per diffondere il verbo dell’uguaglianza e della tolleranza, se lo stesso organismo giudicante applica sistematicamente due pesi e due misure (e i minuti di silenzio fischiati o cantati? e i cori contro i carabinieri?).
E ancora: chiamami sordo, ma per motivi che non sto a spiegare ho passato tutta la sera a sentire e risentire i famosi minuti 6 e 43 del secondo tempo (e anche i minuti immediatamente precedenti e successivi). Ho sentito solamente un “Noi non siamo napoletani” isolato pochi istanti prima dell’occasione di Robinho. Ah no – c’era anche un paio di “P***oDio” ben assestati da Buffon dopo il 3-2 di Muntari, a microfoni apertissimi (non si squalifica più per bestemmie? Qualche anno fa andava di moda). Il comunicato della Lega parla di “alcune centinaia”, ma se così fosse stato il coro sarebbe stato ben udibile. Invece non l’hanno sentito neanche i giornalisti presenti allo stadio.
Rosencrantz: Gombloddo!
Guildenstern: Certo che no. E’ solo che – come avviene per le svariate interpretazioni possibili di questo pazzo pazzo regolamento – ognuno sente i cori che può o vuole sentire. Non c’è un criterio oggettivo, ma solo la sensibilità di tanti ispettori diversi. Se non c’è un criterio oggettivo di cosa è discriminatorio e cosa non lo è (e ripeto che io ho sentito solamente “Noi non siamo napoletani”), queste regole sono insulse.
Rosencrantz: Okay. Ma facciamo salva almeno la buona intenzione del regolamento?
Guildenstern: Le intenzioni sono fin troppo buone, buone in un modo che più ingenuo non si può: abolire il brutto, lo sporco e il cattivo da tutte le curve! Wow, e la pace nel mondo?
Rosencrantz: Ora sei tu che voli lontano. Voglio dire: se le regole fossero riscritte con criteri più sensati e gli ispettori fossero gente al di sopra di ogni sospetto, sarebbe completamente una cattiva idea?
Guildenstern: No, sarebbe una buona idea, come lo è ogni regola sensata. E’ l’insensatezza e la soggettività della regola, che la rende automaticamente una cattiva idea. Propongo invece una soluzione alternativa.
Rosencrantz: Dormire, sognare forse?
Guildenstern: Telecamere nelle curve. Ce ne sono quattrocento a partita di inutilissime, mettiamone due o tre per curva e mandiamo a nastro in prima serata gli imbecilli che cantano questi bei cori. Vedrai poi, se non la smettono.
Rosencrantz: No, direi che non smetterebbero. Pensa a quanti imbecilli pensano che i social siano un buon megafono per la loro aggressività impunita. Quegli stessi, userebbero le telecamere tutti orgoglioni.
Guildenstern: E allora a quel punto almeno le squalifiche e le penalizzazioni sarebbero pienamente motivate e accettabili. Ma tanto di che stiamo a parlare? La Federcalcio è pur sempre un ente gestito da Sua Nullità Abete: tra due mesi avremo già cambiato argomento. Siamo vittime della moda, siamo più fashion victim di Mexes.

2 Risposte a “Invero, noi non siamo Napoletani.”

  1. Ho provato a spiegare il razzismo negli stadi d’Italia a mia madre, avendola trovata una sera tutta allarmata da un servizio accattivante di qualche poco promettente stagista Mediaset, inevitabile fuoco sulla paglia del target di riferimento storicamente terrorizzato dall’elemento aristotelico della folla.

    “Ma anche tu hai cantato quelle cose lì domenica?”

    Ho iniziato con qualche esempio di cosa penso possa essere tacciato di Razzismo da stadio
    – bububububbububu (riprodotto con effetto “moltiplica voce”) …razzismo cacofonico
    – banane in campo……..razzismo alimentare
    – l’hanno visto con le rose nel metrò (Etoo)…razzismo surreal-pirandelliano
    – l’inno Italiano durante l’ennesimo inutile minuto di silenzio di domenica sera a Torino…spero proprio non sia niente ma temo sia una sorta di razzismo vintage di matrice dicaniesca per intenderci

    Ovviamente mi affretto a dire che, pur non ritenendolo una priorità (soprattutto mediatica) nell’Italia della Crisi del 2013, sono contento che venga condannato, al pari della violenza, per strada, nelle scuole e, perchè no, anche negli stadi.

    C’avete il Mare inquinato – Vulcano bruciali tutti – c’avete solo la nebbia – Milano in fiamme – Senti che puzza scappano i cani – Milanisti Ebrei (ecco forse su questa qualcuno potrebbe avere da ridire) – Noi non siamo…. – a Maradona devi dare pure il culo – …non sono discriminazioni in alcuna forma, non sono neanche sfottò, sono folclore, sono humus sociale (qualsiasi cosa sia), sono l’adolescenza Italiana di ogni scuola italiana, sono la scritta VIVA LA FIGA incisa da una microba manina tremolante sulla porta del bagno, sono le mille contese millenarie che caratterizzano l’impossibile unità italiana, sono Guelfi-Ghibellini, Capuleti-Montecchi ma anche Bergamo-Brescia, Livorno-Pisa, le contrade di Siena, sono i Derby, sono POP come dormire davanti al festival di San Remo dopo una scorpacciata di chiacchere, come le parmigiane in spiaggia..

    ..che piaccia o no noi non siamo napoletani, i napoletani non sono milanesi, ma siamo entrambi abbastanza Italiani da ricordarci relative differenze social-territoriali nei reciproci stadi almeno due volte all’anno…..”discriminazioni territoriali”…ci rendiamo conto?!?

    Vanno aperte le curve, magari reintrodotti megafoni e tamburi, va spenta qualche telecamera, e discriminata (questa sì) la differenza tra razzismo e folklore, il primo divide con violenza, il secondo unisce quell’Italia fatta di RIME più o meno evolute.

  2. L’altra sera ho provato a spiegare il razzismo negli stadi d’Italia a mia madre. L’avevo trovata tutta allarmata da un servizio accattivante di qualche poco promettente stagista Mediaset, il solito fuoco sulla paglia del target di riferimento storicamente terrorizzato dall’elemento aristotelico della folla.
    “Ma anche tu hai cantato quelle cose lì domenica?”
    Ho iniziato con qualche esempio di cosa penso possa essere tacciato di Razzismo da stadio
    – bububububbububu (riprodotto con effetto “moltiplica voce”) …razzismo cacofonico
    – banane in campo……..razzismo alimentare
    – l’hanno visto con le rose nel metrò (Etoo)…razzismo surreal-pirandelliano
    – l’inno Italiano durante l’ennesimo inutile minuto di silenzio di domenica sera a Torino…spero proprio non sia niente ma temo sia una sorta di razzismo vintage di matrice dicaniesca per intenderci
    Ovviamente mi affretto a dire che, pur non ritenendolo una priorità (soprattutto mediatica) nell’Italia della Crisi del 2013, sono contento che venga condannato, al pari della violenza, per strada, nelle scuole e, perchè no, anche negli stadi.
    C’avete il Mare inquinato – Vulcano bruciali tutti – c’avete solo la nebbia – Milano in fiamme – Senti che puzza scappano i cani – Milanisti Ebrei (ecco forse su questa qualcuno potrebbe avere da ridire) – Noi non siamo…. – a Maradona devi dare pure il culo – …non sono discriminazioni in alcuna forma, non sono neanche sfottò, sono folclore, sono humus sociale (qualsiasi cosa sia), sono l’adolescenza Italiana di ogni scuola italiana, sono la scritta VIVA LA FIGA incisa da una microba manina tremolante sulla porta del bagno, sono le mille contese millenarie che caratterizzano l’impossibile unità italiana, sono Guelfi-Ghibellini, Capuleti-Montecchi ma anche Bergamo-Brescia, Livorno-Pisa, le contrade di Siena, sono i Derby, sono POP come dormire davanti al festival di San Remo dopo una scorpacciata di chiacchere, come le parmigiane in spiaggia..
    ..che piaccia o no noi non siamo napoletani, i napoletani non sono milanesi, ma siamo entrambi abbastanza Italiani da ricordarci relative differenze social-territoriali nei reciproci stadi almeno due volte all’anno…..”discriminazioni territoriali”…ci rendiamo conto?!?
    Vanno aperte le curve, magari reintrodotti megafoni e tamburi, va spenta qualche telecamera, e discriminata (questa sì) la differenza tra razzismo e folklore, il primo divide con violenza, il secondo unisce quell’Italia fatta di RIME più o meno evolute.

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